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Arriva Tobin Hood

Creato il 18 agosto 2011 da Albertocapece
Arriva Tobin HoodAnna Lombroso per il Simplicissimus
Il sempre verde enfant gatè, l’eterno delfino ha cambiato destinazione per le sue vacanze, niente Capri, niente barca Luca Cordero di Montezemolo serbellonimazzantiviendalmare ci ha inviato il suo spot elettorale dritto dritto dalla foresta di Nottingham dove dismessa la lacoste col colletto tirato su ha indossato i panni di Robin Hood anzi di Tobin hood essendo stato folgorato sulla via di damasco dell’indignazione da tutti i fulmini dell’equità modernista: e prima di tutti l’integrazione di criteri e requisiti di moralità e solidarietà nell’economia. Sono la solita bastarda e mi è difficile dar credito allo sdegno del presidente della Ferrari, presidente di Ntv (i treni privati per l’alta velocità), ex presidente della Fiat e della Confindustria. Si sono una tenace e irriducibile fan della memoria e anche dell’autocritica e mi sconcertano quelli che si sorprendono che le cose siano andate proprio come loro hanno contribuito a farle andare. Pare che l’esercizio dl potere politico decisionale economico e finanziario sia inversamente proporzionale all’assunzione e al riconoscimento delle responsabilità. Ma pare che induca anche un oblio del passato. Così un imprenditore e manager che ha inanellato qualche successo ma molti molti fallimenti sanati da un circuito familistico, che di che famiglia, dimentichi o rimuova che la questione morale non significa solo non mettere le mani nelle tasche dei passanti o dei cittadini, ma anche non approfittare di un sistema assistenzialistico di aiuti di stato e anche, elemento non trascurabile, gestire un’azienda pubblica o privata che sia, con competenza, professionalità oltre che con onestà. Che l’occasionalità elegante e creativa, l’efficace comunicazione faranno tendenza ma non fanno fatturato. E sono anche allergica a chi ha dimenticato di aver frequentato buone scuole e scopre in età matura che il profitto fisiologicamente (ha anche la stessa radice) induca ‘approfittarsi, lo sfruttamento avido e cieco. E non occorre per questo leggere Marx, va bene perfino Ratzinger. Il fatto è che colpito dall’ineludibilità della crisi, e delle ricadute sull’intero sistema economico delle imprese, visto che le uniche imprese in qualche modo intoccate sono quelle aeree intangibili e virtuali della turbo finanza, ha deciso, con l’aiuto del giornale partito bendisposto al disegno dell’avvicendamento di imprenditori despoti, che era il suo momento di scendere in campo. Si ho un pessimo carattere. Ma lui ha la memoria corta e sembra non ricordare il suo contributo al progetto del precedente imprenditore despota, morto vivente per carità ma ancora vigente. Anche con il contributo di una classe imprenditrice – e lui ne era presidente – Berlusconi è riuscito aggregare una coalizione eterogenea, rivolgendola contro la magistratura, sdoganando il neofascismo, superando le eventuali incompatibilità con il localismo, rincuorando i moderati, incoraggiando la rivolta contro i fastidiosi ostacoli allo sviluppo: regole, leggi, procedure, trasparenza. E rivolgendosi alle emozioni popolari, paura, spettacolo, successo. Paura dell’immigrazione, dei nuovi soggetti, della perdita di privilegi. Spettacolo, offerto dalle passioni di massa: consumi, gioco, TV, tribalismo calcistico, la Ferrari, le vittorie, i calciatori, le veline, i piloti. Successo, esemplificato dalle fortune di figure leader, capi offerti come modelli emblematici alla folla con la funzione di molla alle pulsioni competitive e promozionali. Montezemolo prima della sua redenzione mi sembra perfettamente funzionale a questo populismo privatistico e ludico, messo in crisi dalla “crisi”, una combinazione di egoismo e sopraffazione, conditi da un pizzico di trasgressività piccante e permissività sessuale. Un mix di successo per il carattere italiano, quello che di volta in volta è stato diagnosticato e definito nella requisitoria di Leopardi, da Turiello (la società sciolta) da Gobetti (la società facile ) da Gramsci (la società politica). E che questa classe dirigente chiama modernità, la modernità regressiva e parassitaria del governo e di Marchionne. Che è la stessa che muove i burattini del Fmi e delle banche, pronti a svendere diritti, conquiste, bellezza, conoscenza in nome della loro necessità ben diversa dai nostri bisogni. Si il “candidato” è un ingrato, con i suoi vecchi affini, con l’Italia della quale si è gioiosamente approfittato, con i beni comuni, pronto a investirli con la ventata del suo personale neo liberismo dorato e mal temperato. Ci propina la sua elemosina in forma di limitazione dell’evasione sotto forma di un contributi di che sia solidarietà possibilmente deducibile e finge di credere che sia simbolica di un corso nuovo e più equo dell’economia. E ci somministra la sua ricetta salvifica tramite una nuova scesa in campo già vecchia. No, per favore non crediamo alle seconde visioni, facciamoci da soli il futuro.

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