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Armi pari, bonsai e articolo 18

Creato il 27 ottobre 2011 da Albino

Leggevo della famosa lettera portata da Berlusconi in Europa. E’ bastato solo nominare le magiche parole “Articolo” e “Diciotto”, e in Italia e’ venuto giu’ un maremoto di polemiche.

Ma io dico. Da quando sono andato via dall’Italia ho lavorato solamente in aziende dove non c’e’ nessuna protezione tipo articolo 18. Perche’ nel mondo, cari lettori, funziona cosi’: capita che sei in un’azienda che va bene, in un team che va bene, e tutto va bene. Esistono dei piani di crescita, si assume guardando al futuro e all’espansione del business. Poi magari succede che gli affari vanno male, o che il capo e’ un coglione, o che c’e’ un restructuring. Ti dicono da un giorno all’altro che sei redundant: da domani puoi stare a casa, e l’azienda per legge ti deve pagare dai due ai quattro mesi di stipendio come compensazione per averti licenziato. Cosi’ hai tempo di trovare un altro lavoro.

Chi e’ la gente che viene ridondata? Di solito si tratta della gente troppo costosa in rapporto ai benefici che porta all’azienda, per esempio il dirigente che non fa un cazzo o che non raggiunge gli obiettivi. O il consulente che costa e gironzola per gli uffici. O un povero cristo dell’ufficio X, dove l’anno prima era stata assunta troppa gente per errore di un direttore pirla che verra’ messo alla porta a sua volta. Raramente qualcuno importante viene lasciato a casa, perche’ il motivo ispiratore del licenziare e’ quello di tagliare i costi oggi per sopravvivere e ritornare a crescere domani. Se tagli la gente importante magari sopravvivi oggi, ma domani diventa un casino.

Questo sistema porta dei benefici che non ti aspetteresti mai: udite udite, la gente cerca di rendersi utile. Si fa piu’ training, la gente cerca di ottenere piu’ skills - perche’ oggi ci siamo, e domani potremmo avere bisogno di quelle righe di curriculum per trovare un’altro lavoro. E poi a naso alla gente frega un po’ di piu’ delle sorti dell’azienda, perche’ se tira una brutta aria qualcuno potrebbe essere lasciato a casa.

In Italia invece no. Per quel cazzo di articolo 18 sembra tutto lecito, tutto dovuto. C’e’ questa chimera del tempo indeterminato, una volta raggiunto il quale ci si sente protetti e col posto sicuro. Perche’ certo, sulla carta e’ una cosa bella e civile, poter essere licenziati solo per giusta causa. Te lo vendono come un modo per proteggere il lavoratore dallo sfruttamento del padrone malefico. Ma il fatto, cari lettori, e’ che e’ proprio questo articolo 18 che la sta mettendo nel culo ai giovani del 2011. E’ a causa di questo che molti vengono assunti in stage o a contratti di sei mesi che si reiterano all’infinito.

Ma guardiamo per un attimo la cosa da un altro punto di vista. Immaginate di avere un bonsai e di doverlo potare. Chi vorrebbe un bonsai dove per poter tagliare una foglia secca bisogna dare spiegazione a un giudice, e dover dimostrare che quella foglia era secca sul serio? Alle volte per il bene del bonsai bisogna poter tagliare anche le foglie sane, altrimenti il bonsai cresce troppo, e sicuramente cresce male.

Il risultato, in Italia, e’ che prima di assumere una persona ci si pensa non due ma quattro(mila) volte. Il mercato del lavoro e’ stagnante, c’e’ meno concorrenza, c’e’ meno possibilita’ di ricambio, meno possibilita’ di cambiare impiego e datore di lavoro. Per questo i salari sono bassi: perche’ quando uno trova il posto sicuro non lo vuole lasciare, perche’ chissa’ come va, chissa’ cosa trova.

E allora. Iniziamo con l’eliminare tutti i contratti tipo stage non pagati. Eliminiamo i contratti a progetto. Mettiamo tutti a tempo indeterminato, sotto lo stesso tetto, ad armi pari: ma togliamo una buona volta l’articolo 18. Cosi’ il datore di lavoro non ha mezze misure: se ha bisogno di nuovo personale si trova costretto ad assumere, a pagare contributi, a fare tutto come bisogna. Se il lavoro c’e’.

Se invece succede che gli affari vanno male, allora e’ libero di lasciare a casa. Fai una legge per cui deve pagarti un paio di stipendi, ti da una settimana per mettere a posto le tue carte e poi ciao bello. E non e’ mica detto che il datore di lavoro lasci a casa il giovane che oggi e’ in stage, quello che oggi verrebbe lasciato a casa. Perche’ magari, chi lo sa, il neolaureato lo vuol far crescere. Magari vuol lasciare a casa la segretaria storica che passa le giornate a limarsi le unghie. Magari il venditore che fa la cresta sulle spese. O magari vuol tirare un calcio in culo a un antiquato direttore vendite di sessant’anni, e mettere a dirigere il suo vice di quaranta.

E senza contare che questa liberta’ darebbe altre soluzioni a certi datori di lavoro, che magari oggi si trovano costretti ad assumere in nero perche’ un dipendente incrostato a vita dall’articolo 18 non se lo possono permettere. (E poi pensate ai dipendenti pubblici, pensate che bello sarebbe poterli lasciare a casa quando non servono!)


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