ARTHUR RIMBAUD
POESIE
Traduzione dall’originale in francese Poésies
di Marco Vignolo Gargini
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PRIMA SERATA
(Première soirée)
- Lei era assai svestita
e i grandi alberi indiscreti
buttavano sui vetri il loro fogliame
maliziosamente, vicino, vicino.
Seduta sulla mia grande sedia,
seminuda, incrociava le mani.
Sul pavimento rabbrividivano senza disagio
i suoi piedini minuti, minuti.
- Io guardavo, color della cera,
un piccolo raggio fuggiasco
svolazzare sul suo sorriso
e sui suoi seni, – mosca sul rosaio.
- Io baciavo le sue caviglie fini.
Lei un dolce riso brutale
che s’allungava in trilli luminosi,
un riso amabile di cristallo.
I piedini sotto la camicia
Trovarono scampo: “La fai finita!”
- La prima audacia concessa,
il riso fingeva di punire!
- Sommessi palpitanti sul mio labbro,
io baciavo i suoi occhi dolcemente:
- lei ritirò la sua testolina
indietro: “Oh! è meglio ancora!…
signorino, ho due parole da dirti…”
- il resto io glielo gettai sul seno
con un bacio, che la fece ridere
di un riso quieto, compiacente…
- Lei era assai svestita
e i grandi alberi indiscreti
buttavano sui vetri il loro fogliame
maliziosamente, vicino, vicino.
LE RISPOSTE DI NINA
(Les reparties de Nina)
. . .
LUI. Il tuo petto sul mio,
eh? ce ne andremo,
respirando tutta l’aria
nel fresco dei raggi.
Del bel mattino azzurro, che bagna
nel vino del giorno?…
Quando il bosco in brividi goccia
muto d’amore
da ogni ramo, verdi stille,
le gemme chiare,
senti, nelle cose aperte
fremere le carni:
tu immergerai nell’erba medica
la tua vestaglia bianca,
nell’aria roseo questo blu che cerchia
l’occhio tuo grande e nero,
innamorata della campagna,
seminando ovunque,
come una mousse di champagne,
il tuo riso matto:
ridendo di me, brutale nell’ebbrezza,
che ti prenderò
così, – la bella treccia,
oh! – che berrò
il tuo gusto di fragola e lampone,
o carne in fiore!
Ridente al vento vivo che ti bacia
come un predone,
alla rosa canina che ti stuzzica
amabilmente:
ridente soprattutto, o pazzerella,
del tuo amante!…
. . .
[Diciassette anni! Sarai gioiosa!
Oh! i prati immensi,
la vasta campagna amorosa!
- Dai, vieni più vicino!…]
- Il tuo petto sul mio,
mischiate le voci,
lenti, raggiungeremo il burrone,
poi le foreste!…
Poi, come una piccola morta,
il cuore svenuto,
tu mi dirai di portarti
con l’occhio socchiuso…
Io ti porterò, palpitante,
nel sentiero:
l’uccello fischierà il suo andante:
Au Noisetier…
Io ti parlerò nella tua bocca;
andrò, stringendo
il tuo corpo, di fanciulla sopita,
ebbro di sangue
che scorre, blu, sotto la tua pelle bianca
dai toni rosati:
e parlandoti la lingua franca…
Guarda!… – tu lo sai…
Le nostre foreste sentiranno la linfa,
e il sole
saprà d’oro zecchino nel loro gran sogno
verde e vermiglio.
. . .
La sera?… Riprenderemo la strada
bianca che percorre
svagata, come un gregge che bruca,
tutto all’intorno
i bei frutteti dall’erba celeste,
dai meli torti!
Sentire tutto in unione
i loro profumi forti!
Noi torneremo al villaggio
col cielo che s’oscura;
si sentirà odore di caglio
nell’aria della sera;
si sentirà odore di stalla, piena
di caldi letami,
piena d’un lento ritmo di aliti,
e di grandi dorsi
che biancheggiano sotto una lucerna;
e, proprio laggiù,
una mucca evacuerà, fiera,
ad ogni passo…
- Gli occhiali della nonna
e il suo lungo naso
nel messale; il boccale di birra
cerchiato di piombo,
spumeggiante tra le grandi pipe
che, spavaldamente,
fumano: i labbroni spaventosi
che, fumanti ancora,
azzannano il prosciutto con le forchette
a più non posso:
il fuoco che rischiara le cuccette
e le cassapanche.
Le chiappe lustre e grasse
d’un gran bimbone
che fruga, in ginocchio, nelle tazze
col suo bianco faccione
sfiorato da un muso che gronda
un tono grazioso
e slingua la faccia rotonda
del caro moccioso…
[Nera, fiera sul bordo della sedia,
dall’orrendo profilo,
una vecchia, davanti al camino,
che fa il filo;]
Che cose vedremo, cara,
in queste stamberghe,
quando la fiamma illumina, chiara,
le grigie finestre!…
- Poi, piccolo e tutto rannicchiato
tra i lillà
neri e freschi: un vetro celato
che ride là…
Tu verrai, tu verrai, io t’amo!
Sarà bello.
Tu verrai, nevvero, e persino…
LEI. – E il mio ufficio?
15 agosto 1870