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Arroganza, ignoranza e social network

Da Tabulerase

Arroganza, ignoranza e social networkNei giorni scorsi un nuovo caso di “arroganza gratuita” sul web ha scosso la rete italiana. Parliamo di “arroganza gratuita” non a caso, in quanto l’episodio di cui si discute si può spiegare solo con queste due parole. I fatti: era il 29 ottobre quando un ragazzo, Dario Pagnoni, scrive un tweet che aveva come argomento il mondo del lavoro menzionando l’account @24job, l’account di twitter dell’area dedicata al mondo del lavoro del quotidiano “Il Sole 24 ore“. La responsabile è Rosanna Santocito, giornalista che cura la gestione anche dell’account su Twitter,  nel leggere il tweet di Pagnoni, palesando una scarsa conoscenza dello strumento, reagisce malissimo lamentando l’assenza di “autorizzazione”a pubblicare il tweet stesso sulla “bacheca”.

Per chi usa Twitter già la parola “bacheca” fa drizzare i capelli in testa, dovendosi piuttosto parlare di Timeline. La signora giornalista ignora il fatto che il tweet in questione contiene, tramite la menzione, solo la semplice segnalazione di un articolo. E nulla di più.

Nella discussione si introduce anche un altro utente, Giancarlo Raccagni che cerca di spiegare l’equivoco ed è a questo punto che la Santocito sbotta prima con un “grazie della lezioncina impartita dall’alto dei tuoi 700 follower, meno di un decimo dei miei che sono così ignorante” – in puro stile Gasparri che di recente, sempre su Twitter ad un utente ha detto “hai 48 follower, non sei nessuno”-  e poi, mentre ormai la situazione è fuori controllo, scrive l’ormai celeberrimo tweet “direttive?? Autorevolezza del quotidiano?? Poer nano…scrivi al direttore didattico che cosi mi mette la nota“.

#poernano diventerà poi l’hashtag (chissà se la Santocito conosce questa parola?) attraverso il quale seguire la discussione, diventando uno dei trending topic più seguiti nei due giorni successivi. Ma la Santocito non si ferma e passa anche alle offese “ignorante!!! E’ dario fo!! Quale tata: si vede eh che in provincia di brescia arrivano solo i reality e gli happy hour“.

Ora, di fronte ai fatti così come li abbiamo raccontati, non si può certo non parlare di arroganza che fa rima con ignoranza, nel senso di scarsa conoscenza dello strumento, mista alla presunzione di “sapere” solo in quanto  giornalista di un grande quotidiano nazionale.

Nell’era della condivisione targata web 2.0, questo tipo di atteggiamento è molto pericoloso e rischia di fare seri danni e non è un caso che protagonista di questa vicenda sia una giornalista. Non me ne voglia la categoria: molti giornalisti si approcciano ai social media con competenza e consapevolezza degli strumenti da usare; la gran parte di essi, però, si approccia a questi nuovi strumenti di comunicazione con un mood mainstreaming, li usano come se fosse carta stampata, inconsapevoli del fatto che il lettore, cioè l’utente sulla rete, ha la capacità di poter esprimere il suo parere. Il web 2.0 ha introdotto un modo di comunicare in senso orizzontale, ossia mette sullo stesso piano chi fa la comunicazione e chi la riceve, dando ad entrambi la possibilità di scambiarsi opinioni e pareri. Ma questo non a tutti piace e non tutti lo accettano. Una parte del giornalismo, definiamolo traditional, è tra questi. L’argomento non riguarda solo il giornalismo in Italia ma ha una portata globale.

Le opinioni che esprimiamo, i pensieri che condividiamo, su Twitter, come su Facebook o come su qualsiasi altro social network, sono opinabili e condivisibili da altri, soprattutto da chi ci segue, i followers appunto. Ora, che cosa avrebbe dovuto fare la Santocito appena letto quel tweet per non scatenare la bufera che ha invece innescato? Semplice, avrebbe dovuto usare un po’ di buon senso e responsabilità verso il proprio account, verso i propri followers, verso la persona che la menzionava e verso il proprio datore di lavoro, Il sole 24 ore. Bastava rispondere con un “grazie comunque” e non sarebbe successo assolutamente nulla. Ovviamente questo non è e non sarà l’ultimo episodio di “arroganza gratuita”. Attendiamo il prossimo.


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