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Arthur rimbaud poesie vi

Creato il 25 luglio 2013 da Marvigar4

Poésies

ARTHUR RIMBAUD

POESIE

Traduzione dall’originale in francese Poésies  

di Marco Vignolo Gargini

************************************************************

PRIMA SERATA

(Première soirée)

- Lei era assai svestita

e i grandi alberi indiscreti

buttavano sui vetri il loro fogliame

maliziosamente, vicino, vicino.

Seduta sulla mia grande sedia,

seminuda, incrociava le mani.

Sul pavimento rabbrividivano senza disagio

i suoi piedini minuti, minuti.

- Io guardavo, color della cera,

un piccolo raggio fuggiasco

svolazzare sul suo sorriso

e sui suoi seni, – mosca sul rosaio.

- Io baciavo le sue caviglie fini.

Lei un dolce riso brutale

che s’allungava in trilli luminosi,

un riso amabile di cristallo.

I piedini sotto la camicia

Trovarono scampo: “La fai finita!”

- La prima audacia concessa,

il riso fingeva di punire!

- Sommessi palpitanti sul mio labbro,

io baciavo i suoi occhi dolcemente:

- lei ritirò la sua testolina

indietro: “Oh! è meglio ancora!…

signorino, ho due parole da dirti…”

- il resto io glielo gettai sul seno

con un bacio, che la fece ridere

di un riso quieto, compiacente…

- Lei era assai svestita

e i grandi alberi indiscreti

buttavano sui vetri il loro fogliame

maliziosamente, vicino, vicino.

 

LE RISPOSTE DI NINA

(Les reparties de Nina)

.   .   .

LUI. Il tuo petto sul mio,

   eh? ce ne andremo,

respirando tutta l’aria

   nel fresco dei raggi.

Del bel mattino azzurro, che bagna

   nel vino del giorno?…

Quando il bosco in brividi goccia

   muto d’amore

da ogni ramo, verdi stille,

   le gemme chiare,

senti, nelle cose aperte

   fremere le carni:

tu immergerai nell’erba medica

   la tua vestaglia bianca,

nell’aria roseo questo blu che cerchia

   l’occhio tuo grande e nero,

innamorata della campagna,

   seminando ovunque,

come una mousse di champagne,

   il tuo riso matto:

ridendo di me, brutale nell’ebbrezza,

   che ti prenderò

così, – la bella treccia,

   oh! – che berrò

il tuo gusto di fragola e lampone,

   o carne in fiore!

Ridente al vento vivo che ti bacia

   come un predone,

alla rosa canina che ti stuzzica

   amabilmente:

ridente soprattutto, o pazzerella,

   del tuo amante!… 

.   .   .

[Diciassette anni! Sarai gioiosa!

Oh! i prati immensi,

la vasta campagna amorosa!

   - Dai, vieni più vicino!…]

- Il tuo petto sul mio,

   mischiate le voci,

lenti, raggiungeremo il burrone,

   poi le foreste!…

Poi, come una piccola morta,

   il cuore svenuto,

tu mi dirai di portarti

   con l’occhio socchiuso…

Io ti porterò, palpitante,

   nel sentiero:

l’uccello fischierà il suo andante:

   Au Noisetier

Io ti parlerò nella tua bocca;

   andrò, stringendo

il tuo corpo, di fanciulla sopita,

   ebbro di sangue

che scorre, blu, sotto la tua pelle bianca

   dai toni rosati:

e parlandoti la lingua franca…  

Guarda!… – tu lo sai…

Le nostre foreste sentiranno la linfa,

   e il sole

saprà d’oro zecchino nel loro gran sogno

   verde e vermiglio.

.   .   .

La sera?… Riprenderemo la strada

   bianca che percorre

svagata, come un gregge che bruca,

   tutto all’intorno

i bei frutteti dall’erba celeste,

   dai meli torti!

Sentire tutto in unione

   i loro profumi forti!

Noi torneremo al villaggio

   col cielo che s’oscura;

si sentirà odore di caglio

   nell’aria della sera;

si sentirà odore di stalla, piena

   di caldi letami,

piena d’un lento ritmo di aliti,

   e di grandi dorsi

che biancheggiano sotto una lucerna;

   e, proprio laggiù,

una mucca evacuerà, fiera,

   ad ogni passo…

- Gli occhiali della nonna

   e il suo lungo naso

nel messale; il boccale di birra

   cerchiato di piombo,

spumeggiante tra le grandi pipe

   che, spavaldamente,

fumano: i labbroni spaventosi

   che, fumanti ancora,

azzannano il prosciutto con le forchette

   a più non posso:

il fuoco che rischiara le cuccette

   e le cassapanche.

Le chiappe lustre e grasse

   d’un gran bimbone

che fruga, in ginocchio, nelle tazze

   col suo bianco faccione

sfiorato da un muso che gronda

   un tono grazioso

e slingua la faccia rotonda

   del caro moccioso…

[Nera, fiera sul bordo della sedia,

   dall’orrendo profilo,

una vecchia, davanti al camino,

   che fa il filo;]

Che cose vedremo, cara, 

   in queste stamberghe,

quando la fiamma illumina, chiara,

   le grigie finestre!…

- Poi, piccolo e tutto rannicchiato

   tra i lillà

neri e freschi: un vetro celato

   che ride là…

Tu verrai, tu verrai, io t’amo!

   Sarà bello.

Tu verrai, nevvero, e persino…

LEI. – E il mio ufficio?

15 agosto 1870



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