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Assassin’s Creed Chronicles: China – Benvenuta originalità

Da Videogiochi @ZGiochi
di Danilo Barbieri

Assassin’s Creed Chronicles: China è il primo di una trilogia che sarà rilasciata da qui a fine anno su PC, Xbox One e PlayStation 4. Sviluppato da Climax in collaborazione con Ubisoft Montrèal, il titolo è un platform stealth game in 2.5D che si fa forza del blasone del franchise, e purtroppo di altre poche idee. Abbastanza anonimo a dire il vero, le avventure di Shao Jun non ci hanno convinto pienamente, buona sicuramente l’idea e finalmente si fa strada un po’ di originalità, peccato per tutto il resto. Ma andiamo con ordine…

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Dalla Cina con furore

Il primo titolo nella saga di Assassin’s Creed Chronicles è ambientato nella Cina del 1526, all’inizio della caduta della dinastia Ming. Nel titolo vestiremo i panni di Shao Jun, l’ultima Assassina rimasta della Confraternita cinese, che ha deciso di tornare nel suo paese per vendicarsi. Nella cronologia della saga questo capitolo China si posiziona dopo gli eventi narrati in Assassin Creed: Embers, con alcune vicissitudini che legano la nostra protagonista al buon vecchio e caro Ezio Auditore. Raccontato attraverso vignette d’intermezzo ci siamo ritrovati decisamente spiazzati dalla bruttezza della storia in sé, e dal modo in cui questa viene raccontata. Nonostante ci troviamo a bastonare annualmente l’Assassin’s Creed di turno, c’è da dire che almeno ci dà una storia sulla quale si può parlare e confrontarsi, mentre in questo caso, le quattro battute di Shao Jun sono un brutto pretesto per cambiare paesaggio e continuare nella sua personale carneficina. Finendo il titolo quello che rimane, oltre ad un New Game+ con un livello di difficoltà più alto, è veramente poco, mentre la voglia di dimenticare e riprendersi indietro i soldi (per fortuna pochi) è tanta.

Se possiamo stendere un velo pietoso su questa prima parte, per quanto riguarda il gameplay invece troviamo spunti decisamente più interessanti. Una delle prime a saltare agli occhi è difatti la somiglianza con i capitoli principali. Climax è riuscita, a nostro avviso molto bene, ad adattare le meccaniche della saga in gioco basato su una struttura 2.5D, e in questo particolare caso tutti gli amanti del brand non potranno che trovarsi a loro agio una volta avviato Assassin’s Creed Chronicles: China. Controlli praticamente identici, salti della fede, arrampicate e un combat system indegno sono lì pronti a ricordarci che stiamo giocando ad un capitolo del franchise. In questo caso, nonostante la fase platform sia molto precisa, si denota una facilità di fondo tremenda, non solo perché gli agganci sono praticamente automatici, ma anche perché l’IA nemica è di una stupidità assurda.

Nasconditi, distrai, uccidi e ripeti

I nemici sono in realtà abbastanza attenti nel loro raggio visivo, sempre segnalato da un cono, ma i loro movimenti risultano essere pochi e sempre gli stessi, portandoci ad imparare in brevissimo tempo come superare ogni situazione, che magari all’inizio può sembrare impossibile. Una volta allertati, se entreremo nel loro campo visivo, quest’ultimi ci daranno la caccia per 10 secondi, senza ovviamente lasciare la loro zona di competenza, regalando un’agile e semplice fuga alla nostra assassina.

Sarà ovviamente possibile usare varie metodologie per richiamare il nemico, come il fischio, i petardi o iterazioni ambientali, per poi assassinarlo e magari nascondere il suo cadavere, ma nonostante questo la varietà delle situazioni risulta essere molto povera, portando ad una perdita di pazienza repentina dinnanzi alla solita scena già ripetuta un centinaio di volte nel corso del gioco. I vari nemici si diramano su più fronti, con scudieri, balestrieri e via dicendo, ma nessuno di loro è prettamente impossibile da abbattere e/o ci porterà ad un cambio di strategia. Ovviamente si può scegliere di affrontare, spada alla mano, i vari nemici, ma questo approccio non paga per niente. Prima di tutto perché il combat system, in stile run-of-the-mill, è veramente pessimo e secondariamente perché ci troveremo sempre in inferiorità numerica, con non poche difficoltà nel destreggiarsi su di un ripiano 2D contro svariati nemici. L’armamentario di Shao Jun, oltre ad essere molto povero non è abbastanza forte da permetterci un corpo a corpo con le varie guardie e in questo caso non resta che avviarsi verso un approccio stealth, il buon caro lineare e noioso stealth.

Ovviamente non mancheranno varie sfide o obiettivi secondari nel corso dell’avventura, diramata su circa cinque-sei ore, e i vari potenziamenti (sbloccabili attraverso il raggiungimento di determinate richieste come l’agire in modo furtivo o combattivo) ci daranno sicuramente una mano nei livelli a venire, purtroppo non ribaltando la linearità di fondo che affligge tutta la produzione Climax.

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Probabilmente ha stile, ma non si nota abbastanza

Per quanto riguarda il lato tecnico, anzi artistico, Assassin’s Creed Chronicles: China si dimostra nuovamente molto anonimo, e non così avvincente come i vari trailer facevano pensare. A parte un level design ottimo, che si destreggia su più livelli grazie alla struttura in 2.5D, le scene in slideshow sono pigre e pure i quadri in sé, che nonostante si facciano carico di paesaggi magnifici come la Città proibita e la Grande Muraglia, non riescono mai ad emozionare o dare quel tocco veramente artistico al prodotto, anche perché spesso mancano di dettagli, con sfondi slavati che danno un senso di monotonia e ancor più linearità al prodotto. Prodotto che molto probabilmente sfoggia tra i suoi punti di forza la unica e sola Shao Jun, che nonostante non sprizzi carattere è sicuramente realizzata in maniera maniacale dallo studio Climax, che per quanto riguarda questo Assassin’s Creed Chronicles: China ha lavorato sull’aspetto grafico fondendo le antiche tecniche di pittura cinesi del XVI secolo con alcuni stili impressionisti più moderni. Insomma, a noi non ha convinto pienamente, nonostante la sciarpa rossa di Shao Jun ci sia piaciuta un sacco. Chiude il cerchio la colonna sonora e l’audio in generale: anonimo come il gioco stesso, mai incalzante o memorabile nel corso di tutta la durata dell’avventura. Per le scene d’intermezzo invece abbiamo pure un doppiaggio in inglese ( il gioco è sottotitolato in italiano, anche se c’è ben poco da leggere) con dialoghi che non catturano nessun interesse, così come per la storia e per la povera protagonista.

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