Un’artista che mi ha sempre affascinato è Marina Abramovic.
Difficile per molti considerla artista, in fondo fa qualcosa che esula dal linguaggio artistico tradizionalmente inteso, ma racchiude in sè, diventa se stessa opera d’arte.
Usa il suo corpo per sperimentare direttamente il rapporto col proprio pubblico, non è semplicemente una questione emozionale, è qualcosa di ben più grande, ben più radicato nella vera e propria opera d’arte. Mette in mostra, tramite la sua persona e delle precise azioni, il contenuto che per anni è stato riportato sulla tela: il senso della vita, degli affetti, della morte; e non importa se questo provoca dolore, perchè il senso profondo dei suoi gesti è fatto di riflessioni su qualcosa che ha bisogno di essere detto, a partire dalla sua specifica situazione personale, come quando nel 1997 vince il Lone d’Oro alla Biennale di Venezia con “Balkan Baroque”, con un’opera che ha tutto fuorchè l’essere “artistica” nel senso che comunemente si intende, ma è la rappresentazione artistica degli orrori della guerra di Jugoslavia (Tre giorni in cima ad una montagna sanguinolenta di carcasse di mucca. Tre giorni passati a pulire ossa di animale.), così come lo è “The artist is present” del 2012, dove al MoMa di New York, osservare qualcuno per interminabili secondi fino a leggergli l’anima. Ci sarebbero infinite opere da citare, ma metterò le foto di alcune in calce a questo articolo, perchè queste due sono quelle che per me segnano di più il passato e il presente di quest’artista ma non solo, si tratta soprattutto di un sorprendente e fortissimo legame con la storia, motore principale di ogni artista.
Il fatto di essere presente lì, nella propria opera d’arte, è il tratto distintivo di questa performer, è l’elemento principe su cui fa leva e con il quale mette alla prova se stessa sulla sua contemporaneità.
Mi colpiva molto il senso di “The artist is present” il fatto che nella rapidità del mondo contemporaneo si fa fatica a fermarsi a riflettere su qualcosa, a pensare davvero alla persona che si ha di fronte. Io per prima mi rendo conto di avere il bisogno di fare mille cose in una giornata, che i tempi “morti” sono per me una perdita di tempo, che magari si sta parlando con qualcuno e la mente viaggia già a tremila altre cose che si devono fare, rischiando di non fare attenzione a quel che ci circonda, non dare la giusta attenzione alle persone che incontriamo, eppure basta poco, basta aver voglia di guardare come insegna Marina nella performance del 2012, proprio per questo e sempre di più mi viene facile capire perchè opere come questa, come le performance siano davvero opere d’arte, partrimonio del nostro tempo, col linguaggio del nostro tempo anche se nel loro essere fuori da ogni tempo.
Donata
Imponderabilia,1977 Balkan Baroque, 1997 The artist is present, 2012 The artist is present, 2012 Relation in Space, 1977