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Armi chimiche e letali: tanto da ammazzare la metà della popolazione mondiale

Creato il 29 novembre 2011 da Elvio Ciccardini @articolando

Armi letali e virus, ma non è un film e tantomeno l’ennesimo gridare al complotto mondiale. La notizia è stata pubblicata direttamente su un quotidiano italiano “corriere.it“. Sembrerebbe che sia stato creato un virus in grado di uccidere la metà
della popolazione mondiale, almeno da quanto si legge da uno studio intitolato “Arma chimica”.

I fatti sono questi…

Un gruppo di ricercatori dell’Erasmus Medical Centre di Rotterdam ha prodotto una variante del virus dell’influenza aviaria H5N1, capace di trasmettersi facilmente da persona a persona, scatenando così una pandemia.

Gli scienziati, guidati dal virologo Ron Fouchier, hanno scoperto che bastano cinque modificazioni genetiche per trasformare il virus dell’influenza aviaria in un agente patogeno altamente contagioso. La sua elevata capacità di diffusione è stata dimostrata in esperimenti condotti sui furetti, che hanno un sistema respiratorio molto simile a quello dell’uomo.

Ovviamente esiste un risvolto medico sanitario, poichè queste ricerche sono legate dalla volontà di comprendere il funzionamento del virus. E’ stato lo stesso virologo ad ammettere che la variante geneticamente modificata è uno dei virus più pericolosi che siano mai stati prodotti.

Un altro gruppo di virologi dell’Università del Wisconsin in collaborazione con l’Università di Tokyo è arrivato a un risultato simile a quello di Fouchier.

Il dibattito è se pubblicare o no la ricerca. Molti scienziati che sono infatti preoccupati che, in mani sbagliate, il virus potrebbe trasformarsi in un’arma biologica. Negli Stati Uniti le polemiche sono roventi.

Thomas Inglesby, scienziato esperto di bioterrorismo e direttore del Centro per la Biosicurezza dell’Università di Pittsburgh sulla vicenda ha affermato: “E’ solo una cattiva idea quella di trasformare un virus letale in un virus letale e altamente contagioso. E’ un’altra cattiva idea quella di pubblicare i risultati delle ricerche che altri potrebbero copiare”.

Critico anche Richard Ebright, biologo molecolare della Rutgers University in New Jersey: “Questo lavoro non andava fatto”.

Altri ancora sostengono che pubblicare le notizie sulla ricerca è un modo per mettere la comunità scientifica nelle condizioni di saper gestire un’eventuale focolaio.

Ora la domanda è… in nome di quale progresso e di quale tutela della salute pubblica si interviene su dei virus per renderli ancor più letali?


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