Superata la boa dei trenta numeri, Artcore tocca anche l’Italia grazie ad un lungo e ricchissimo articolo sulla scena italiana anni Ottanta, ben dodici facciate intrise di foto, volantini dell’epoca e soprattutto aneddoti raccontati in prima persona dai membri di alcune delle migliori realtà della scena hardcore nazionale. Impossibile citare tutti i gruppi chiamati in causa per dare una testimonianza di quegli anni: C.C.M., Declino, EU’s Arse, Franti, Impact, Indigesti, Kina, Negazione, Peggio Punx, Raw Power, Stinky Rats, Upset Noise, Warfare, Wretched. Davvero un tuffo al cuore per chiunque abbia vissuto quella stagione incredibile in prima persona, o di seconda mano attraverso i racconti di amici e fratelli maggiori, le ‘zine, i dischi originali o le molte ristampe uscite di recente, il tutto grazie ad una trattazione divisa per temi e organizzata attraverso i ricordi e le esperienze personali dell’autore. E qui sta la vera sorpresa, perché a chiamare in causa e scambiarsi ricordi con i musicisti italiani non è un loro connazionale, ma un tedesco che non fa fatica a riconoscere l’importanza e l’impatto che quei nomi e quelle persone hanno avuto sulla sua vita e sull’intera scena tedesca: Helge Schrieber, infatti, c’era e ha incontrato il primo drappello di punk italiani a seguito di Declino e Negazione ai Chaos Days ad Hannover, un incontro che per sua stessa ammissione lascerà un ricordo indelebile sui presenti e ne condizionerà le mosse future. Inutile dire che si tratta di una lettura avvincente in grado di unire aneddoti e dati, testimonianze e date, senza perdere mai quell’impostazione appassionata propria di chi certe cose le ha vissute sulla pelle e le ama ancora. Non bastasse questa incursione italiana, la ‘zine ospita nomi di assoluto rilievo come Off! e Chuck Dukowski, interviste, recensioni, “column” e articoli a completare il ricchissimo menù su cui campeggia, a mo’ di ciliegina sulla torta, lo split tra Violent Arrest e Endless Grinning Skulls, formazioni in cui militano membri di due realtà di primissimo piano della scena UK come Heresy e Ripcord (a farla semplice e tirarla per le corte), altra cosetta che da sola vale il prezzo della ‘zine. Insomma di motivi per continuare a sostenere Artcore ce ne sono sempre moltissimi. A questo punto, abbiamo deciso di prendere la palla al balzo per capire come è nata l’idea dello speciale sulla scena italiana e cosa spinge Welly e Helge ad impegnarsi ancora in prima persona per mantenere viva la fiamma dell’hardcore punk.
Che cosa ha dato inizio ad una passione così lunga e duratura per la musica, tanto forte da farvi decidere di diventare parte attiva della scena? Ricordate la prima volta che siete venuti in contatto con l’hardcore punk? Quale è stato il primo disco (di qualsiasi tipo) che avete comprato?
Helge: La passione per la musica mi ha preso quando ero molto giovane. Mia madre mi ha comprato un giradischi portatile, era il 1974. Il primo disco che ho comprato? Era l’lp di Suzi Quatro del 1974, tuttora un vero classico. Da allora in poi ho sempre collezionato dischi, ascoltando le varie stazioni radio musicali per trovare nuova musica interessante che non fosse mainstream. Ricordo che cercavo sempre musica suonata velocemente e anche musica con un linguaggio offensivo (risate, ndr). Così sono stato attratto dal punk-rock. Sin da quando avevo 15 anni andavo in giro con gruppi tedeschi di punk rock che venivano dalle mie parti, come Upright Citizens e Bluttat,. Ma quello non era “il mondo hardcore punk”. Ho trovato la mia strada alla scena hardcore punk internazionale nel 1982, uno dei miei compagni era originario di Los Angeles, dove si supponeva fosse stato in carcere per una qualche stronzata, così i suoi genitori lo hanno spedito da sua nonna che abitava nella mia città. Naturalmente lui ci ha introdotto a tutti i grandi gruppi hardcore punk americani di quel periodo. Ci ha snocciolato tutti i nomi delle band e i titoli dei dischi, Black Flag, Germs, X, le compilation Let Them Eat Jellybeans e Not So Quiet On The Western Front, Circle Jerks, Minor Threat. Per mia fortuna parte della mia famiglia vive a Chicago, così mi sono fatto mandare un sacco di quei dischi. E così ho avuto anche la mia copia della compilation di Maximum Rock’n Roll, Not So Quiet On The Western Front. Questo disco mi ha messo in contatto con MRR e Tim Yohannon, perché volevo ascoltare di più dei Crucifix. Tim mi ha fatto contattare i Crucifix, che mi hanno spedito il loro primo 7”. In seguito, ho ricevuto il numero tre di MRR e a partire dal numero otto (1983) ho scritto per molti anni reportage sulla scena.
Welly: Non so da dove mi derivi la passione. Penso che è una cosa che hai oppure no. Alcuni hanno la passione per il denaro, la carriera o le automobili, mentre altri amano l’arte, lo scrivere, la musica. È una di queste cose, a ognuno la propria. Mio padre era nel campo musicale e in una band nei primi Sessanta, e mio figlio è in un gruppo ora, credo sia una cosa genetica (risate, ndr). Ho scoperto l’hardcore punk quando ho sentito i Dead Kennedys nei primi anni Ottanta, poi ho cominciato a comprare compilation in cui c’erano loro. Le compilation erano la chiave, specialmente Let Them Eat Jellybeans. Quella mi ha spinto alla ricerca di roba dei Black Flag, DOA, Circle Jerks Bad Brains e così via. Credo che la prima volta in cui mi sono realmente connesso all’intero “mondo” punk è stata quando ho letto la mia prima copia di Maximum Rock’n’ Roll. Allora, ho deciso di fare la mia fanzine, anche se non sapevo veramente che cosa fosse. Il primo disco che ho comprato è stato One Step Beyond su 7” e poi un album dei Madness nel 1979. Avevo sentito il punk prima, ma era strettamente vietato dai miei genitori, così quando è uscita la roba 2-Tone mi ci sono infilato e anche questa è stata una bella lotta.
Mentre molti tipi di musica differente possono essere apprezzati come meri ascoltatori, la scena hc/diy comporta sempre un certo grado di partecipazione, si richiede sempre di ricoprire un ruolo attivo per sentirsi in qualche modo protagonista del tutto. È stato questo approccio differente il responsabile della vostra attrazione fatale.
Helge: Sì! Crea qualcosa da solo, non limitarti a fruire. Né dei, né maestri. Dico questo perché alcune band, oggi, sono trattate dai punk più giovani come star. Merda. Pensa a come Fat Mike cominciò con NOFX tanti anni fa. Ancora ricordo i NOFX votati come peggior gruppo punk durante la metà degli anni ‘80. Se ti va di creare una fanzine, una label, un gruppo o uno show radiofonico, allora mostraci la tua passione. Ne avrai sicuramente un ritorno, ma non ti aspettare che tutte le tue spese siano ripagate. Non è per denaro, ma per la rete di amici.
Welly: Bene, questa è parte dell’essenza di ciò che differenzia il punk dall’altra musica: la creatività. L’idea del punk sin dalle sue radici è sempre stata che ogni azione è l’esempio di ciò che si può fare anziché separare parte attiva e spettatore. È come quando da ragazzo vedi una band che suona in un locale e sei là che pensi ‘voglio fare questo’ e ‘posso fare questo’. Bene, quel pensiero è ancora presente se tu guardi una band professionale in uno stadio, ma la differenza fondamentale è che puoi pensare che ti piacerebbe farlo, ma sai anche che raggiungere qualcosa a quei livelli è una possibilità davvero remota. È un cliché, ma è anche vero e accade perché questa idea continua a prosperare e a diffondersi e sarà sempre così. È lo stesso quando, da ragazzo, leggi una rivista di musica e non necessariamente aspiri a fare lo stesso, perché ti sembra fuori della tua portata. Mentre quando tu scopri una fanzine, improvvisamente scopri anche che è assolutamente possibile farlo e diventa ovvio anche come poterlo fare. L’etica è la stessa del portare l’arte fuori delle gallerie e spruzzarla su un muro per la strada, perché rimuove la struttura di classe dalla creatività.
Pensate che l’attitudine diy/hardcore abbia influenzato la vostra vita quotidiana anche fuori della scena musicale? Esistono un modo di porsi e dei principi capaci di ridefinire l’intero approccio alla vita?
Helge: Sì, l’attitudine diy/hc ha influenzato tutta la mia vita. Sono cresciuto con gruppi politicizzati, Crass, Crucifix, Discharge, Anti-System e così via. Così, sono stato sempre estremamente contrario alla guerra. Ho fatto il servizio militare in una ONG umanitaria, la Peacevillage, che fu fondata nel 1967 e si prendeva cura di bambini seriamente feriti e ammalati nelle zone di guerra e di crisi. Quando frequentavo la scuola primaria nella mia città, Oberhausen, avevo in classe sette ragazzini vietnamiti. Ho studiato servizi sociali per lavorare al Peacevillage, un’attività che ho portato avanti per diciotto anni. Ogni anno venivano in Germania dai 400 ai 500 nuovi bambini per essere curati e noi potevamo dimostrare che si può fare qualcosa di utile per un mondo senza guerra. Sfortunatamente ci siamo trovati in un posto sbagliato in un momento sbagliato, durante una missione in Afghanistan, abbiamo avuto guai seri con i Talebani, che mi hanno causato qualche brutto problema personale. Mi hanno messo fuori combattimento per quasi due anni a causa di un disturbo dovuto allo stress post-traumatico (lo chiamano così), insieme a un’ustione. Così ho iniziato a fare un altro lavoro. Ora faccio due mezzi lavori, uno con i senza tetto e l’altro in cui mi prendo cura degli alcolisti. Abbiamo anche un giardino organico abbastanza grande, dietro la casa, dove mia moglie coltiva un sacco di verdure e frutta. Mia moglie ha preso parte alla marcia di protesta del 2007 che aveva come scopo ‘una produzione di alimenti geneticamente liberi’. La marcia è partita da Lubecca sulla costa nord della Germania fino a Lindau (Bodensee) sul lago di Costanza per 1200 Km ed è durata otto settimane. Ognuna accompagnata da riunioni, discussioni e proteste. Personalmente cerchiamo di vivere la nostra vita nella maniera in cui abbiamo deciso di viverla. Il punk rock e la scena diy/hc con la sua etica sono il fondamento del nostro vivere alternativo. Esattamente il nostro modo di vivere.
Welly: Assolutamente. È un’educazione. Da ragazzo il mondo si è aperto davanti a me attraverso la musica. Dai testi a ciò che avveniva nel mondo esterno. Come risultato, sono riuscito a realizzare molte delle mie ambizioni. Non l’avrei mai fatto se non fossi stato coinvolto.
Visto che siete a bordo da così tanto tempo, sarebbe bello avere il vostro punto di vista sul reale “stato della nazione”. Sono testimone diretto del fatto che tanta gente e gruppi (anche giovani) continuano a lottare per tenere vivo l’atteggiamento diy, con fanzine, etichette e band. L’hardcore è veramente morto negli anni Ottanta o è piuttosto una sterile lamentela da vecchi?
Helge: A me non piace sentire qualcuno dire che qualcosa è morto. “iI punk è morto”, “l’hardcore è morto”, “l’emo è morto”, infatti questa è proprio una tiritera da vecchi. Il punk è vivo, persino più di trent’anni fa. Chiunque partecipi al vero ambiente diy, sa che questo è la vita reale. Ora e oggi sta accadendo. Abbiamo anche più show, etichette discografiche, fanzine (stampate e online). C’è ancora un ambiente punk rock enorme, dove l’ammontare della gente attiva supera di gran lunga il numero di persone che erano attive negli anni Ottanta. Ma ciò che è accaduto negli anni Ottanta ha avuto per forza un lato positivo, poiché noi siamo qui a testimoniare le origini della “nostra tribù”. Una cultura senza una storia scritta non vale niente.
Welly: Vecchi contro giovani. È una cosa senza senso e uno spreco di energia. Lo vedo accadere in continuazione su internet; le contrapposizioni tra l’essere interessati solo alle vecchie band o alle nuove, o come le reunion siano di scarso valore e piene di merda. Personalmente non mi interessa, andiamo avanti. C’è il buono e il cattivo in ogni cosa, non si supponeva che stessimo tutti dalla stessa parte? Penso che la scena internazionale si divida e si combatta per trovare una qualche coesione interna e credo anche che in questo internet abbia giocato un ruolo fondamentale. So che un sacco di gente non è d’accordo con me, ma internet non incoraggia la stessa specie di partecipazione di cui parlavamo sopra. È piuttosto la simulazione di una partecipazione. Mi ricordo di quanto fosse difficile persino ascoltare alcuni di questi famosi gruppi di cui avevi sentito e di quanto sia facile oggi. Più facilmente arriva, più facilmente se ne va. Un tempo ci volevano molti più sforzi per ascoltare qualcosa, organizzare un concerto o pubblicare una ‘zine. Ora accade tutto senza sforzo, è facile e la gente apprezza l’idea che internet renda tutto così facile. Ma in realtà la rete è troppo vasta e le motivazioni diventano narcisistiche: fare in modo che la gente legga la tua pagina in rete o ascolti il tuo gruppo. Vedo lo stesso succedere nel mondo delle band. La ragione per fare musica è cambiata, così è cambiato il contenuto della musica. Per me questo è cominciato già negli anni Novanta, quando il denaro ha iniziato a girare nella scena con il successo del pop punk. L’effetto è stato che la generazione successiva ha avuto motivazioni diverse. Improvvisamente era possibile “arrivare ovunque”, avere fan e magari vendere dischi, mentre niente di questo esisteva negli anni Ottanta. Fino agli anni Novanta era tutto una lotta e non c’era speranza di un qualsivoglia successo. Così, anche se i problemi del mondo sono peggiorati rispetto a prima, il contenuto della musica sembra annacquato. Le band che erano politicizzate sembrano oggi scegliere di suonare solamente per la folla. Il punk rock è frantumato in ghetti e lo ha fatto quando ha perso parte del suo potere. Per quello che posso vedere, le cose non cambieranno fino a che non ritornerà la coesione. Quando queste stupide sotto-scene smetteranno di dividersi. Le fanzine erano assolutamente la chiave e fino a che non ci sarà un ritorno a un punto focale centrale come erano i vari MRR e altri che non esistono più, non cambierà molto. Punk rock/hardcore/DIY significava sempre una continua conversazione, un dibattito. Quando quella conversazione è finita, sostituita dal tentativo di gridare più forte in rete, allora ha perso un po’ della sua voce. Non sto dicendo che non ci siano band, ‘zine, e gente che pratichino le idee DIY e che continuino a lottare, perché ci sono e sono ovunque. Quello che voglio dire è che porre tutta la vostra fiducia nella vuota promessa di internet come l’unico mezzo di comunicazione è un errore e impoverisce il messaggio della vostra musica, perché, se da una parte vi procurerà maggiore visibilità, è anche ciò che ha trasformato il punk rock in qualcosa di indistinguibile da qualunque altra musica con chitarre e batteria. Quello che sto dicendo è che il punk, o come volete chiamarlo, ha finito per essere assimilato alla musica mainstream e questa continua a tentare di fagocitarlo. La separazione è stata la chiave che lo ha definito.
Indicate 5 giovani band/etichette (voglio dire i veri nuovi nomi in giro) che dovremmo ascoltare e perché. Sosteniamo le nuove generazioni.
Helge: È facile. Mi tengo sul lato tedesco: Search For Fame Records di Düsseldorf, fanno sempre uscite incredibili, come la No Way Records. Fanta che gestisce la Search For Fame Records suona anche la batteria per gli Sniffing Glue, probabilmente una delle migliori band hardcore punk tedesche oggi.
Un’altra band hardcore punk tedesca realmente buona sono i Mofabande dei dintorni di Bonn, hanno realizzato un 7” e uno split 7” con i Bloodstains di Aachen. Il loro stile è hardcore punk anni Ottanta ricco di stop&go.
La mia band preferita sono i Ghoststreet di Oelde, che hanno realizzato l’ottimo LP Friede Sei Mit Euch. Sono tipi completamente tatuati e amano il look alla Suicidal con il loro tipo di immaginario e le bandana. Anche se hanno testi fortemente politicizzati e socialmente consapevoli.
Un gruppo che suona nella scia di band come Red Dons o Terrible Feelings sono gli Hysterese di Tubingen. Il loro approccio con doppie vocals femminili/maschili e uno stile down-tuned melanconico e melodico è grande.
Ultimi ma non meno importanti, vorrei menzionare i Vladimir Harkonnen di Kiel, sulla costa nord della Germania. Hanno già un lp/cd, realizzeranno a breve il prossimo disco e sarò coinvolto anche io nel farlo uscire. Il loro cantante prima stava nei Boehouse ed è conosciuto per essere un dannato inferno vivente sul palco. Ho contatti internazionali e scrivo anche per la fanzine tedesca Plastic Bomb dal 1997 (prima, dal 1990 al 1997, per OX zine, dove seguivo i gruppi nuovi e la sezione demotape). Così ho sempre ascoltato un sacco di roba nuova. Vale davvero la pena scoprire tutti quei nuovi gruppi. Fatelo ora!
Welly: Alcune delle nuove band che ho ascoltato recentemente sono Proxy (Canada), DHK (Perù), Belgrado (Spagna), Rad (USA) e Lobster Killed Me (Francia). Sono tutte interessanti, per differenti motivi. Io cerco sempre roba nuova, così come continuo ad esplorare la vecchia.
Tempi addietro, far parte della scena hc era la chiave per costruire una rete di contatti in tutto il mondo (molto prima di internet), quali sono le differenze basilari tra le reti vecchie e la nuova? Quali sono i pro e i contro dell’entrata di internet nell’attitudine diy?
Helge: Maximum Rock’n’Roll è stata una sorta di bibbia per me. Ero in grado di entrare in contatto con gli altri punk in tutto il globo. Mi sono fatto amici dappertutto, poi ho cominciato a viaggiare per tutti gli USA, Canada, quasi per tutta l’Europa e anche in Australia e Nuova Zelanda. I miei amici punk in Australia, che ho conosciuto tramite MRR, mi hanno aiutato con il mio matrimonio a Brisbane, nel Queensland, all’inizio del 1996. Il punk rock e i contatti intorno al mondo sono le parti più importanti per me. Non è tutto, vivere uno stile di vita differente e incontrare amici in differenti paesi? Le semplici melodie punk rock mi spingono ancora ad andare avanti. Solo che la comunicazione funziona un milione di volte più velocemente che negli anni Ottanta. Ok, è stato più divertente ricevere posta vecchio stile nella cassetta, perché gli amici hanno sempre mandato qualcosa per fare scambi, come registrazioni, dischi e altra bella roba. Questa è la sola differenza dall’odierno mondo internet. La comunicazione moderna è dannatamente più semplice per restare in contatto. Usala e fa la tua cosa!
Welly: Ho sempre parlato di questo, quindi penso di aver superato la domanda. Internet serve ad uno scopo: rende le cose più semplici. Rende le cose così semplici da fare, quasi senza sforzo. Non penso che questo sia compatibile con ciò che si suppone debba essere la nostra musica. La lotta è parte di ciò che crea qualcosa di durevole. A causa della natura dei mass media, oggi, si è costretti a gridare per essere ascoltati e Il risultato finale è più ingannevole e meno sostanziale. Forse perché c’è la percezione di suonare per una folla più grande o magari perché tutto è diventato banale, stantio? Forse il cinismo e i ripetuti messaggi convenzionali dell’ultima generazione hanno fatto apparire alla generazione successiva ogni cosa come inutile? Non so, bisogna chiederlo a loro. Nelle interviste in questi giorni ho ottenuto un sacco di “non cantiamo di politica perché non ne sappiamo abbastanza”. Lo trovo sempre molto triste, perché per me tutto è politica, anche scegliendo di essere apolitici si fa politica. Forse alcuni la lasciano fuori dalla loro musica perché sentono che le loro opinioni e i loro punti di vista politici sono già in migliaia di riquadri di commenti in internet. E questo è il mio punto di vista: quando c’è un mare di voci, non c’è nessuna voce, è lo stesso per le notizie nei media che vogliono sempre l’opinione di tutti su tutto. Crea l’illusione che tu possa cambiare le cose con questo modo di partecipare, ma lo status quo si protrae inesorabile. Per me, se usi la tua voce attraverso un media che hai creato, costruisci con esso qualcosa di più efficace e personale. Questo è precisamente il perché il punk ha sempre avuto un grande potenziale: perché l’arte era onesta, l’emozione genuina e non annacquata, aveva una voce forgiata attraverso un duro lavoro.
Per quanto riguarda la rete, essa ha, di base, gli stessi strumenti ma è cambiato il modo in cui sono stati usati. Ora vedi alcune band e gente che professionalmente lavora nel mondo degli affari utilizzare la rete DIY e, se sono fortunati, si muovono subito verso qualcosa d’altro. È diventato un modello per fare business piuttosto che una vera rete. Il capitalismo ha vinto e la competizione ha soppiantato la collaborazione. Il supermercato punk sta ancora facendo affari, ma i clienti non si parlano, perché sono in competizione l’uno contro l’altro per quel “raro” disco che buca. Vorrei identificare tre delle principali cose che si sono ridotte nella musica underground e che hanno portato alla sua negazione. Primo, la perdita dell’effetto coesivo di un movimento regolare di fanzine, due, la sotto-categorizzazione di ogni cosa e terzo la morte delle compilation. Queste tre cose sono state la chiave di volta. I cd sampler hanno ucciso il potere della compilation di diffondere la musica e internet ha soppiantato le fanzine poiché la gente è diventata pigra. L’ossessione per i sotto-generi è l’effetto collaterale della mancanza di coesione nata con l’apparizione di internet, è come guardare la morte per mille tagli di una generazione di mille “gruppuscoli” e “ambienti”. Questo può cambiare, comunque. Potrebbe cambiare in qualsiasi momento. Spero che la novità di internet dell’esserci tutti si esaurirà e che la prossima generazione farà cose in modo diverso e più politicamente consapevole. Spero che facciano le cose in maniera così diversa che, un giorno, quelli di noi rimasti neppure le riconoscano.
Riflettendo bene sul problema, si potrebbe pensare che internet sia stata la chiave per raggiungere il principale scopo del punk: ognuno può mettere in circolazione la sua musica, caricarla in rete e lasciare che tutti possano goderne. Così, di fondo, questa è un’epica vittoria contro l’industria e le major. Di certo, c’è anche l’aspetto che abbiamo già sottolineato della superficialità senza passione, sostituita dalla brama di raggiungere i famosi quindici minuti di fama. Quindi?
Helge: Tu troverai sempre la verità tra le righe. Di sicuro, come gruppo o label, puoi presentare la tua musica a una platea più vasta e se puoi averne un buon ritorno, bene così. Ma hai ragione sull’approccio superficiale di un vasto numero di fruitori di internet. Perciò preferisco che le band offrano solo piccoli assaggi della loro musica in rete. Se gli ascoltatori ne vogliono di più, allora muovano il loro culo e vadano ai concerti e chiedano la “vera” sostanza. Se invece sei parte di una band che si è sciolta, sarei felice di apprezzare la tua musica se i dischi sono completamente disponibili e scaricabili liberamente.
Welly: Non penso che il punk possa essere minimamente compatibile con internet. Non ci vedo molto creatività. Per me il processo di fare una ‘zine e un disco era “quel” processo. Sporcarti le mani, fare qualcosa di tangibile dal nulla. Sfortunatamente c’era sempre un aspetto finanziario che ti coinvolgeva e a me non dispiace pagare qualcuno che è dalla tua stessa parte per aiutarlo a continuare. Il problema con il punk rock era sempre la presenza di troppe persone non preparate, troppi parassiti. Di solito, era la stessa gente che gridava e urlava perché un concerto costava più di una sterlina e un disco più di due. Non è cambiato molto, tranne che ora tutti quelli che scaricano dischi stanno tutti su internet a dare la loro opinione, in piccoli riquadri, su questo o su quello, In genere, su come una qualche vecchia band sfrutta la gente o è spinta a rimettersi insieme dai motivi sbagliati. Andrebbe bene se almeno contribuissero in qualcosa, così realizzerebbero che viene un tempo nella vita di ciascuno in cui (se si è fortunati) si comprende come esista qualcosa che ha caratterizzato una parte importante della vita stessa. Inoltre, chi può affermare che una band non si riformi perché si accorge che intorno nulla è cambiato e le ingiustizie sono rimaste, mentre sempre più band giovani si limitano a cantare dei propri problemi sentimentali?
Quale è la ragione di fare ancora uscire una ‘zine cartacea dopo tutti questi anni? Non sarebbe più facile e più veloce gestire un sito web o un blog? Chi è il tipico lettore di Artcore?
Welly: Chi ha bisogno di “cose facili”? (risate, ndr). È una ‘zine, non è un sito. Sarà sempre così. Le due cose si escludono a vicenda. Non sono interessato a mettere il contenuto della ‘zine su internet. Non ho idea di chi sia il tipico lettore tranne che è un amante del punk rock. Non penso che ci sia un’età specifica o qualsiasi altra cosa ed è una cosa buona. Ho visto Descrivere Artcore come un “cult fanzine”, una volta. È tutto.
A un certo punto un gruppo di punk italiani ha iniziato a far uscire dischi, ‘zine, ad aprire “squat” e organizzare concerti, dimostrandosi capace di diffondere il suo nome in giro per il pianeta. Ricordi la prima volta che hai incontrato un gruppo italiano o hai ascoltato uno dei suoi dischi?
Helge: Il mio primo contatto con gli alieni, volevo dire con i punk italiani, è stato il 3 agosto 1984 in Germania all’AJZ Bielefeld, la notte prima dei famosi Chaos Days ad Hannover. Sapevo che Disorder e Svart Framtid dalla Norvegia avrebbero suonato, ma i punk tedeschi presenti sono stati colti di sorpresa da questo gruppo di circa trenta-trentacinque punk italiani. Declino e Negazione si sono esibiti e hanno lasciato in noi una vera, profonda, impressione. Wow, che forza! Quello era un vero suono hardcore punk, molto più influenzato dallo stile americano. Avevano viaggiato tutti in treno perché i due gruppi avevano quattro serate in trentuno giorni, Bielefeld, Berlino, Amsterdam e Copenhagen e l’intero gruppo dei punk Italiani accompagnava le band. Durante lo show, i poliziotti tedeschi anti-sommossa hanno tentato di interrompere l’esibizione, ma noi abbiamo risposto e i poliziotti non sono riusciti ad entrare. Il concerto è proseguito e anche i punk italiani si sono battuti contro I poliziotti. Il giorno dopo siamo andati in giro insieme e abbiamo trascorso un po’ di tempo al Chaos Days ad Hannover. Ragazzi, che giornata violenta. Sempre braccati dalla polizia, ho in mente due ricordi speciali. Uno è quello dello stupido poliziotto in moto che cercava di cacciare dalla strada alcuni punk. Andava abbastanza veloce e quasi investì alcuni di loro. Finché qualcuno gli ha dato un bel calcio e lo ha fatto cadere con la sua moto. Qualcuno del G.D.H.C. di Pisa lo ha colpito. Il poliziotto allora si è tolto l’elmetto e ha puntato la sua pistola contro noi punk. A questo punto è stato centrato da una scarica di sassi e si è dovuto dare a gambe per cavarsela. Il secondo ricordo ha a che fare con un attacco. Nel tardo pomeriggio stavamo camminando per Glocksee Garden, stanchi per essere stati inseguiti per tutto il giorno. Improvvisamente arriva questo gruppo di circa una dozzina di poliziotti e tenta di catturare alcuni dei punk. Così, questo gruppo di punk italiani comincia a correre nella direzione dei poliziotti urlandogli contro e facendo l’inferno e all’improvviso l’intero gruppo dei punk si è alzato e si è unito per cacciare i poliziotti. Questa è stata comunque solo una piccola vittoria per noi, perché alla fine della giornata in molti sono finiti in galera. Come posso dimenticare quel giorno e gli italiani?
Welly: Direi attraverso compilation internazionali. Roba come P.E.A.C.E. e Welcome In 1984. Ricordo di aver sentito i Raw Power. Noi non avevamo un’esposizione come nell’Europa continentale, ma ricordo CCM, Negazione e I Refuse It in tour. I CCM erano meravigliosi. Zoppicavano in scena a Newport, Galles, e ci hanno raccontato che la notte prima a Londra avevano lottato. Alcuni li avevano attaccati per strada e quando sono arrivati a Newport avevano gli abiti logori (sembravano ridotti a brandelli). Comunque si sono scusati in anticipo per la mediocre performance e poi si sono lanciati in questo folle set. Eravamo così sconvolti che la sera dopo abbiamo guidato fino a Swansea. Sfortunatamente gli skin locali sono apparsi come al solito per cercare di guastarci la festa. Uno si è messo di fronte a Syd (dei CCM) sputandogli contro e dicendo al gruppo di tornarsene al suo paese. Syd era al microfono e appariva confuso, gli diceva: “Non capisco, perché ci odiate?” In seguito Syd è venuto da noi e ha tirato fuori un coltello dal suo anfibio dicendo che voleva affrontarli. Lo abbiamo convinto a lasciar perdere per evitare che finisse nei guai. Gli I Refuse It erano un gruppo folle e unico, il loro split album era uscito per una label locale chiamata Inward Collapse diretta da un tipo di nome Russ, che non vedo dagli anni ottanta. I Negazione sono stati in tour qui e hanno suonato a Cardiff. Il mio vecchio Amico Marv ha organizzato lo show e io ho disegnato il flyer. Loro a quel tempo erano più metal: tutte le luci si sono spente, qualcuno li ha presentati e a quel punto si sono riaccese e lo show è partito. Rock’n Roll.
Sembra che gruppi come Negazione, Raw Power , Indigesti, Upset Noise eccetera siano riusciti ad influenzare anche le scene locali estere. Molti famosi musicisti li nominano nelle interviste come influenza e la gente ancora ricorda le loro canzoni e i loro dischi. Puoi aiutarci a capire perché la gente in altri paesi ha trovato in loro qualcosa di speciale o almeno meritevole di attenzione?
Helge: Ricordo tutti quei gruppi italiani e punk per la passione che mettevano in tutto quello che facevano. Sembravano essere più radicali di noi. Durante gli anni Ottanta qui in Germania la scena punk rock era dominata da punk tradizionali, che portavano chiodi, mohawks e borchie. A quel tempo il nostro ambiente era piuttosto distruttivo, con molte regole su come si dovesse apparire per essere un vero punk rocker. Se non ti adeguavi venivi etichettato come “uno che posava a fare il punk”. Lo status quo per essere un punk sbronzo era importante. Sempre più persone capiva di volere qualcosa di diverso. A quei tempi, 1984, non c’erano molti gruppi americani in tour qui, così i gruppi italiani sono stati i primi a lasciare una buona impressione su di noi. Non importa come appari, è tutto in quello che fai. Il gruppo di 30-35 punk italiani non era composto da semplici “amici”, poiché molti di loro suonavano in gruppi, avevano etichette, o curavano fanzine. Tax dei Negazione mi ha raccontato che durante il loro primo tour erano circondati da punk con borchie e chiodi, mentre nel tour del 1985 hanno visto molta gente che aveva abbracciato il loro stile e tipo di musica. Ogni band italiana che veniva in tour negli anni Ottanta valeva il doppio o il triplo della maggior parte delle band americane che successivamente ha fatto tour in Europa. Naturalmente c’erano band americane buone, ma quelle buone non superavano in numero tutti gli stupidi rompiballe che pensavano solo ad ubriacarsi, scopare o farsi guidare nel distretto a luci rosse. Fuck off!
Welly: Penso che la ragione risiedesse nella passione e nella rabbia che l’hardcore italiano sprigionava. Questo unito alla vena politica e ai testi delle canzoni. Nell’insieme, lo spirito DIY, per non parlare del fatto che la passione e la rabbia sembravano così ben rappresentate dalla lingua italiana. Anche se non capivamo ciò che cantavano, sapevi che erano seri. Ho vissuto tutto l’ambiente internazionale hardcore degli Ottanta e mi considero fortunato per esserci stato. È stato un periodo senza precedenti per promuovere la collaborazione internazionale, il lavorare in rete, e uno scambio di idee con la musica underground, qualcosa non facile da rimpiazzare con internet.
Quali sono, secondo te, le differenze più importanti tra la scena hc europea e americana? E tra quelle dei vari paesi europei? Possiamo dire che l’hc europeo era più consapevole e focalizzato sulla politica rispetto a quello americano?
Helge: Ogni paese ha le sue peculiarità. La scena americana sembra aver avuto musicisti migliori. La scena europea del continente ha un sistema migliore per quanto riguarda i concerti se paragonata agli USA e, si, la scena punk europea è sempre stata più politicamente e socialmente consapevole. Ma questo non ci rende né migliori né peggiori. Lo scambio è la chiave di tutto. È più importante che la gente si unisca piuttosto che dividersi a causa delle differenze.
Welly: Questo è vero, ma ci sono anche band politiche che vengono dagli USA, come band apolitiche dall’Europa. Penso che la grande diversità derivi dalla storia della politica in Europa paragonata a quella americana e da come viene trasportata a livello locale. La scena di Roma, tanto per dirne una, non è focalizzata sul profitto come, mettiamo, a Los Angeles. Questo è semplice senso comune. La Gran Bretagna è a metà. Noi non abbiamo la stessa volontà politica collettiva del continente, né sembriamo avere lo stesso approccio al rock’n roll degli USA.
Grazie mille per il vostro tempo e disponibilità, sentitevi liberi di condividere con noi quello che vi va. C’è un segreto che vorreste rivelarci per aiutare le generazioni più giovani a mantenere una tale passione duratura?
Helge: I più giovani spesso mi dicono che sono colpiti dalle storie sulle “vecchie band” e ciò che è accaduto decine di anni fa. Sono infelici perché non hanno potuto prendere parte a ciò che è successo prima. Io dico sempre loro che sono attivi oggi e possono perciò vedere molte band attuali e nuove. Tra circa venti anni altri giovani faranno loro le stesse domande su come era questa o quella particolare band. Se amate davvero la musica hardcore punk, allora potrete rimanere legati alla scena anche negli anni a venire. Dovete solo dare qualcosa gratis alla scena e riceverete qualcosa che ne vale la pena in cambia.
Welly: Andate e fatevi una vostra fanzine. Grazie per il tempo e l’interesse. Lo spirito continua!
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