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Attenti al pane #3: un po’ di teoria

Da Leragazze
Attenti al pane #3: un po’ di teoria

L'antico forno delle azzime a Pitigliano

Oggi è il quarto giorno di Pesach, la Pasqua ebraica. Come molti di voi sapranno, la festa ricorda l’uscita del popolo d’Israele dall’Egitto. Dal momento che gli ebrei non ebbero tempo di far lievitare il loro pane, negli 8 giorni di festa è proibito non solo mangiare, ma anche possedere qualsiasi cibo lievitato, e più in generale qualunque cibo che contenga farinacei.
Mi sono quindi posta il problema dell’opportunità di postare proprio in questo periodo una lezione sul pane.

Epperò. Mi sono anche risposta che questo post non genererà certo bricioline e mollichette sul nostro blog, e quindi non credo sia proibito durante Pesach limitarsi a parlare di pane.

E allora parafrasando la tradizionale domanda che i bambini pongono durante il rituale seder, la cena di pesach vi chiedo:

- In cosa si differenzia questa lezione di pane da tutte le altre lezioni di pane?

– Che tutte le altre lezioni sono lezioni pratiche, mentre questa lezione sarà solo teorica.

Ma non per questo meno importante. Questo sarà il mio modo di rendere particolare il corso di oggi.

PARTIAMO DALLE FARINE

La farina di grano tenero tipo 00 è quella che più facilmente troviamo al supermercato. E’ raffinata e particolarmente usata in pasticceria.
La farina di grano tenero tipo 0 invece è la più adatta per la panificazione. E’ una farina meno raffinata e più buona di sapore.
La farina Manitoba è una farina americana (canadese) di grano tenero tipo 0, meno buona di sapore, ma molto più ricca di glutine di quella normale. Il glutine ha il potere di tenere l’impasto lievitato molto più a lungo, e il pane fatto con la farina Manitoba è decisamente più soffice.
Per la panificazione ordinaria si usa “tagliare” la farina 0 con la Manitoba in rapporto 1/3 (Manitoba) e 2/3 (0) per permettere all’impasto di lievitare meglio, ma senza comprometterne il sapore.
La farina Manitoba si usa pura solo in pasticceria (con il lievito di birra, ovviamente, non con quello in polvere per torte), quindi per brioche, sfoglie lievitate, pani dolci, ecc. ecc. In questi casi infatti è più importante la morbidezza dell’impasto rispetto al “sapore” della farina, che diventa ininfluente vista la ricchezza dei condimenti (uova, latte o burro a seconda dei casi).

Questo per quanto riguarda le farine “ordinarie”.
Ci sono poi altri tipi di farina che possono usarsi assolute o mischiate alla 0.
La farina di farro, la farina di grano duro, la farina integrale… dipenderà dalle ricette che seguirete, ma ce ne occuperemo a tempo debito, volta per volta.

IL LIEVITO

Partiamo dal lievito di birra fresco. Normalmente si vende in panetti da 25 g e lo troviamo, oltre che dai fornai, nel banco frigo dei supermercati. Un panetto è sufficiente per 1 kg di farina. Quando il pane è molto ricco di burro, di olio o di uova potrebbe non essere sufficiente e va raddoppiato. Ma anche in questo caso sarà la ricetta a prevederne la dose corretta. Si conserva in frigorifero in un vasetto di vetro ben chiuso.
Il lievito secco (es. Mastro Fornaio di Pane degli Angeli) si vende in bustine monodose che equivalgono a un cubetto di lievito fresco. Va riattivato sciogliendolo nell’acqua (quella prevista dalla ricetta) qualche minuto prima di usarlo. Personalmente non lo preferisco a quello fresco, ma in caso di necessità è comodo da avere in dispensa.
Il lievito madre (o pasta madre, o pasta acida, o lievito naturale) merita un discorso a sé. E’ fatto generalmente solo con acqua e farina (qualcuno al momento della “creazione” aggiunge miele, yogurt, o frutta sfatta) e i lieviti sono prodotti dalla fermentazione naturale. Non mi soffermo né sulla produzione, né sulla modalità di conservazione e rinfresco perché anche di questo ce ne occuperemo con una lezione ad hoc.

L’IMPASTO CON IL LIEVITO DI BIRRA

Si comincia sciogliendo il lievito nell’acqua (o, nelle ricette che lo prevedono, nel latte) con un pizzico di zucchero. L’acqua deve essere tiepida, a ca. 21º (non fatevi ingannare dalla prova “dito”: al tatto dà più la sensazione di freddo che di caldo). Si unisce un po’ di farina, quanto basta per formare una pastella densa. Solo a questo punto si aggiungono tutti i condimenti previsti dalla ricetta: uova, sale, olio, zucchero, burro… ecc. ecc. Questo si fa per evitare che i condimenti vadano a diretto contatto con il lievito di birra, visto che potrebbero rovinare la lievitazione.

Si mescola bene, e quindi si incorpora  piano piano il resto della farina. Non è detto che occorra metterla tutta: ci sono farine infatti che assorbono più o meno acqua, e quindi ci dovremo regolare facendo in modo che l’impasto sia abbastanza morbido, ma non appiccicoso: tale comunque che possa essere manipolato.

A mano o con la macchina si impasta a lungo la palla, cercando di non provocare strappi sulla superficie; Dovremmo invece cercare di incamerare aria ripiegandola più volte su se stessa aiutandosi con il pollice.

Il risultato deve essere un impasto liscio e morbido, come il sedere di un bimbo.

Si lascia lievitare almeno un’ora in una ciotola, coperta con della pellicola, o con un tovagliolo bagnato e strizzato. Dopodiché si mette in forma (pagnotta, filone, panini…) e si dispone sulla teglia. Si lascia lievitare ancora, quanto prevede la ricetta, quindi si inforna nel forno già caldo. La temperatura del forno e i tempi di cottura saranno determinati a seconda del tipo di preparazione.



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