Arrivederci, chicha morada!

Creato il 25 ottobre 2013 da Stefania Cunsolo @stefystillwords

Isla de la Luna e Cordigliera delle Ande (viste dalla Isla del Sol)


Sono tornata dal viaggio più difficile che abbia mai fatto. Mio marito, tornati a casa dopo due settimane di Perù, ha detto sornione: "adesso ci vorrebbe una vacanza per rilassarci!".
Non ha tutti i torti. Fra le prove a cui ci siamo sottoposti: mal di montagna, scalate mozzafiato, indigestioni, folli corse in autobus a ridosso di precipizi, terremoti, punture d'insetto, notti insonni, ostelli poco confortevoli, traversate per mare e per aria, e tante altre scene alla Indiana Jones.
Eppure, nonostante lo stress e i relativi due chili in meno riportati a casa, la magia del Perù resta. La poderosa energia di Machu Picchu immersa nelle nuvole, i movimenti delicati di chi mi ha letto il futuro nelle foglie di coca, gli occhi delle bimbe andine e dei cuccioli di alpaca, l'intensità del cibo, il contatto immediato con altri viaggiatori, la musica della natura e delle canzoni popolari, le parole nei romanzi di Mario Vargas Llosa, gli "hasta luego!" e i "suerte!" scambiati con chiunque, le immense ali dei condor, il candore della Cordigliera al chiaro di luna, i tramonti sul lago Titicaca...

Machu Picchu


 

Copacabana, Bolivia


Questo post rischia di essere un susseguirsi di parole e virgole, un elenco di immagini e ricordi. Oppure un muro del pianto: lo scrivo mentre ho i nervi a fior di pelle, sulle spalle la stanchezza accumulata nel corso di quella che non è stata esattamente una vacanza e in testa lo stress al pensiero di tutti gli imminenti impegni a stelle e strisce.
Non vedevo l'ora di tornare nel confort americano, nella townhouse con il mio letto, dove posso gestire io la pulizia e l'ordine. Eppure anche la casa dolce casa al momento ha un lato oscuro: chili di roba da lavare, ovviamente. E un'accoglienza poco gentile da parte di una persona frustrata alla dogana che ci ha fatto sentire tutta l'inospitalità di cui gli States possono essere capaci, quando vogliono. E no, non portavamo foglie di coca dal Perù. Quella del distinto signore in divisa era acidità del tutto gratuita, in totale contrasto con la locandina alle sue spalle che recitava "il nostro personale farà di tutto per mettervi a vostro agio".
Nostalgia d'Italia? Non so. Per ora quello che mi viene in mente (e al palato) è la chicha morada, drink ufficiale del Perù insieme al pisco sour.
La chicha era una bevanda a base di mais cara agli Incas (da loro considerata sacra tanto quanto le foglie di coca, tuttora masticate come tabacco dalla popolazione quechua): è leggermente alcolica e tendente al giallo, come il colore del mais che viene fatto fermentare. La chicha morada acquista il caratteristico colore scuro perché la base è invece un'altra tipologia di mais, di colore violaceo, bollito in acqua con spezie e frutta. Il risultato è una bevanda molto zuccherata, scura come il vino eppure analcolica.
Ancora ubriaca (senza alcol) di questo viaggio, smarrita davanti alle contraddizioni del villaggio USA e agli impegni da onorare, mi sembra di ribollire e fermentare come una chicha. Mi manca chiarezza (evidente da come scrivo, alle due di notte).
So però che lo stress è passeggero, mentre chi guida sono io: mi do un paio di giorni e poi torno alla neutralità, dolce senza bisogno di zucchero.

Chicha morada


Mazamora morada, dolce di mais viola


Islas Ballestas



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