Un grande oceano – e l’Atlantico è un oceano davvero molto grande – dà un’impressione di salda permanenza. In qualunque punto ci si fermi per guardare il lontano orizzonte sopra i suoi flutti, subito si è cullati dal pensiero che esso è lì da sempre. Chiunque ami il mare – e di sicuro ci sarà una piccolissima minoranza che non lo ama – ha un luogo preferito in cui fermarsi e guardare: nel mio caso sono le Isole Fær Øer, nell’estremo Nord dell’Atlantico, dove tutto è freddo, piovoso e battuto dai venti. A modo loro, sono di una bellezza assoluta.
Diciotto isole, diciotto schegge di basalto nero con la superficie ghiacciata ricoperta di erba salata sferzata dai venti pericolosamente inclinate verso ovest, che costituiscono questo avamposto atlantico del Regno di Danimarca. Quarantamila pescatori e allevatori di pecore vi restano abbarbicati in un isolamento antico e ostinato, come i Vichinghi da cui discendono e del cui linguaggio ricalcano ancora le vestigia. La pioggia, il vento e la nebbia segnano le giornate di questi isolani – anche se di quando in quando, e praticamente tutti i pomeriggi di piena estate, le brume svaniscono, rimpiazzate da un cielo così terso e di un blu così limpido come solo alle latitudini più alte si può sperimentare.
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L’Oceano Atlantico è curiosamente simile a una grande S e deriva il suo nome da Atlantis, nome di un grandissimo oceano che si credeva circondasse interamente un’unica terra emersa. Il suo colore dominante è il grigio e non assomiglia per nulla al Pacifico o all’Indiano. E’ tardo nei movimenti, pesante nella regolarità dl suo respiro e dà un’impressione di salda permanenza, forse perché “in qualsiasi punto ci si fermi a guardare il lontano orizzonte sopra i suoi flutti, subito si è cullati dal pensiero che esso è lì da sempre”.
Atlantico di Simon Winchester vuole essere, in un certo modo, la biografia di questo spazio immenso, di un mare che ha determinato nel bene o nel male la vita di milioni di persone. L’Atlantico è stato fondamentale per le ambizioni di esploratori, scienziati, guerrieri e continua ancora ad a influenzarne atteggiamenti e sogni.
Poeti, veggenti, marinai o pescatori hanno un rapporto speciale con questo grande corpo di mare azzurro-verde e lo considerano amico o nemico, avversario o alleato, a seconda delle circostanze o della fortuna. Simon Winchester racconta questo straordinario rapporto partendo dalle origini del pianeta fino (370.000 mila anni fa) all’età delle esplorazioni e dalla seconda guerra mondiale fino all’inquinamento moderno.
Scrivere su un soggetto così grande e impegnativo come l’Oceano Atlantico richiede notevole potere descrittivo e Simon Winchester è decisamente all’altezza del compito. La sua “saga” è una lettura necessaria per capire quanto l’ambiente oceanico sia indispensabile per l’equilibrio ecologico del pianeta e per la vita dell’uomo.
Simon Winchester, Atlantico, traduzione di Jacopo M. Colucci, Adelphi edizioni 2013.