Sono sempre stata convinta che dentro a moltissimi libri si nascondano, più o meno velatamente, grandi viaggi. La letteratura che ci fanno studiare a scuola è spesso sottovalutata proprio perché ci viene imposta, ma come molti prima di me hanno detto: leggere è uno dei migliori modi di viaggiare.
Giorni fa me ne stavo a rimirare l’ennesima giornata di pioggia, cercando di vagare con la mente per cercare colore, tepore e un luogo dove stare a piedi nudi. Mentre ero presa dai miei sogni, mi è venuto in mente un articolo che avevo letto giorni prima dove un bravissimo scrittore italiano consigliava un libro di una scrittrice che non avevo mai sentito nominare.
Lei si chiama Judith Schalansky e il libro si intitola Altante delle Isole Remote.
Per me l’isola incarna il concetto stesso di viaggio perché costringe i viaggiatori a staccarsi dalla terra dalla quale si proviene in modo molto netto. Sì, lo so… anche con l’aereo ci si stacca da terra, ma un volo verso qualsiasi destinazione non mi dà la stessa sensazione che provo quando prendo un traghetto e mi dirigo verso qualche piccola terra chissà dove.
Quando ero piccola ero convinta che le isole fossero terre galleggianti e quasi quasi le temevo. Crescendo e viaggiando tanto ho capito che sono il mio elemento costitutivo.
Proprio per questo motivo, quando ho letto la sinossi del
libro di Judith Schalansky non ho potuto che acquistarlo e leggerlo. Si tratta di un testo che si legge con facilità, scorre proprio come i passi sulla strada e non è troppo lungo. L’autrice elenca, divise per zone geografiche, cinquanta isole così sperdute che lei è sicura di non andarci mai.Mentre leggevo io cercavo di immaginarmi ogni ambiente che descriveva. Il bello di questo libro è che non è una guida bensì un raccoglitore di storie. Per ogni isola vengono elencati dei dati oggettivi e scientifici come l’anno della scoperta, il passaggi di governo, la misura e, nel caso ci fossero, il numero di abitanti. Alcune isole avrebbero mille storia da raccontare, altre magari ne hanno solo una.
Certi luoghi elencati dalla Schalansky sono irraggiungibili, altri invece hanno addirittura delle piste di atterraggio.
La vera essenza di un viaggio verso un’isola sta nell’avvicinarsi ad essa lentamente dal mare. Quando l’estate scorsa andai alle Ebridi Esterne le vidi tutte, nel loro profilo basso e consumato dalla ere geologiche. Viaggiando per mare non si può scordare il momento in cui la terra compare e tu pensi che davanti a te hai un nuovo mondo da scoprire.
Atlante delle Isole Remote è un vero e proprio raccoglitore geografico di esperienze che mi hanno ricordato quei giorni, quando ero adolescente, nei quali mi perdevo ad osservare le carte geografiche e gli atlanti. In questo io e l’autrice siamo davvero molto simili e tutto ciò mi ha sorpreso.
Mi sono gustata questo libro proprio con la stessa voglia di scoprire qualcosa di nuovo, di prendere lo zaino e andare.
So per certo che molti di quei luoghi non accoglieranno mai i miei passi, ma nulla mi vieta di sognare nuove partenze e nuove imprese.
E, perché no, magari nuove storie per arricchire quell’atlante o per scriverne uno mio.
Questo libro è davvero un bel regalo per il cuore e la mente dei viaggiatori: alimenta il desiderio e la fantasia. Proprio come facevano i grandi libri di sognatori e viaggiatori come Jules Verne.
Ve lo consiglio con tutto il cuore. Se vi trovate in un momento di stallo e avete voglia di ricaricarvi, leggete Atlante delle Isole remote.
Come si dice nel libro, “Le rivoluzioni sono proclamate sulle navi. Le utopie sono vissute sulle isole“.