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Su cosa debba intendersi per libertà religiosa non c’è unanimità di pareri, ma si conviene che “tutte le confessioni religiose sono essere ugualmente libere davanti alla legge”. Anche la nostra Costituzione si esprime in tal senso (il virgolettato, infatti, è al 1° capoverso dell’art. 8), ma lo fa subito dopo aver dichiarato che quella cattolica è più libera delle altre, in virtù dei Patti Lateranensi (2° capoverso dell’art. 7), e subito prima di tentare un correttivo contemplando la possibilità di intese con le rappresentanze delle confessioni religiose diverse dalla cattolica (3° capoverso dell’art. 8).Questo correttivo implica, allo stesso tempo, la negazione del principio dell’eguale libertà di tutte le confessioni religiose e il suo superamento o, come dice Giuseppe Della Torre (Avvenire, 30.9.2010), “mette insieme ciò che parrebbe impossibile conciliare: l’eguale libertà di tutte le confessioni religiose, con la possibilità per ognuna, attraverso singoli accordi con lo Stato, di ottenere un regime giuridico rispettoso della propria identità”.
Nessuna contraddizione per l’editorialista del giornale dei vescovi: “Trattare allo stesso modo situazioni diverse è altrettanto lesivo della eguaglianza, del trattare in maniera diversa situazioni eguali”. Sembrerebbe un richiamo al 2° capoverso dell’art. 3 della Costituzione, che affida allo Stato il compito di rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto l’eguaglianza dei cittadini, ma qui è invocato per legittimare un sistema di intese particolari che sono diverse da caso a caso. Non è tutto, perché per il Della Torre una confessione religiosa può essere libera anche senza arrivare ad una intesa, e ugualmente libera. È il caso dell’islam: “È necessaria la firma di una intesa? E se no, è almeno da considerare opportuna? Diciamo subito che quello delle intese è il regime che la Costituzione contempla come ordinario per regolare i rapporti dello Stato con le confessioni religiose: ma non è l’unico possibile. Una confessione può preferire il non ricorso all’accordo con lo Stato; questo, d’altra parte, può non ritenere possibile – almeno per un certo tempo – aprire negoziati con i rappresentanti di una determinata confessione, ad esempio per conoscerne meglio la realtà interna”.
Inimmaginabile nel caso dei rapporti tra Stato e Chiesa cattolica: qui l’intesa deve essere privilegiata in forma di Concordato e la conoscenza della realtà interna deve essere considerata superflua per non risultare offensiva. Non così con l’islam: “Nel suo patrimonio religioso e culturale vi sono elementi in contrasto con i valori ed i principi racchiusi nella Carta costituzionale, i quali costituiscono il fondamento e la ragione stessa del nostro vivere assieme”.Principi che renderebbero ragione della necessità dei Patti Lateranensi, ma consentirebbero di definire non opportuna una intesa con la comunità musulmana, tanto meno necessaria: paradossalmente è la diseguaglianza di trattamento che produce eguaglianza di diritti, almeno per il Della Torre.
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