Magazine Società

attacco ai ricchi -uno

Creato il 24 maggio 2010 da Gaia

Io ritengo che la richezza sia una cosa profondamente immorale. Uno degli scopi della mia vita è convincere anche gli altri di questo, e raffinare le argomentazioni a proposito. Sto leggendo un libro dal titolo Perché i mega-ricchi stanno distruggendo il pianeta, del giornalista francese Hervé Kempf, ed è mia intenzione riassumerlo, dal momento che dice cose importanti e ancora troppo poco condivise. Inizio sottolineando che il titolo originale non parla di “mega-ricchi”, ma di riches,  e basta. Tradurre male e superficialmente è un’abitudine molto diffusa nel nostro paese, ma sarebbe interessante sapere perché l’editore ha ritenuto di aggiungere il prefisso “mega”. Il senso del libro invece è proprio questo: i ricchi siamo anche noi, e siamo noi il problema.
La premessa, interessante, di questo breve saggio, è che la questione sociale (le enormi disuguaglianze globali di reddito e accesso ai servizi), e quella ecologica (la distruzione della biosfera e il prosciugamento delle risorse) sono non solo strettamente legate, ma proprio “due facce del medesimo disastro”, di cui è colpevole una “casta dominante” , un “sistema di potere che non ha altro fine che il mantenimento dei privilegi delle classi dirigenti.”
Il primo capitolo è una lunga lista dei disastri ambientali della nostra era, segnali di una catastrofe ancora maggiore che potrebbe arrivare in qualsiasi momento. Brevissimamente: la sesta crisi d’estinzione delle specie viventi dovuta alla sistematica distruzione degli habitat; il riscaldamento globale; la desertificazione già galoppante in zone come l’Africa; l’invasione della plastica negli oceani (18.000 bottiglie di plastica per chilometro quadrato); l’aumento della sterilità… tutti questi fenomeni, spiega Kempf, non devono essere visti come crisi separate da risolvere a compartimenti stagni, ma come un unico fenomeno di distruzione galoppante e disastro incombente.
Tutto questo lo sappiamo già, e ci hanno più o meno spiegato quali potrebbero essere gli scenari futuri: epidemie, shock climatico, diminuzione delle zone abitabili con conseguenti migrazioni di massa, guerre per l’acapparamento delle risorse, aumento dei prezzi dell’energia, con tutte le conseguenze che questo può avere per l’economia, i trasporti, e la capacità di adattamento ai grandi cambiamenti che ci aspettano.
E qui si arriva alla questione interessante: perché, se si sa tutto questo, non si fa nulla? La mia personale risposta è che le persone, in gran parte, non credono finché non vedono, e quando vedranno sarà troppo tardi. A questo aggiungiamo che ci sono stati molti falsi allarmi apocalittici, epidemie annunciate e mai realizzate, per cui potremmo anche pensare: ma sì, ce la caveremo anche sta volta, oppure: parlano parlano e poi non succede niente. E vero, però, che i segnali delle conseguenze dell’inquinamento, dell’avvelenamento progressivo, della crescita della popolazione, della cementificazione, della deforestazione, e chi più ne ha più ne metta, sono già visibili. Purtroppo, come spiega Kempf, sono visibili soprattutto per i poveri del mondo, ma lontani dagli occhi delle “classi agiate”, quelle che detengono le leve del potere, non si rendono del tutto conto di cosa succede e preferiscono disinteressarsene, mentre chi subisce le conseguenze del disastro ambientale non ha voce in capitolo.
Le potenti elite manageriali e anche politiche, da parte loro, hanno competenze di tipo economico o politico, molto più che scientifico, per cui sono naturalmente portate a trascurare o sottovalutare le preoccupazioni degli scienziati, provenienti da una cultura estranea alla loro.
Un altro motivo è che il benessere materiale, in crescita costante a livello globale, è stato finora praticamente l’unico metro per misurare il progresso umano. Questo ci ha resi ciechi alla distruzione del pianeta, che, ormai lo sentiamo sempre più spesso, non viene conteggiata nel PIL. Quindi l’atteggiamento è: siamo sempre più ricchi e produttivi, perché dovremmo preoccuparci?
Infine, il crollo del comunismo ha lasciato spazio alla celebrazione del capitalismo come unico sistema possibile e vincente. L’alternativa della decrescita, o comunque la si voglia chiamare, è l’unica possibile e un orizzonte interessante e promettente, ma ancora minoritario. Soprattutto, deve passare per un’analisi della situazione attuale, altrimenti non si capisce il senso della critica ad un sistema e uno stile di vita che ci è sempre stato presentato come l’unico possibile e desiderabile.

(fine prima parte)


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

A proposito dell'autore


Gaia 251 condivisioni Vedi il suo profilo
Vedi il suo blog

L'autore non ha ancora riempito questo campo L'autore non ha ancora riempito questo campo

Magazine