Fisica e metafisica a Ferrara
Insegnare chimica in un biennio di scuola superiore rende decisamente più facile la comprensione delle Avanguardie artistiche del primo novecento. Innegabile infatti, la stretta correlazione fra il movimento Dada e l’atteggiamento delle classi prime tra ottobre e novembre: l’atmosfera potrebbe ricordare quella del cabaret Voltaire tanto che, a volte, vengo colta dal dubbio di essermi così immedesimata in quell’ ambiente irriverente e destabilizzante, da aver dato, non le mie istruzioni per scrivere una relazione , ma quelle di Tristan Tzara per scrivere una poesia Dada . La lettura dei primi elaborati prodotti dai ragazzi, di solito non fa che confermare la sensazione.
Per fortuna, per la maggior parte degli studenti il periodo dura poco e impercettibilmente la classe scivola nel surrealismo che raggiunge vette elevatissime verso la fine del primo quadrimestre. E poi, l’assordante silenzio metafisico in cui principi e strumenti vengono rispettosamente collocati in contesti irreali e vagamente inquietanti.
Purtroppo per la maggior parte degli studenti, l’esperienza artistico/scientifica si conclude così, senza che ci sia il tempo per meditare sulle correnti artistiche inconsapevolmente attraversate, senza alcuna possibilità di lasciare tracce che, se non indelebili, siano almeno visibili quanto basta per contribuire a costruire mappe attendibili per il loro cammino futuro.
Bene, tutto ciò mi girava per il cervello mentre, incantata, guardavo le due mostre in corso in questi giorni a Ferrara, “ De Chirico a Ferrara, metafisica e avanguardia” a Palazzo dei Diamanti e “Fisica e metafisica: la scienza ai tempi di De Chirico e Carrà” in corso a Palazzo Turchi di Bagno, proprio di fronte ai Diamanti.
Non resta che attraversare la strada per saperne di più
La sala della mostra ha grandi vetrate che guardano sull’orto botanico: uno sguardo d’insieme svela poster, riproduzioni di alcuni dei quadri visti nell’altra sede e diverse vetrine che racchiudono reperti dall’aria misteriosa e affascinante. Bellissimi: la bellezza degli strumenti scientifici antichi, oggetti che raccontano dell’ingegno umano.
Come nasce questa mostra?
L’idea di raccontare lo stato della scienza ai tempi dei due artisti, De Chirico e Carrà, si può ricollegare al fatto che alcuni degli oggetti che compaiono nelle tele di De Chirico, il pittore li aveva visti nello studio dell’ Astronomo Bongiovanni al quale dedica una poesia nel gennaio del 1916 “La notte misteriosa”.
La mostra si articola in cinque sezioni ognuna documentata in modo chiaro e coinvolgente da poster e da schede che illustrano gli oggetti esposti, spiegandone il funzionamento e le caratteristiche tecniche .
Seguitemi in questo mini tour, che ha lo scopo di convincervi dell’assoluta necessità di andare a visitarla.
Carrà: la moglie dell’ingegnere
La moglie dell’ingegnere, opera di Carrà, introduce la sezione dedicata alle misure e ai campioni di misura
misure e strumenti di misura
Della sezione successiva, riguardante la meteorologia,
questo strumento, l’eliofanometro, mi ha molto colpito per il suo aspetto vagamente magico.
Mi piace molto questa frase di De Chirico, posta qui dai curatori della mostra, che descrive l’atelier del metafisico:
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L’ultima sezione si occupa degli strumenti usati a quei tempi in medicina, in particolare per i raggi x (da poco scoperti) e la radioterapia.
Qui è in mostra, fra le altre cose, la strumentazione che veniva allora utilizzata per lo studio dei raggi catodici e in seguito dei raggi X. Il rocchetto di Rumkorff e i tubi di Crooks ( raggi catodici) sono proprio identici a quelli del laboratorio dell’ Oriani: eccoli in funzione:
La mostra è aperta dal lunedì al sabato (e anche alcune domeniche). Non perdetela!