Recentemente lo scalo di Gioia Tauro è balzato agli onori della cronaca per una notizia che non ha fatto tanto piacere al sindaco della città, Renato Bellofiore, e che ha scatenato numerose proteste: il porto infatti, sarà oggetto di un trasbordo di circa 500 tonnellate di armi chimiche provenienti dalla Siria, che verranno trasportate dal cargo danese Ark Futura alla nave statunitense Cape Ray. L’annuncio è stato dato in Parlamento dal Ministro degli esteri Emma Bonino, Dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi e del direttore dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche Ahmet Üzümcü.
In particolare le operazioni avverranno, come è stato più volte rassicurato, in assoluta tranquillità: il trasbordo delle armi avverrà da nave a nave attraverso numerosi container che non toccheranno terra, e nessun agente chimico sarà versato in mare. Si tratta comunque di un procedimento delicato, considerata la pericolosità dei materiali. La scelta è ricaduta su Gioia Tauro perché in passato il porto commerciale aveva già trattato dei prodotti analoghi. Per quanto riguarda i tempi delle operazioni, dovrebbero avvenire entro febbraio.
Nonostante le rassicurazioni, la notizia ha allarmato la comunità locale e il sindaco Bellofiore, il quale ha dichiarato con un’evidente stato di preoccupazione di non essere favorevole al trasferimento delle armi chimiche, denunciando la mancanza delle informazioni ufficiali nei tempi necessari per la preparazione; annunciando poi: “Faremo tutte le attività lecite e legali per impedire questa operazione, anche se la chiusura del porto non compete al sindaco. La nave, caricata delle armi chimiche, dovrebbe ancora partire, ma non sappiamo quanto sosterà qui: non siamo preparati, non abbiamo neanche le strutture ospedaliere idonee in caso di eventuali incidenti o danni“.
Comprensibili le preoccupazioni del primo cittadino di Gioia Tauro, che ha lanciato peraltro una provocazione, affermando che sarebbe stata una scelta migliore portare a Gioia Tauro il relitto della Costa Concordia per la demolizione, contribuendo così alla creazione di molteplici posti di lavoro; piuttosto che rendere il porto crocevia di armi chimiche.