Sono i pirati più sfortunati della storia del fumetto. Ovunque navighino, finiscono con l'incontrare Asterix ed Obelix, i celebri (e forzutissimi) Galli creati da René Goscinny ed Albert Uderzo nel 1959 ma che continuano ad affascinarci e farci sorridere dopo oltre cinquant'anni di storie, anche grazie a questa strepitosa combriccola di comprimari.
Apparsi per la prima volta nell'albo Asterix gladiatore (1964) nell'atto di attaccare una nave fenicia, hanno la malasorte di incrociare quella su cui si sono imbarcati Asterix ed Obelix. Qui fanno conoscenza con la potenza distruttiva dei guerrieri galli, in grado di tenere in scacco le legioni romane di Cesare grazie alla pozione magica cucinata dal druido Panoramix. Grazie alla loro forza sovrumana, Asterix e (soprattutto) Obelix mandano in pezzi il battello dei pirati che si ritrovano a galleggiare fra i relitti. Stessa scena al termine della storia, quando gli eroi sono sulla strada del ritorno. La sorte dei pirati sbatte ancora contro i pugni del trasportatore di menhir.
Babà e i suoi fratelli
Questa stessa situazione sarà il canovaccio ricorrente dei successivi incontri/scontri che, negli oltre cinquant'anni d'avventure editoriali di Asterix & co. hanno fatto sorridere milioni di lettori in tutto il mondo.
Dopo aver incrociato i guerrieri Galli in Asterix ed il giro di Gallia (1965), la ciurma corsara ha imparato la lezione e decide di evitare accuratamente galere fenicie, romane e galliche. Così in navigazione placida verso l'Egitto in Asterix e Cleopatra (1965), si imbattono in una nave locale. Sembra l'occasione giusta per rifarsi, si preparano all'arrembaggio, ma...
Impossibile! Impossibile, sono ancora loro! Fuggiamo finché siamo in tempo!
Grida disperato il capo dei pirati, avvistando il "ciccione" gallo a babordo della feluca, ma è troppo tardi. Nella più classica delle agnizioni, anche Obelix ha riconosciuto i pirati e li acclama festosamente, come ogni volta che trova qualcuno "disposto" a farsi randellare al pari dei suoi amati soldati romani:
Sono loro Asterix! Sono loro! Uh, uh, siamo qua!...
Negli episodi e nei lustri seguenti, gli scontri si ripetono inderogabilmente. I pirati sembrano aver ormai raggiunto un distacco filosofico, nel loro perenne naufragare, aggrappati a brandelli di barca. Non conosciamo di preciso i nomi dalla ciurma - a parte la vedetta di colore, chiamato Babà -, ma conosciamo perfettamente la loro espressione di stupore, mista a paura, quando nell'abbordare una galera scoprono, a bordo, i temibili galli. Tanto che, in Asterix ed il paiolo (1969), seppellite tutte le velleità corsare, ci vengono presentati come i gestori di un ristorante per turisti a forma di nave. Quando sul luogo arrivano però i soliti Asterix e Obelix, i pirati decidono di "non dargli soddisfazione", ed autodistruggono il locale!
Teatro Kabuki in salsa gallica
L'elenco delle storie e delle variazioni potrebbe continuare a lungo. Ma, già così, il quadro d'insieme risulta chiaro. Il micro - racconto dei pirati è uno degli esempi più riusciti di come la serie di Goscinny e Uderzo, basata su una formula narrativa, tutto sommato, semplice, abbia saputo al tempo stesso creare un gioco raffinato di "complicità" con generazioni diverse di lettori.
Da un lato, le gag ricorrenti dimostrano come in Asterix trionfi quel "ritorno dell'identico" che Umberto Eco identifica come caratteristica fondante delle narrazioni seriali (cinema, tv, fumetti):
nella serie l'utente crede di godere della novità della storia mentre di fatto gode per il ricorrere di uno schema narrativo costante ed è soddisfatto dal ritrovare un personaggio noto, con i propri tic, le proprie frasi fatte, le proprie tecniche di risolvere i problemi... La serie in tal senso risponde al bisogno infantile, ma non per questo morboso, di riudire sempre la stessa storia, di ritrovarsi consolati dal ritorno dell'identico, superficialmente mascherato.
Dall'altro, i pirati ci permettono di cogliere quando questo schema classico possa arricchirsi di sfumature, di colori, di accenti, grazie al progressivo sedimentarsi di memorie comuni tra autori e pubblico, storia dopo storia, anno dopo anno.
E' evidente che, ogni volta che in una storia di Asterix compaiono uno specchio d'acqua e un viaggio marittimo, il lettore è portato ormai ad aspettarsi, entro qualche vignetta, la comparsa della iellattissima ciurma corsara. Ma il lettore non sa mai quale sarà la cifra della gag: conosce il "cosa", ma ogni volta divertito attende e scopre diversi "come" e "quando". Nella serialità di Asterix trionfa insomma la sensibilità neobarocca descritta dal semiologo Omar Calabrese:
Come nel teatro Kabuki, sarà allora la minuscola variante quella che produrrà piacere del testo, o la forma della ripetizione ritmica, o il mutamento di organizzazione interna.
Un destino, una zattera
Ovviamente quanto detto non riguarda sono la gag dei pirati che, infatti, non compaiono in tutti gli episodi.
L'architettura narrativa di Asterix è un'impalcatura complessa e raffinata in cui di questi micro-racconti ricorrenti se ne contano a dozzine.
C'è il pescivendolo Ordinalfabetix che prende (letteralmente) a pesci in faccia il fabbro Automatix, reo di dubitare della freschezza dei suoi prodotti ittici. Ci sono le trovate ingenue escogitate da Obelix per raggirare Panoramix e sorseggiare l'agognata pozione magica. C'è il bardo stonato Assurancetourix che, durante il banchetto finale, finisce imbavagliato e legato in un cantuccio...
C'è. Ci sono. Da cinquant'anni, questi micro-racconti si alterano all'interno delle storie con puntuale e studiata periodicità. Nessun microracconto è strutturalmente indispensabile alla trama, tutti le sono funzionali.
Si potrebbe obiettare che questo gioco di complicità lasci escluso, anzi tenda a escludere, il lettore occasionale che si avvicini al singolo albo, ma non è del tutto vero. Se, certo, il lettore fedele resta - come in tutti i contesti seriali - il protagonista indiscusso del discorso, il racconto offre comunque "all'infedele" ampi margini di divertimento.
A riguardo, occorre ricordare che i Pirati nacquero in senso parodistico. Goscinny si era divertito a citare ironicamente una serie "seria" degli amici e colleghi cartoonist Charlier e Hubinon: Le démon des Caraibes. Ma anche chi non conosce la citazione fumettistica originaria, sorride della rappresentazione caricaturale dei corsari perché rimanda (e rovescia in commedia) l'intero immaginario piratesco, dai romanzi di Salgari alla serie cinematografica "Pirates of the Caribbean".
Anche le successive apparizioni delle ciurma sono condite da continui rimandi multiculturali, esterni alla saga gallica e godibili per un largo pubblico (soprattutto francofono). Tra i tanti ammiccamenti colti, basterà citare l'irresistibile gag di Asterix Legionario (1967), in cui l'usuale vignetta del naufragio dei pirati viene composta da un colossale Uderzo, come omaggio al celebre quadro di Géricault Radeau de la Medusé e il capo-pirata esclama con sconforto:
Sono stato medusato!
Insomma i pirati non sono indispensabili nelle storie di Asterix, ma rappresentano una delle migliori invenzioni figurative della serie. Sono uno degli ingredienti più gustosi di quella, speciale, pozione neobarocca che Goscinny e Uderzo, autentici druidi della serialità, hanno infuso nelle storie di Asterix & co e che, a oltre cinquant'anni dalla prima avventura, continua a dare alle vicende degli indomiti galli dell'Armorica un sapore unico.
Bibliografia minima
Calabrese Omar, L'età neobarocca, Laterza, Bari-Roma 1987.
D'Angelo Marco, "Ogni storia è una zattera" disponibile online al link: sonostorie.wordpress.com/2010/07/05/ogni-storia-e-una-zattera
Eco Umberto, ""L'innovazione nel seriale" in Sugli specchi e altri saggi, Bompiani, Milano 1985.
Feuerhahn, Nelly, "Astérix et les pirates: Une esthétique du naufrage pour rire" in Astérix. Un mythe et ses figures, Presses Universitaires de France, Parigi 1998.
Rouviére Nicolas, Astérix ou la parodie des identités, Flammarion, Parigi 2008.
Uderzo Albert, L'aventure d'Asterix, Albert-René, Paris 1984.