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Aspettando Picasso...

Da Suster
Sul chiudersi di un novembre che ha elargito luce dorata a volontà e giornate terse, una mattinata che si apriva uggiosa mi ha spinto a cercare il lato luminoso che spesso sfugge, il versante soleggiato, una specie di meridione dello spirito. Che non è sempre facile, ricordarsi di cercare la luce quando la tua esistenza di appare, anche solo per un attimo ingannevole, tinta di grigio. Routine, stasi esistenziale, mancanza di stimoli, niente energie per reagire, le giornate che si susseguono e tu macini ore davanti a uno schermo, aspettando che lei si svegli dal riposino pomeridiano, mentre le occasioni di poter fare mille e mille cose che ti eri proposta sfumano col passare dei minuti.
Come l'idea della mostra di Picasso. Sì sì, ci andiamo, che fretta c'è? Abbiamo tempo fino a febbraio, tanto.
Avevamo pure i biglietti per l'inaugurazione, guarda caso, era il giorno del mio compleanno. Ho dovuto battere in ritirata di fronte alle giuste proteste di una pupa costretta ad attendere i tempi iperdilatati degli ospiti d'onore, delle giacche e cravatte, delle foto al sindaco, delle illustri personalità, dei discorsi degli ideatori, degli omaggi ai finanziatori, e via dicendo. Poi più nulla.
Nel frattempo ci regaliamo un piacevole intermezzo.
Raccattata la mia amica Bidone, così detta non  certo perché sia un cesso, anche conosciuta al mondo del web come la ragazza degli scogli, e non certo perché sia una cozza, prendiamo al volo e acchiappandola per la coda, quest'altra mostra qui:
Aspettando Picasso...
Che ci sgattaiola sotto il naso, passando e ripassando sul Lungarno, ogni giorno, con la pupa che dal seggiolino mi addita il burattino che fa capolino dai manifesti esposti in facciata.
Un Pinocchio subconscio, inquietante come le sue metafore, di grilli e mantidi che copulano, di viluppi di spire serpentine, divoratore di se stesso, imprigionato nella materia, recisa, di un ciocco di legno, in cammino per la crescita, ma intrappolato dal mondo fittizio delle menzogne che si costruisce intorno.
Brandelli di fiaba abitano ora  ruderi di pubbliche affissioni, il rovescio della favola: incubi e visioni del Pinocchio-bambino che non vuole crescere.
Aspettando Picasso...
Aspettando Picasso...
Aspettando Picasso...Aspettando Picasso...
Aspettando Picasso...
Un burattino di legno che ci saluta, sorridente, al termine del percorso, abbandonato su una poltroncina bassa: quello che rimane è solo il suo involucro esterno; dove sarà, ora, il bambino-Pinocchio?
Aspettando Picasso...Ma io sbircio da una finestra sul piccolo cortile interno del palazzo, sbircio e trovo ancora un burattino, aggrappato alla lunga barba ispida di un accigliato Mangiafuoco. Quella sezione della mostra non è accessibile, come mai? C'è forse un burattino-Pinocchio che è riuscito a sfuggire alla necessità di crescere come un bambino vero? Ce l'hanno nascosto, ma io l'ho scorto, qui, dalla finestra.
Che dici, si potranno fare le foto all'interno della mostra? Boh!
Prendiamo atto del tempo e delle occasioni perse, sfogliando i cataloghi e le stampe del bookshop.
Aspettando Picasso...Aspettando Picasso...
Aspettando Picasso...Aspettando Picasso...
Aspettando Picasso...
Aspettando Picasso...E come bambine, ci perdiamo nei mondi dischiusi dall'arte e dalla fiaba.
Creare un'occasione di condivisione, un'esperienza da vivere con un'amica, un dono offerto dalla città, che basterebbe interrogare ogni tanto perché ci elargisca ottime risposte.
Una mail da mia sorella, infine:
Tornare bambini alla fase senso motoria dove il bimbo, come tu ben sai, scopre gli oggetti non per la loro vera utilità (il cucchiaio per un bambino potrebbe essere interessante perché utilizzato per divertire, non perché ci aiuta a mangiare, il sasso raccolto sulla spiaggia è buono perché ha un buon sapore salmastro, è bello perché può essere lanciato ed ha un bel rumore, è utile se si vuole vedere l'effetto che fa quando cade nell'acqua o quando lo si fa scivolare su di essa. Ma come poter tornare bimbi facendosi domande che possono risultar banali, ma che possono sguinzagliare la fantasia anche di chi reputa non  essere fantasioso. La storia del sasso che era triste perché sapeva di sale e avrebbe preferito saper di acqua dolce e allora..."
Ed è così che oggi mi illumino.
Grazie a Stima per questa sua bella rubrica.

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