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Arsenico nell’acqua: prorogata emergenza nel Lazio

Creato il 06 marzo 2012 da Informasalus @informasalus
CATEGORIE: Denuncia sanitaria
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Arsenico nell’acqua: prorogata emergenza nel Lazio

Il Consiglio dei Ministri ha prorogato lo stato di emergenza per la concentrazione di arsenico nell’acqua potabile della regione Lazio. Il problema riguarda decine di comuni delle province di Latina e Roma, pari a un bacino di popolazione di circa 470 mila abitanti, e 53 comuni della provincia di Viterbo, per circa 286 mila persone. Lo stato di emergenza era stato deciso il 17 dicembre 2010 per effettuare gli interventi di bonifica delle acque dalle concentrazioni di arsenico.
La proroga dell’emergenza arsenico nelle acque potabili del Lazio è stata decisa nel Consiglio dei Ministri di ieri sera, che ha inoltre deliberato la partecipazione all’aumento del capitale della Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa e ha preso in esame alcune leggi regionali. Il CdM ha dunque prorogato fino al 31 dicembre 2012 lo stato di emergenza, dichiarato il 17 dicembre 2010, in relazione alla concentrazione di arsenico, superiore ai limiti stabiliti dal decreto legislativo n. 31 del 2001, riscontrata nelle acque destinate all’uso umano di alcuni Comuni della Regione Lazio.
Come si legge nella nota di Palazzo Chigi, “la proroga, chiesta dal Commissario delegato – Presidente della Regione Lazio, si è resa necessaria per garantire il completamento degli interventi di potabilizzazione di carattere straordinario e urgente approvati il 14 marzo 2011 e finalizzati a ricondurre le concentrazione di arsenico entro i limiti stabiliti dalla Commissione europea, oltre che a salvaguardare da possibili gravi rischi a interessi pubblici primari quali la salute e l’igiene pubblica”.
Dalla relazione sullo stato dei lavori, emerge che per i comuni delle province di Latina e Roma (30 in totale con il coinvolgimento di circa 470 mila abitanti) il rientro nei parametri consentiti sarebbe imminente grazie agli interventi già avviati, mentre più difficile è il lavoro sui 53 comuni interessati dal problema nella provincia di Viterbo (circa 286.000 persone coinvolte) perché “oltre ad avere un’alta concentrazione di arsenico, a carattere naturale, in gran parte delle fonti di approvvigionamento idrico potabile, hanno schemi idrici fortemente frammentati che non consentono un’agevole integrazione del sistema degli acquedotti”.


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