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Attacco alla Siria: considerazioni e riflessioni di…

Creato il 27 agosto 2013 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Tomahawk_Block_IV_cruise_missileMichele Marsonet. E’ strano notare che i commenti contrari all’eventuale intervento occidentale in Siria sono più frequenti sulla stampa di destra rispetto a quella di sinistra. Strano perché sarebbe (credo) lecito attendersi il contrario, essendo il pacifismo più consono ai “progressisti” che ai “conservatori”.

Forse il mistero si può spiegare in base a ragioni umanitarie. Le immagini dei bambini avvelenati dai gas hanno colpito duro, e molti – facendo violenza alle proprie convinzioni – devono aver pensato che vanno bene pure Tomahawk e droni pur di fermare l’immonda strage. Ma il caso siriano è un giallo internazionale con molte sfaccettature. Difficile capire chi sia l’assassino, ammesso che ne esista solo uno.

Eppure il caos libico è lì a rammentarci la pericolosità degli interventi armati quando non si ha un quadro chiaro delle forze in gioco. In Libia due ex potenze coloniali, Francia e Regno Unito, partirono in quarta per abbattere il tiranno, ovviamente con l’appoggio militare e logistico degli Stati Uniti. Allora furono i tedeschi a osteggiare apertamente l’operazione defilandosi subito.

La situazione che si sta prospettando in questi giorni in riferimento al caso siriano è molto simile, anche se questa volta pare siano gli USA a prendere eventualmente l’iniziativa diretta con inglesi e francesi di rincalzo. La Germania è di nuovo contraria e Angela Merkel ha detto esplicitamente che si deve trovare una soluzione politica.

La storia, anche quella recentissima, non insegna mai niente. L’eliminazione di un dittatore può portare dalla tirannide al caos come avvenne con la caduta di Gheddafi. Si trascurò del tutto di valutare chi fossero realmente i ribelli, tanto che in alcune capitali occidentali si pensava addirittura di aver a che fare con sinceri democratici (e magari pure liberali).

In Siria la situazione è tutto sommato più chiara. E’ noto infatti che i fondamentalisti islamici hanno preso il sopravvento nelle forze Anti-Assad e che Al Qaida è presente in forze, sul terreno e a livello propagandistico. I dubbi sull’opportunità dell’intervento sono più che legittimi, e la situazione dev’essere davvero grave se perfino Magdi Cristiano Allam scrive: “Per fortuna che c’è la Russia di Putin che, a differenza dei governanti liquidatori dell’Occidente, ha chiaro in testa che la priorità deve essere la sconfitta del terrorismo islamico ovunque nel mondo, così come ha una ferma concezione sulla stabilità e la sicurezza della Siria e del Medio Oriente”.

Non occorrono commenti se appena si conoscono le idee di Allam. E ai tempi delle grandi illusioni sulle primavere arabe un altro conservatore, Franco Cardini, osservava che le rivolte erano invariabilmente indirizzate “contro Paesi musulmani retti da regimi che, se non democratici, sono (o erano) comunque grosso modo quel che noi – impropriamente – definiamo ‘laici’. Nemmeno uno dei ricchi e feroci tirannelli degli emirati, quelli che petrolio e turismo ha ormai resi arciopulenti e che sono interlocutori preziosi di banche e lobbies occidentali è stato rovesciato”.

Non si deve infine trascurare il ruolo della disinformazione, roba da servizi segreti di cui però i fondamentalisti sembrano essere diventati maestri. Con l’Occidente che abbocca sempre più spesso all’amo. Partiranno Tomahawk e droni? E li seguiranno come già in Libia gli aerei da guerra anglo-francesi? In quel caso si spera almeno che il nostro traballante governo segua l’esempio tedesco e non si faccia coinvolgere in un’avventura molto pericolosa e dagli esiti imprevedibili nel medio e lungo periodo. La Siria non è ricca di materie prime come la Libia, ma ha in Medio Oriente un ruolo ben più rilevante.

Featured image, missile da crociera Tomahawk block IV.

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