Magazine Cinema
Leigh è una giovane agente immobiliare sorella di Vera, una famosa pittrice.
Leigh non può avere figli e per questo vorrebbe che Vera ne avesse.
Mentre sta vendendo una casa vi rimane imprigionata e le appare Hannah che la uccide istantaneamente.
Vera indaga sulla misteriosa morte della sorella e arriva a quella casa dove fa lo stesso incontro.
Ma il Diavolo ha altri progetti per lei e Vera li conoscerà a tempo debito....
Due anni fa il regista e sceneggiatore Nicholas McCarthy aveva bene impressionato qui a bottega con The Pact ( se ne volete leggere ne parlammo a suo tempo qua ) , suo esordio nel lungometraggio ed espansione di un corto risalente all'anno prima, ottima variazione sul tema delle case infestate , un tentativo abbastanza riuscito di essere originale in un panorama parecchio inflazionato del genere in questione.
At the devil's door ( in giro si trova anche col titolo alternativo di Home, più allusivo) rappresenta un po' l'ideale continuazione delle tematiche già trattate in The Pact.
Due sorelle , i legami familiari, un passato che fa sentire la sua voce assordante in un presente nebuloso, tutto questo accomuna due film che hanno il pregio di avere una stessa connotazione stilistica, hanno la stessa mano ferma alle spalle che permette loro di non sbracare nel solito filmetto di paura o nel solito horrorazzo urlante.
Sia chiaro McCarthy dal punto di vista stilistico non è un innovatore: usa un armamentario iconografico che ha poco di originale ma ha una capacità e una sensibilità non comune di creare un clima ansiogeno come pochi rinunciando praticamente quasi del tutto alle boo sequences che hanno fatto la fortuna di film di successo come The Conjuring e del recentissimo Annabelle.
Diciamo che sono tre film che rappresentano le due facce di una stessa medaglia: da una parte At the devil's door con quel suo andamento sinuoso e perturbante che punta tutto sull'atmosfera e sulla suggestione di un qualcosa che non si vede e che non ha spiegazioni, dall'altra The Conjuring e Annabelle puntano tutto allo spavento improvviso, alla sequenza che ti gela all'istante il sangue nelle vene, che ti fa sentire il tuffo al cuore per la scarica d'adrenalina che lo colpisce.
Ti viene sbattuto tutto in faccia, senza tanti riguardi.
Entrambi usano un'iconografia ben riconoscibile ma in modo differente e hanno modi diversi per "colpire" lo spettatore.
Uno lo prende lentamente alla gola soffocandolo a poco a poco, gli altri due lo prendono letteralmente a pattoni, ceffoni fortissimi che lo lasciano esausto, come appena dopo essere uscito da una sera trascorsa al Luna Park.
In At the devil's door non ci sono i pattoni, c'è lo zolfo che il Gran Cornuto solleva in quantità industriale, ci sono poche terribili sequenze di violenza inaudita nascoste bene nei meandri di una narrazione non così scontata o banale.
La cosa che possiamo imputare però a questo film è una certa mancanza di coraggio , di evoluzione stilistica tenendo in considerazione il notevole exploit di The Pact.
E' come se McCarthy avesse avuto paura di rischiare e ha costruito due film che trattano tematiche superinflazionate nel genere horror ( case infestate nel primo caso, case infestate e possessioni demoniache nel secondo caso), ma che in un certo senso arrivano a specchiarsi tra di loro , è vero che hanno una continuità stilistica apprezzabile ma d'altra parte è innegabile che il regista non ha mostrato una grande evoluzione rispetto a The Pact, magari più acerbo stilisticamente ma anche più di impatto.
At the devil's door a tratti dà l'impressione di bearsi della propria costruzione, piuttosto complessa per trattarsi di un horror, quasi volesse aspirare a essere cinema altro, ma è apprezzabile comunque il non mostrare mai ( o quasi, ridicola la sequenza dell'ecografia, già vista per altro), il vero protagonista di tutto il film.
Il Diavolo.
McCarthy comunque ha un modo di girare che ha poco da spartire con quello dei colleghi di genere;: il ritmo non subisce mai impennate, le sequenze non sono martoriate da un montaggio triturante, mostra sempre un certo interesse nel tratteggiare e la quotidianità nuda e cruda, per evidenziare meglio le sue perturbazioni.
Non ha bisogno di ragazzini decerebrati che vanno nella casa tra i boschi o di bambolotti assassini.
Gli bastano anche una donna e una bambina che parlano all'interno della loro automobile.
Per fare paura basta anche far recitare qualche versetto dell'Apocalisse a quella bambina....
PERCHE' SI : apprezzabile continuità stilistica con The Pact, capacità nel creare un clima ansiogeno come pochi, non ci sono spiegoni trituranti,,,
PERCHE' NO : struttura narrativa insolitamente complessa che potrebbe allontanare qualche fan indefesso del genere horror, mancanza di evoluzione rispetto al primo film, impressione di un certo autocompiacimento..
( VOTO : 6,5 / 10 )
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