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Asiatica 2013 Vince “Television”

Creato il 26 ottobre 2013 da Tiziana Zita @Cletterarie

IMG_3178Ho iniziato con A Fallible Girl, un film girato da un inglese, che ha come protagonista una cinese ed è ambientato a Dubai. La quasi trentenne Lifei, insieme alla sua migliore amica Yaya, hanno avviato una coltivazione di funghi nel deserto. Lifei, che è a capo dell’impresa, si scontra contro mille difficoltà e malgrado ciò i conti non tornano e le spese superano i guadagni. Ben presto Yaya l’abbandona e torna alla precedente professione – ragazza di compagnia nei locali del karaoke – mentre Lifei continua ostinatamente, insieme al suo gruppo di lavoratori bengalesi, in una totale abnegazione. Il regista Conrad Clark ci racconta di aver usato solo attori non professionisti. La sua protagonista, dice, porta avanti una lotta economica ed è una donna molto forte e risoluta, è un boss che comanda degli uomini e non molla nonostante tutto. Nel brulicante miscuglio di razze che popolano Dubai non ci sono radici, ma solo rapporti economici e questo provoca un forte spaesamento.

A Fallible Girl
Il secondo è un film del Kazakistan. Dopo che è stato trovato il petrolio, il paese è diventato ricco, ci spiega il regista Adilkhan Yerzhanov, e sono stati fatti molti film commerciali. Il suo però non è un film commerciale ed è stato realizzato con 10 mila dollari. Constructors è la storia due fratelli e la loro sorellina che, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, vengono sfrattati e vanno ad accamparsi su un terreno che appartiene alla loro famiglia. Per evitare che il terreno venga espropriato dallo stato devono costruire almeno le fondamenta di una casa e così fanno, in uno sforzo estremo, rubando attrezzi e materiali ai vicini. Il regista dice che si sente molto legato al Neorealismo italiano che è il suo modello e il suo obiettivo.

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A questo punto c’è una vera chicca: tre cortometraggi del regista giapponese Shigeji Ogino: anno 1935. Sono tre piccoli film astratti con arabeschi e linee geometriche, ispirati dalle avanguardie artistiche (credo di aver riconosciuto un paio di Escher…): Rhythm, Propagate e An Expression, l’unico a colori. Sono molto belli, muti, ma sono stati proiettati con una sonorizzazione curata dal musicista Dario Khan.

Lui si chiama Payman Maadi e se avete l’impressione di averlo già visto è proprio così: è il protagonista di Una separazione, il bellissimo film di Asghar Farhadi che l’anno scorso ha vinto l’Oscar come miglior film straniero. Snow on Pines è il suo film di esordio alla regia e Maadi ci racconta che la sua realizzazione non è stata semplice: hanno lavorato alla sceneggiatura per quattro anni e sono stati bloccati per un anno e mezzo. Nel frattempo lui ha girato Una separazione.

SNOW ON PINES  2

Il film è in bianco e nero e ha avuto uno dei migliori direttori alla fotografia iraniani.
Una donna viene tradita dal marito e la sua migliore amica lo scopre, ma non le dice niente. Quando la donna scopre il tradimento, scopre pure che la sua amica lo sapeva e non le ha detto niente. C’è un confronto molto duro tra le due donne e la protagonista l’accusa di non essersi comportata come un’amica perché avrebbe dovuto dirglielo. L’altra si difende e spiega perché non lo ha fatto. Senza raccontare troppo del film, il regista alla fine ci dice che ha posto la questione via mail a 120, 130 amici, sia iraniani che americani, religiosi o meno: che cosa faresti se scoprissi che il marito della tua migliore amica la tradisce?
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Il 50 per cento ha risposto che glielo lo direbbe e il 50 per cento che non glielo direbbe, con una divisione geografica: gli asiatici hanno detto “No!”, o anche “Non lo so”, mentre gli occidentali hanno che sì, se sei un vero amico devi dirlo.
Si tratta di un interessante problema morale. Una sua amica, dice il regista, gli ha raccontato che in una situazione analoga lei lo ha detto, ma alla fine i due coniugi si sono riconciliati e l’amica ha troncato la relazione con lei. Insomma giusto o sbagliato dipende dalla situazione. Ti ci devi trovare. Ad esempio l’amica del film le dice che non sa se al posto suo avrebbe voluto saperlo.
Questo è solo uno dei conflitti proposti nel film che, pur essendo locale, ha un respiro universale: la storia potrebbe essere ambientata ovunque perché tratta del matrimonio, del tradimento, dell’amicizia. Affronta in modo semplice e delicato questi temi che il cinema italiano, nel suo narcisismo acido e corrosivo, non riesce più ad affrontare.

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Il regista Payman Maadi con l’interprete

Qualcuno fa notare che essere adultere in Iran è una questione molto grave ed è punita con la lapidazione, ma il regista difende il suo paese: le donne in Iran oggi hanno un grande ruolo, un ruolo importante. Ad esempio dei circa 120-130 film che vengono prodotti ogni anno, il 40 per cento sono girati da registe donne. Venti anni fa non era così. Dunque le donne sono molto apprezzate: non c’è un altro paese in cui abbiano questo spazio.
E ha ragione. In Italia, dove si producono lo stesso numero di film (che arrivano a 150 con le coproduzioni) quelli girati dalle donne si contano sulle dita di una mano sola. Qualcuno gli chiede se una donna abbia collaborato alla sceneggiatura e lui dice di no, ma suo padre era un avvocato e seguendolo, ha studiato e osservato i casi di tante donne reali. Tutto questo ce lo racconta mentre la sua bambina lo guarda seduta in prima fila e lui ogni tanto le lancia una furtiva occhiata complice.

the Stone - Versione 2
Min-su è un bravissimo giocatore di go, figlio di una giocatrice d’azzardo, il ragazzo è piuttosto sbandato. Non ha molta fiducia in se stesso e non sa se fare l’esame per diventare un giocatore professionista. Teme di essere in ritardo, di non essere all’altezza e poi, una volta passato l’esame, teme di diventare un professionista mediocre. Vive giocando a go a pagamento e viene così ingaggiato da un boss della malavita che gli chiede di insegnargli a giocare (se volete saperne di più del go leggete Shibumi su CLetterarie). Col tempo tra lui e il boss si stabilisce un
The Stone1
forte legame di stima e affetto che va oltre le lezioni di go. Da una parte c’è il boss in crisi che vorrebbe cambiare vita, dall’altra il ragazzo che non sa cosa fare ed è tentato dalla vita criminale. Le loro strade si intrecciano e si legano profondamente, mentre le regole del go si mescolano a quelle della vita. Il film The Stone del regista coreano Cho Se-rae è una storia di valori e di rapporti profondi, di vita e di morte. La Corea è forse il paese in cui questo gioco antichissimo e meraviglioso è oggi più sviluppato. E’ bello vedere delle partite, sentire il suono delle pietre sul goban (la tavola su cui si gioca). Trattandosi di uno dei giochi più estetici si presta ad essere ripreso. Il mio sospetto è che il regista sia un giocatore di go: a proposito in coreano si dice baduk.
TELEVISION  3
And the winner is… Television di Mostofa Sarwar Farooki, regista e sceneggiatore del Bagladesh. Il film inizia in uno scenario paradisiaco: su una barchetta che attraversa il fiume, un uomo sta epurando un giornale da tutte le immagini, soprattutto quelle femminili, comprendole con dei foglietti bianchi che ritaglia e ci incolla sopra. Segue la scena di una giornalista che intervista il capo del villaggio, uomo autorevole e barbuto, chiedendogli perché impedisce che la televisione entri nel suo paese. La risposta è che la tv mostra immagini senza vita (come dargli torto…). L’intervistatrice e la troupe sono divisi dal capo villaggio e i suoi uomini da un enorme lenzuolo bianco, dunque non si vedono e possono solo parlare. Il microfono è rivolto verso il lenzuolo. All’ennesima domanda che l’uomo giudica noiosa, si alza con tutta la sua corte e se ne va. Putroppo però nel villaggio sono tutti pazzi per la tv e tutti desiderano averla. Alla fine, quando un paesano di religione indù fa notare al capo che la sua religione non gli impedice di guardare la tv, il capo è costretto a dargli il permesso, ma col divieto categorico di farla vedere ai musulmani. La conseguenza è che la sua casa viene presa d’assedio da che tutti quelli che,

Marco Aureli organizzatore Asiatica

Marco Aureli organizzatore di Asiatica

bambini e non, vogliono sbirciare la tv. Al vecchio capo si pongono un sacco di questioni difficili, legate al progresso e alla tecnologia. Ad esempio i suoi compaesani vorrebbero anche il cellulare, che per il moemnto è consentito solo agli anziani. In particolare suo figlio lo vorrebbe per parlare con la sua fidanzata. Lei lo spinge a comprarlo e questo avrà tutta una serie di conseguenze. Il capo prega Allah perché gli indichi il giusto comportamento e inveisce contro quelli che hanno inventato questi congegni privi di senso in cui tutti restano intrappolati. Il modo di porre questi problemi è semplice e ingenuo, ma

The End
molto efficace, tanto che noi che stiamo già nel futuro avremmo voglia di dar ragione al vecchio capo che difende la sua civiltà e la sua cultura. Mescolata a tutto questo c’è anche una storia d’amore. Cosa rara, Television ha vinto sia il premio della giuria che quello del pubblico. Su YouTube si trova la versione integrale, il problema è che non ci sono i sottotitoli!


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