Sono di ritorno da ArteFiera di Bologna, la mostra – mercato dedicata all’arte moderna e contemporanea. Oltre la quantità d’informazioni che devo ancora metabolizzare, capire, esternare, mi ricordo cosa ho espresso in merito allo stesso incontro, lo scorso anno.
Qui il link al mio vecchio articolo, del quale – in buona parte – potrei ancora essere d’accordo.
Quest’anno l’occhio è stato molto meno infastidito: ho cercato di carpire l’essenza della nuova edizione ragionando essenzialmente sul mio vissuto e sulle mie percezioni. Catturando quanto c’era d’assorbire, tralasciando l’inutilità, affacciandomi solo su determinate aree, per comprendere se qualcosa mi avrebbe rapito in tutta velocità, riducendo a quantità di stress in maniera esponenziale, guadagnandoci in salute.
Il motivo che mi ha spinto a salire alla fiera è stato di scoprire cosa e come Mia Art Fair si fosse occupata dell’area fotografica. Sono andata veramente con la voglia di compiere una ricerca che mi permettesse di avere un quadro più limpido su quel campo aperto, ancora troppo da esplorare, punto che potrebbe essere di svolta per segnare l’ascesa di alcuni giovani artisti.
Anche lì ho avuto molto da ridire. Credo che l’apice massimo del rifiuto lo abbia avuto nel momento in cui mi sono trovata uno scatto di Henri Cartier – Bresson che immortalava un’elegantissima Marylin Monroe.
Per quanto riguarda il fronte italiano non posso tralasciare la capacità stilistica di Silvia Camporesi. I suoi pezzi sono un blocco temporale che si estrania da tutto il resto, con un linguaggio rivolto a un’attenzione concentrata sempre più su tecnica e lirismo.
Non posso omettere lo scatto di Luigi Presicce tratto dalla performance Tradurre l’incanto agli uccelli della Galleria Bianconi. Come del resto non posso tralasciare il frame di Regina José Galindo tratto del progetto Piedra ospitato alla Galleria Poleschi / Pisani.
Sono rimasta soddisfatta all’attenzione riservata all’arte russa e asiatica, ma anche alle selezioni effettuate dalla Collezione Maramotti. Aggiungo a ciò, gli artisti d’impegno della Galleria Continua di San Gimignano e lo spazio organizzato dalla Pari&Dispari Project di Reggio Emilia.
Mi spiace molto per Emilio Isgrò. Credo sia uno dei grandissimi sottovalutati della storia dell’arte italiana contemporanea. La sua opera è una scultura di una vergine sovrastata dagli scarafaggi, di forte impatto per l’intensità della litania che era ripetuta con un’amplificazione posta in alto e che fungeva da coscienza critica verso tutti noi.
La cosa che mi ha annoiato davvero è il collezionismo: diventato sempre più piatto, scontato e senza margine di respiro.
Pochi pezzi meritevoli in grado di innescare un cambiamento nella quotidianità della bellezza.
In ultimo, vorrei segnalare l’opera di Piotr Hanzelewicz, lontana da tutto il casino degli stand, posta in un angolo della rivista Mu6. Il progetto lo trovate sul suo spazio dedicato in wordpress cliccando qui: http://quasiuneuro.wordpress.com/
Ho percepito questo lavoro come una sorta di costellazione visiva di disegni che si componevano assieme l’un l’altro in un sistema molto fragile.
Ogni foglio può essere considerato come un planisfero visivo i cui tratti sono organizzati in cerchi che segnano i confini di un caos controllato, mentre il colore che straborda in macchie ai margini, come rifiuto a una logica di ridimensionamento che si innesca per reazione.
E’ stata impressionante la percezione che ho avuto nell’impatto. Io stessa mi sono meravigliata: alle mani ho avuto un prurito che mi ricordava il legame che abbiamo noi con le monetine quando il nostro essere, la nostra acidità, entra in contatto con il nichel di cui è composta una moneta.
Sul blog lascio solo alcune foto. Potete trovare tutti gli scatti sull’album del mio Fb cliccando QUI
D a f n e from alessandro BRIGHETTI on Vimeo.
Adel Abidin “Ping pong” (Clip) (2009) from El-Sphere on Vimeo.
Fedor Marchushevic
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