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ArteFiera compie 40 anni: esplorazioni sempre nuove alle frontiere del contemporaneo
Creato il 24 febbraio 2016 da Artesplorando @artesplorandoUn evento composito che anno dopo anno sa rinnovarsi e sorprendere in positivo: ArteFiera rappresenta l’essenza dell’arte contemporanea e dimostra di non invecchiare, mai. Questo grazie alla collaborazione tra Bologna Fiere, Comune di Bologna e diverse istituzioni culturali cittadine: questo, negli anni, ha garantito il progressivo coinvolgimento di tutto il tessuto urbano alla manifestazione artistica. È così che quella che in origine doveva essere solo una fiera, ovvero un mercato dell’arte, si è trasformata in occasione celebrativa, espositiva e didattica. ArteFiera da qualche anno non è più solo punto di ritrovo per i collezionisti, ma anche evento imperdibile per tutti gli appassionati che vogliono mantenersi aggiornati, letteralmente, sullo “stato dell’arte”. Nei giorni della manifestazione, Bologna diventa una galleria en plein air: prima con Art First poi, dal 2013, con Art City, l’arte contemporanea si dissemina nei Palazzi e nei luoghi storici del centro, creando un esclusivo percorso espositivo che attrae con le sue sorprese inaspettate.
Probabilmente, uno dei segreti che ha portato ArteFiera al successo di quest’anno con 58mila visitatori è anche la diffusione online dell’evento, attraverso i social network su cui sono proliferati decine contenuti (video, foto, commenti) professionali o amatoriali. Con l’hashtag #artefiera, #artefiera2016 e #artefieraselfie i visitatori hanno potuto costruire il proprio racconto dell’evento e interagire con esso. L’interattività ha dunque fatto il paio con la multimedialità (attraverso giornali, riviste, social network, televisioni, radio, …) per garantire promozione, seguito e affluenza.
La kermesse si è aperta magnificamente giovedì 28 gennaio con l’incontro con Lindsay Kemp, storico performer inglese. Kemp ha parlato della propria arte e del rapporto con David Bowie, rievocato attraverso le musiche al pianoforte di Maurizio Baglini. Il ricordo è stato struggente e l’omaggio dovuto. Kemp ha anche auspicato che ArteFiera possa mantenersi e continuare per altri quaranta e più anni, specialmente come vetrina per dare la possibilità ai giovani artisti di farsi notare.
Venerdì 29 gennaio, invece, uno dei main event è stata la proiezione al Teatro Comunale di “Rivers of Fundament”, il kolossal mitologico post-contemporaneo creato dal genio esuberante di Matthew Barney, artista californiano laureato a Yale. Lo spettacolo è partito poco dopo le 17.30 ed è stato introdotto dall’intervento di Duccio Campagnoli. Il presidente di Bologna Fiere ha in particolare sottolineato l’esclusività di una proiezione filmica di grandi dimensioni nel Teatro Comunale di Bologna. Il film, uscito nel 2014 e presentato dal Manchester International Festival, è ormai considerato un capolavoro e nel 2015 è stato proiettato anche al MoCA (Museum of Contemporary Art) di Los Angeles.
Certo, la visione di un film così lungo e complesso è un’esperienza artistica del tutto unica, estremamente coinvolgente ma anche estenuante. E, per il regista, avendo quasi sei ore di girato da proiettare, sicuramente il problema è mantenere alta l’attenzione del pubblico. Come c’è riuscito? Il trucco è il repentino cambio di genere che si ha periodicamente durante il film. È così che assistiamo ad un'opera lirica che è una performance che è un concerto jazz che è un videoclip pop che è uno spot pubblicitario che è un musical che è un documentario. Davvero, all’interno di questo film sono compresi praticamente tutti i generi di spettacolo che conosciamo. Ma la vera protagonista è la musica: la sensibilità del compositore Jonathan Bepler, che ha curato la colonna sonora, è infatti raffinatissima. Anche la trama è affascinante e profonda, anche se la sovrabbondanza di materiale e la sovrapposizione di simbolismi lo rende piuttosto ermetico. Geniale ed eccentrica l’idea di ambientare un’epopea mitologica in fogne cittadine e concessionarie Chrysler. Memorabile la lunga scena del funerale di una Chrysler Imperial, in cui l’anima del protagonista si è reincarnata: una satira spiazzante del consumismo. La vera novità per l’estrosa pellicola di Barney, tuttavia, è stata l’associazione tra questo esempio perfettissimo di arte contemporanea e l’ambientazione tradizionale del teatro, che ha ospitato per questa occasione cinquecento persone di tutte le età.
Veniamo ora alla vera e propria parte fieristica. Partiamo dalla hall 32, quella più piccola ma anche piena di sorprese. Questa hall comprendeva le parti di fotografia, nuove proposte e solo show. Per la fotografia, da sottolineare la presenza di alcuni scatti provenienti dal lavoro “Eros” (2008) di Bruno Cattani, che illustrano con conturbanti chiaroscuri le sculture del Pergamon Museum e del Louvre. Segnaliamo anche il “Teatrino di cose” di Sergio Scabar (2015), sagome di misteriosi oggetti su sfondo nero ottenute con stampe alchemiche ai sali d’argento. Infine, lo stupendo omaggio a Giorgio Morandi di Joel Meyerowitz, che ha catturato oggetti del tutto simili a quelli studiati e dipinti dal pittore bolognese, raffigurandoli con le stesse ombre e le stesse inquadrature. Come per magia, grazie alla fotografia, gli oggetti presenti nello studio del maestro si materializzano davanti a noi.Per la sezione solo show, porto all’attenzione due artisti lontanissimi e tuttavia accomunati dal loro lavoro sul bianco e nero: Alberto Zilocchi con le sue tavole (Spazio Testoni, Bologna) e Alex Pinna con le sue sculture (Galleria Punto sull’Arte, Varese).
Alberto Zilocchi, artista bergamasco scomparso nel 1991, apparteneva all’ambiente del Bar Giamaica ed espose con Fontana, Castellani e Manzoni. Iscrivibile alla corrente dell’arte oggettuale, con i suoi monocromi bianchi ha portato avanti una rigorosa sperimentazione basata su giochi di forme, rilievi e ombre. Il risultato percepito è particolarmente armonico e delicato.
Alex Pinna, artista classe 1967 formatosi a Milano, è divenuto celebre grazie ai suoi personaggi fragili e introversi, rappresentati con varie tecniche plastiche (bronzo, corda, resina) ispirandosi alle sculture filiformi di Giacometti. Spesso raffigura i personaggi dei cartoni animati; tuttavia, il suo mondo fiabesco è del tutto disincantato e racconta di incantesimi svaniti e sogni infranti. Ad ArteFiera la galleria Punto sull’Arte ha esposto in particolare la sua nuova collezione “Foglie”.
Notevole anche il solo show dedicato a Mario Schifano della Galleria Maloni (San Benedetto del Tronto).
Nelle hall principali, 25 e 26, avevamo invece il dispiegamento di quasi 200 espositori, con la possibilità di trovare anche opere uniche di artisti storici che hanno illustrato il Novecento internazionale come (in ordine sparso) Giorgio De Chirico, Giorgio Morandi, Giacomo Balla, Fausto Melotti, Andy Warhol, Emilio Vedova, Arnaldo Pomodoro, Lucio Fontana, Michelangelo Pistoletto, Alberto Savinio, Filippo De Pisis, Gilberto Zorio, Lichtenstein, Fernando Botero, Joan Mirò, Gustav Klimt, Mimmo Rotella, Vettor Pisani, Luigi Ontani, Enrico Baj, Alighiero Boetti (la cui “Mappa del mondo. L'insensata corsa” è ormai un’icona della fiera).
Tra le proposte più recenti, meritano menzione “La Laocoonte” di Lea Monetti (Galleria del Laocoonte), una rielaborazione espressiva e drammatica dell’antico gruppo scultoreo “Laocoonte e i suoi figli”; i “Bla bla bla” sarcastici e colorati di Fabrizio Dusi, ormai da qualche anno protagonisti di ArteFiera; le composizioni di Nicola Bolla, che ritaglia e dispone in simmetria radiale le carte da gioco, con risultati vivaci e stranianti. Notevoli e intriganti anche le proposte ottico-cinetiche di Marina Apollonio, che non mancano di ipnotizzare letteralmente lo spettatore, e la “Wunderkammer” che gioca col buio e la luce di Massimo Catalani. Molto scalpore ha fatto quest’anno il duo italiano Blue and Joy con installazioni in alluminio che imitano aeroplanini o post-it di carta. Il loro concettuale ironico fa parlare i post-it, che rivelano di essere non di carta, ma d’alluminio, e dispone decine di aeroplanini di carta a raggera su una parete verticale, come se fossero appena “atterrati” lì.
Infine, per gli amanti delle installazioni luminose, oltre all’intramontabile Kosuth presente con “Texts for nothing #12” (La sua fioca inutile luce sarà l’ultima ad abbandonarli supponendo che li attenda il nero, 2010, Galleria Lia Rumma), citiamo anche Benjamin Bergmann, con la vivace “ME WE” (Galleria Michela Rizzo). Accosto a queste opere anche l’ingegnosa Genesi immaginata da Enrico Tommaso de Paris con una struttura schermi a led, luci e turbi argentei (“Genesis”, 2011).
Concludiamo il percorso con un’opera di Lorenzo Mariani (L’orMa, Galleria Spazio Testoni), vincitore del Premio Euromobil Under 30, che incanta con la bellezza poetica dei tarassachi. Giunti alla fine del percorso, non possiamo fare altro che complimentarci per la riuscita dell’evento, ed augurarci che questa festa dell’arte contemporanea, che ad ogni gennaio ravviva l’antica Bologna, diventi un appuntamento fisso e sempre più partecipato dagli amanti dell’arte di tutto il mondo.
Arianna Capirossi (hashtag #aryartefiera)
Mi chiamo Arianna Capirossi, ho studiato Lettere all'Università di Bologna e sono attualmente iscritta al Dottorato di Letteratura italiana del Rinascimento all'Università di Firenze. Da sempre appassionata di arte e letteratura, mi interesso di divulgazione culturale e per questo mi adopero per garantire la promozione del nostro patrimonio artistico soprattutto (ma non solo) online.