Nel vertice dell’Ocse che si è tenuto in questi giorni ad Astana, capitale della Repubblica del Kazakhstan, una delle dichiarazioni illuminanti rilasciate dal nostro premier ha riguardato il “sovrano” incontrastato di questo stato asiatico, il presidentissimo Nursultan Nazarbayev, del quale ha detto : “(…) Ci dobbiamo tutti ispirare al Kazakistan, un esempio di tolleranza e rispetto reciproco nel solco dei valori dell’Osce. Qui convivono 130 etnie e 46 fedi religiose. E dobbiamo prendere esempio da Nazarbayev, padre nobile del disarmo che quando cadde l’Urss cedette volontariamente il quarto arsenale nucleare del mondo. Ho visto i sondaggi fatti da una autorità indipendente che ti hanno assegnato, Nursultan, il 92% di stima e amore del tuo popolo. E’ un consenso che non può non basarsi sui fatti.” (da Il Messaggero.it).
Tenuto conto che il Kazakhstan è al centro degli interessi economici internazionali, date le sue cospicue (a dir poco…) riserve di gas naturale e di petrolio, tali “sospiri amorosi” non sorprendono. Tutti gli stati del cosiddetto “mondo libero e democratico” (?) sono a parole molto sensibili alle questioni riguardanti i diritti umani, la tutela ambientale, l’evoluzione democratica, poi nei fatti concreti e quotidiani si continuano a tessere rapporti commerciali ed industriali con “chiunque”.
Ma la colpa è da ricercarsi nel nostro modello di vita, nella nostra necessità di avere a disposizione quelle risorse, come il gas per cucinare e riscaldarci, o la benzina per muovere le nostre macchine, a qualunque costo.
In tal senso, anche il sottoscritto è colpevole.
Ma questo è un discorso che ci porterebbe troppo lontano, e questo blog da cinque lettori e mezzo non è probabilmente la sede più opportuna per farlo.
Preferisco allora sottoporre all’attenzione dei suindicati cinque lettori e mezzo qualche ulteriore “pillola”:
Secondo il rapporto 2010 redatto da Amnesty International “(…) Nonostante le modifiche apportate ai codici penale e di procedura penale per porre un freno alle pratiche illegittime, alla tortura e altri maltrattamenti hanno continuato a essere ampiamente diffusi. Non è cessata la prassi di ammettere come prova nei processi penali confessioni presumibilmente estorte sotto tortura, nonché la detenzione non registrata di persone oltre le tre ore consentite dal diritto interno. Non è stata affrontata la mancanza di una chiara definizione di detenzione, a dispetto delle raccomandazioni del Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura del novembre 2008. Dopo la visita in Kazakistan effettuata nel maggio 2009, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura ha dichiarato di “aver raccolto molte denunce credibili di percosse con mani e pugni, bottiglie di plastica riempite di sabbia e manganelli in uso alla polizia e di calci, asfissia con sacchetti di plastica e maschere antigas utilizzate per ottenere confessioni dai sospettati. In diversi casi, tali affermazioni sono state avvalorate da referti di medicina legale”. (…)”.
E ancora “(…) Il servizio di sicurezza nazionale (Nss), che effettua operazioni speciali in materia di sicurezza nazionale e corruzione, ha continuato a utilizzare le operazioni antiterrorismo per colpire gruppi di minoranza, percepiti come minaccia alla sicurezza nazionale e della regione. Tra i gruppi più perseguiti vi sono stati richiedenti asilo e rifugiati dall’Uzbekistan e membri o presunti membri di gruppi islamici o di partiti islamisti non registrati o al bando. Alcuni esponenti politici di alto profilo coinvolti in operazioni anticorruzione hanno continuato a essere detenuti arbitrariamente e in incommunicado.”.
Secondo quanto ci dice la CIA (l’agenzia di sicurezza dello Stato che ha recentemente sancito come il nostro Berlusconi debba esser considerato “il miglior amico dell’America”), nel suo “World Factbook” nella parte dedicata al Kazakhstan:
“(…) state owns nearly all radio and TV transmission facilities and operates national TV and radio networks; nearly all nationwide TV networks are wholly or partly owned by the government; some former state-owned media outlets have been privatized and are controlled by the president’s daughter, who heads the Khabar Agency that runs multiple TV and radio stations; (…)”.
A livello personale, durante la mia permanenza lavorativa in Kazakhstan, in cantieri e in città, ho avuto modo ogni tanto di saggiare le opinioni dei colleghi e amici kazaki sul loro Presidente, sul loro governo.
Mi è rimasta impressa una cena con due ex colleghe, dove una (di origine cecena, nata a Grozny) quando le ho chiesto un’opinione sull’operato di Nazarbayev mi rispose entusiasta: “Ah…è praticamente perfetto. E’ il nostro leader, e ci sta portando verso un destino glorioso. Secondo me se lo seguiamo riusciremo in tutto”.
Risposi, incuriosito tanto dalla sua scollatura quanto dalle sue convinzioni : “Beh, ma non siete preoccupati di vivere in un regime autoritario, dove l’esercito gira abitualmente per le strade e il vostro Presidente ha appena modificato la costituzione per garantirsi il proprio ruolo a vita?”
E lei, di rimando: “E allora speriamo che abbia lunga vita, veramente.”.
Durante una passeggiata dalla mensa agli uffici, nel cantiere di Kuryk, situato lungo la costa occidentale del Kazakhstan, quando chiesi opinioni sull’operato del loro governo ad un paio di colleghi kazaki, bonariamente e con pacche sulle spalle mi risposero: “Il governo va bene, non c’è bisogno di parlarne. Voi italiani…sempre a parlare di questo o di quello, sempre curiosi…”.
Fortunatamente, c’è qualche voce dissonante: ricordo una giovane ragazza che, lavorando nell’hotel di Atyrau dove abitualmente risiedevo per pagarsi gli studi all’università pubblica, una sera a cena mi confidò : “Qui è un disastro. C’è troppa corruzione, solo se paghi e hai i soldi riesci ad avere quello che ti spetterebbe di diritto. E sul nostro Presidente? Lasciamo stare, meglio….”.
E un’altra collega, alla fine di un’intensa giornata lavorativa, mi confidò: “Qui tutti apertamente dicono di sostenere Nazarbayev, ma in realtà tra di noi, quando siamo sicuri che chi ci ascolta è veramente fidato, spesso manifestiamo opinioni radicalmente opposte….”.
A proposito, è notizia odierna il fallimento del vertice Ocse andato in scena ad Astana, Kazakhstan: “(…) Non è stato trovato dunque un accordo su un documento finale che contenga almeno forme di verificabilità del rispetto dei diritti umani in tutti i 58 paesi dell’Osce così come chiesto da Stati Uniti, Svezia ed altri paesi tra i quali Spagna, Norvegia e Finlandia. Fallita anche la trattativa che avrebbe dovuto porre fine al caso Georgia così ai conflitti congelati del Nagorno-Karabak e del Trans-Dniepr.” (dal Corriere.it).
Poka!
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