Arte, parte e politica: il caso Crimi

Creato il 23 marzo 2013 da Trame In Divenire @trameindivenire

Vito Crimi

Riflessioni per politici fai da te

Vito Crimi (capogruppo al Senato del M5S), persona intelligente e appassionata, risulta poco attento, soprattutto a sé stesso. Non tiene la barra (potremmo dire che è un apprendista che fai da te?) e da qualche giorno passa da “a mia insaputa”, a “non volevo dire quello”, evocando tristemente lo “smemorato di Cologno”.

E’ vero, la pressione esercitata dai media in questa fase politica del nuovo parlamento è alta, anche troppo e larga parte della stampa, soprattutto quella dedita allo“scoop”, non aspetta altro che coglierlo. Ma ciò non giustifica l’ennesimo grossolano errore. Nella conferenza stampa post consultazioni avviate dal Presidente della Repubblica, Crimi ha commentato che «Napolitano non si è addormentato di fronte a Grillo»,  e così alludendo a Morfeo, l’epiteto con cui Grillo ha più volte appellato il Presidente della Repubblica.

Immagino e spero la sua sia una carenza pratica, dovuta alla mancanza di esperienza, e non una carenza essenziale relativa al “mio pensiero” più intimo. Per i suoi continui scivoloni Crimi ha chiesto più volte scusa offrendo giustificazioni non del tutto convincenti. Non convince quando nel giustificarsi dice che si è trattato di un fuori onda. Non convince perché se il “mio pensiero” più intimo è quello che emerge dalle pubbliche dichiarazioni, non si capisce perché queste non debbano corrispondere a quelle fatte in privato, fuori onda.

Ed ecco che si sente tutta l’importanza di una scuola, in questo caso di una scuola politica (che probabilmente manca a troppi politici), o quanto meno la necessità di un maestro che trasmetta l’arte della politica che è arte dialettica. E si, perché la politica, per quanto possa sembrare paradossale e inverosimile rispetto ai tempi, è un arte, purtroppo fin troppo vilipesa, resa al servizio del peggiore degli utilitarismi.

Quest’arte, come tutte le arti, non può che essere l’espressione del rapporto armonico che c’è tra forma ed essenza, tra quello che si pensa e quello che si dice e fa. S’impara, spesso grazie a un maestro. Ne parlava già Platone nel “Politico”.

E allora Vito Crimi (e ognuno di noi) scoprirà che la politica, in quanto arte, non s’improvvisa e che agli autodidatti, senza una scuola o un maestro, tocca lavorare di più per raggiungere l’arte. E che non è sufficiente conoscere la sola tecnica (Costituzione, leggi, decreti, ecc.), e che senza l’arte, la politica, resterà priva di quell’accordo armonico tra forma ed essenza, che le restituisce la qualità di “bene comune”. Il bene comune: qualcosa di universalmente valido.

Un antico motto, diffuso in tutte le culture e tradizioni umane (tra le più antiche vi è quella del Veda), afferma che “si diventa ciò che si pensa” (Maitry Upanishad, VI,34).

E dunque, in mancanza di un maestro, ai novelli rinnovatori della politica, nel nome del bene comune, tocca quanto meno esercitarsi a pensare, per poi far corrispondere al pensiero le parole e alle parole le azioni. Salvo poi non risultare di essere senz’arte ne parte.


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