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Asterisk: nasce una nuova casa editrice

Creato il 01 novembre 2012 da Martatraverso

Premessa: giovedì 15 novembre, come sto già diffusamente blog-social-dicendo, terrò un workshop a Librinnovando insieme ad Arturo Robertazzi sul ruolo che web e social media rivestono nella comunicazione di una casa editrice e dei suoi autori.
Quale migliore occasione, dunque, per raccontare la nascita di una nuova casa editrice? Un evento che - alla faccia della crisi e dei dati sconfortanti su quanto (non) si legge in Italia - mi fa sempre molto sorridere, soprattutto quando a lanciarsi in questa impresa è un amico e un blogger che stimo moltissimo: ho dunque fatto qualche domanda ad Alessio Neri, più noto sul web come la mente di Editoria Crossmediale e da oggi anche mente di Asterisk Edizioni.
Gli ho fatto qualche domandina, per saperne di più su questa avventura :-) 
1. Partiamo da lontano: com'è nato il tuo interesse per il settore editoriale, che ti ha portato anzitutto a creare Editoria Crossmediale?
Sono da sempre stato interessato al mondo editoriale e al rapporto tra “contenuti” e “tecnologie”. Da piccolo volevo fare il giornalista. Poi ho studiato comunicazione e mi sono laureato con una tesi sulla possibile “convivenza tra blog e redazioni tradizionali”. 
Sono blogger da tanti anni e ho fondato insieme ad altri amici blog collettivi e magazine online.
Editoria Crossmediale ha preso forma nella mia mente subito dopo che mia cugina appena maggiorenne, il giorno di natale dello scorso anno, mi raccontò di aver letto decine di libri con lo smartphone e il computer. E‘ stato lì che ho sentito la necessità di capire come il digitale stava cambiando il mondo del libro. Da quello che sto imparando sta nascendo Asterisk edizioni.
2. Qual è la linea editoriale di Asterisk? Cosa dobbiamo aspettarci da questo nuovo progetto?
Il claim di Asterisk è “Attraversiamo media, culture, territori”. L’idea è di pubblicare progetti editoriali che abbiano come concetto base “l’attraversamento”. Nella parola media rientra il racconto delle innovazioni tecnologiche nel mondo dell’editoria a tutto tondo; attraverso la parola culture vogliamo occuparci della conoscenza nelle sue infinite accezioni, perché è fatta da tante particelle ed è scoprendole che ci si forma una cultura complessa; infine, parliamo di territori perché tante culture nascono e si sviluppano in un determinato luogo. Ma l’idea è anche che prodotti editoriali pensati in digitale possano essere diffusi in maniera integrata su diverse piattaforme.
Filosofie a parte ci occuperemo di ebook, siti web e applicazioni mobile nel settore dei reportage e dei racconti di viaggio (anche fotografici), di tematiche legate all’innovazione tecnologica nel mondo della conoscenza, saggistica e inchieste locali e iperlocali.
3. Social network: quanti, quali e come usarli?
Usarne tanti, ma non a caso. Premettendo che il contenuto è sempre il pilastro principale di ogni genere di comunicazione, bisogna anche usare gli strumenti più adatti per veicolare un determinato messaggio. E così: con Pinterest si lavora soprattutto di immagini promozionali e che facciano comprendere qual è l’identità che ci stiamo costruendo con la pratica quotidiana. Con Facebook si interagisce a tutto tondo, soprattutto sulle tematiche specifiche di ogni singolo prodotto ma anche stimolando l’engagement di molti che non conoscono ancora l’editoria digitale. Twitter invece è perfetto per conoscere gente da cui imparare, e anche tanto!
Sicuramente useremo anche Flickr e Youtube per promuovere singoli prodotti. Su aNobii faremo conoscere i nostri titoli e chiederemo ai lettori di dirci cosa ne pensano con le loro recensioni. E poi c’è tutto quel mondo specializzato nel social reading attorno al quale abbiamo ancora tanto da ragionare.
4. Quale valore aggiunto offrono i social network a una casa editrice?
Possono offrire tanto come possono offrire niente. Dipende da come e quanto li usi. Certamente favoriscono il passaparola, la promozione P2P di un prodotto o di un brand. Alcuni sembrano fatti apposta per mettere in piedi un dialogo tra la casa editrice e i suoi lettori. Una volta che ci stai dentro i social network raccontano qualcosa di te. Per questo è importante per una casa editrice “sapersi raccontare”.
5. Tre cose (belle) che hai imparato sul digitale.
Ho imparato che: 
- è facile condividere conoscenza e imparare “insieme”!
- la multimedialità è una ricchezza, qualunque sia la forma che assume la conoscenza
- essere scrupolosi e fare attenzione a tutto è importantissimo. Se fai un errore può diffondersi in maniera velocissima e non ci puoi fare niente.
Del digitale però c’è anche qualcosa che mi fa un po’ paura. Per citare una battuta di un personaggio di Crozza, temo davvero che nel 2025 anche “la besciamella sarà touch screen”...

6. Tre traguardi che il digitale non ha ancora raggiunto, almeno in Italia.
Dal punto di vista dei lettori, sicuramente un libro digitale non viene considerato “bello da leggere” come un libro di carta
Dal punto di vista degli editori, sicuramente in molti manca la consapevolezza dell’esistenza di nuove competenze, e quindi di nuovi tipi di lavoratori e mansioni da svolgere per una produzione davvero digitale. Mi riferisco chiaramente agli editori tradizionali. E soprattutto, ancora per molti non è chiaro che il lavoro si paga anche se consiste “nello smanettare sul computer e nel perdere tempo su internet e Facebook”.
Dal punto di vista della tecnologia, non esistono ancora ereader che rilasciano profumo di carta stampata mentre leggi, ma secondo me ci arriveremo e a quel punto qualcuno dovrà ricredersi sul libro “come oggetto”.

7. Domanda impertinente: ma tu, i libri di carta, li leggi?
Certo! Per adesso leggo ancora più su carta che su digitale. Mi piace ancora sottolineare a matita quando studio qualcosa e anche interagire col testo scrivendo a mano le mie considerazioni nei bordi delle pagine anche se sempre più spesso mi capita di studiare su ebook. 
Per quanto riguarda la lettura nel tempo libero, adesso sto leggendo un libro di carta. Quello prima era un ebook. Insomma, credo che nelle mie abitudini carta e digitale abbiano raggiunto pari opportunità di lettura.
Una volta twittai una domanda scomoda alla quale non ho ricevuto risposte. Te la ripropongo così magari qualcuno dei lettori del tuo blog potrà darmi una risposta. 
Se quando si parla di tecnologie la domanda non fosse “meglio carta o digitale” ma “meglio la matita o il dito?”, voi cosa rispondereste?

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