Lance Armstrong ha rinunciato a difendersi dalle accuse di doping avanzate a suo carico. Inutile, ben sapendo che 5 ex compagni – Hincapie, Leipheimer, Vande Velde, Vaughters e Zabriskie – pentiti sono pronti a vuotare il sacco a fine stagione contando su uno sconto consistente della pena: sarebbe rischiare di coprirsi di ridicolo.
Lance Armstrong sarà pure un dopato, ma prima di tutto è un gran signore: non ha costretti gli ex amici all’onta della squalifica. Si è sostanzialmente dichiarato colpevole (a tanto equivale, per la giustizia sportiva e prima ancora per quella mediatica, non difendersi), perderà i 7 Tour de France consecutivi vinti in carriera e cercherà di dedicarsi ancora – e magari ancora con maggiore foga – alla (sua) Fondazione Livestrong, che raccoglie fondi per la ricerca contro il cancro; il tutto, senza necessariamente coinvolgerli. Fine della storia.
Storia che, però, non ci può piacere, nemmeno un filo. Certo non perché Lance Armstrong, il cattivo e menzognero dopato come vuole la vulgata, “ci ha preso in giro”; in giro, semmai, ci prende chi afferma queste cose, supponendo che gli altri (i suoi avversari) fossero immacolati e siano stati defraudati di un titolo altrimenti meritato. Andate a leggervi questo articolo, tanto per averne la prova.
Proprio da questo articolo che ho linkato, prendo lo spunto per una riflessione: forse che Armstrong ha fatto comodo all’UCI, Unione Ciclistica Internazionale, che lo ha sempre coperto per cercare di rilanciare uno sport gravemente compromesso nel 1998 dall’affaire-doping di squadra della Festina al Tour de France? La storia di un malato di cancro che vince le avversità e diventa un campione era e sarebbe ancora quanto di più succoso potesse/possa capitare nelle mani della politica del ciclismo e della stampa specializzata: tutti sul carro del vincitore e via, che alla regolarità della cosa penseremo in un secondo momento..
Il ciclismo resta lo sport più bello del mondo, altrimenti non mi affannerei a raccontarlo giorno dopo giorno; la politica che lo governa, e i giornali che gli tirano i piedi (innocenti o collusi?), sembra invece si dedichino alla sua distruzione: quando nasce qualcuno con il “quid” in più lo osannano e se ne servono, salvo sapere con largo anticipo (e il caso Contador a suo tempo fu esemplare) che è tutta una bufala e preparare per tempo la distruzione di massa.
Peggio ancora quelli che non seguono il ciclismo se non per dire che è uno sport sporco, salvo dimenticare che altrove si fanno le stesse cose (ma non si dicono, o si insabbiano) e persino nella vita di ogni giorno ciascuno di questi “moralizzatori” non disdegna l’aspirina per far passare il mal di testa che potrebbe condizionare un appuntamento importante nelle imminenze. Dopato non è solo il ciclismo, ma l’intera società. Che, per giunta, è anche altrettanto – se non di più – ipocrita