Ma questo nuovo biglietto per l'Orient Express ne vale totalmente il prezzo.
Siamo nella 12a - e penultima - serie di Poirot, di imminente messa in onda anche in Italia e l'episodio chiude la stagione con un David Suchet semplicemente divino nella sua magistrale interpretazione del piccolo ometto ficcanaso e belga.
Passeggero infilato sulla carrozza in maniera coatta, catapultato in una comitiva di persone che fanno a gara nel sembrare le più strane e misteriose, guardato in cagnesco da certuni, adescato volgarmente dalla vittima con mazzette di denaro per ottenere la sua protezione, sballottato tra le pareti dei vagoni dall'incedere incerto a causa dei massi di neve, quello di Suchet è un investigatore triste, affaticato, ormai maturo in vista della sua prossima e ultima avventura.. Per tutto il film, non concede nemmeno un sorriso, non ammicca, non coglie le perle ironiche lanciategli dagli altri passeggeri. Non è più disposto a scherzare, Poirot.
Orfano dell'amico Hastings e della fidata segreteria Miss Lemon, solo con le sue cellule grigie in mezzo a gente che mente in modo spudorato per coprire un piano criminoso, sigillato suo malgrado tra persone che congiurano e cercano di farlo fesso, il detective ha dalla sua quell'arma indiscutibile, distruttiva della menzogna, che è la sua mente intuitiva.
E' la prima volta che Poirot si farà a tal punto coinvolgere in un caleidoscopio di sotterfugi, morale e religione da lasciarsi andare alle lacrime. E' la prima volta che Poirot si lascia sopraffare dalle lacrime. Non era mai successo.
Io detesto i remake e quella loro assurda pretesa di fare di meglio degli originali, finendo invece col cestinarne gli aspetti più sorprendenti. Ma questo non è un remake qualunque. Questo è un capolavoro. Gli attori inglesi non fanno rimpiangere per nulla quelli indubbiamente più glamour che Hollywood all'epoca aveva messo sul piatto di Sidney Lumet.