Magazine Diario personale
In fondo alla cabina la mia compagna mi sorrise, già ben legata alla cuccetta di decelerazione, toccandosi il pancione.
Dio mio che iella ! E dire che tutti mi chiamavano "fortunello", alla Base.
Appena avevo compiuto diciott'anni, il Grande Selezionatore mi aveva chiamato, e dopo giorni e giorni di esami aveva emesso il suo decreto: sarei stato Astronauta.
Non era una cosa che capitava a molti. Da noi nessuno lavorava, facevano tutto i robot, ed ogni uomo o donna poteva dedicarsi felicemente a ciò che il Grande Selezionatore scopriva più adatto alla sua natura.
Molti erano Artisti delle varie Arti, Pittura, Musica, Poesia, Danza... molti erano Matematici, Fisici, Architetti, molti ancora Biologi, e poi Filosofi, Pensatori... Ma gli Astronauti erano la linfa che alimentava queste attività, perchè viaggiavano di stella in stella, di pianeta in pianeta, e portavano indietro le scoperte ed il sapere nuovo.
Anche le Navi erano robot, di tipo senziente, ed ogni Nave che veniva generata si adattava ad un solo Astronauta: si, perchè il motore funzionava per la stretta comunione di due menti. Partivi con i razzi normali, ti spostavi un po' al largo dal pianeta, poi collegavi la mente con quella di Nave, pensavi una destinazione e... sparivi, per riemergere dall'iperspazio nelle vicinanze della meta.
Ci vollero più di dieci anni prima che il Grande Organizzatore mi chiamasse, e quando mi consegnò la Nave che finalmente si adattava a me, lo vidi un pochino perplesso....
E me ne accorsi fin dal primo viaggio: volevo andare su Epsilon Eridani, mi misi in comunione mentale con Nave e mi ritrovai dalle parti di Betelgeuse.
Ci fu una franca discussione tra me e Nave, e la verità venne fuori: non è che lei volesse fare a modo suo, la cosa era fuori dal suo controllo come dal mio, perciò... prendere o lasciare. E lasciare poteva significare ancora dieci anni a non far nulla.
Ma ben presto Nave ed io scoprimmo il lato bello della faccenda: per qualche strano motivo, avevamo la fortuna di imbatterci nelle novità più incredibili !
Fummo noi a scoprire le Farfalle di Metano del quinto pianeta di Tau Ceti, i bruchi gelatinosi del pianeta CXD412, che assumono la forma che pensi, l'acqua magnetica di U858 che scorre dalla foce alla sorgente, le donne volanti di Aldebaran, le cui danze stanno facendo impazzire i nostri Artisti Danzatori nonchè i Fisici e gli Ingegneri che cercano di fabbricare ali per i Danzatori.
Ad ogni ritorno alla Base erano pacche sulle spalle, inviti a bere al bar, perchè i colleghi e le colleghe Astronaute volevano le primizie di ogni missione, ed i novizi, man mano che arrivavano, volevano il racconto delle vecchie prodezze. Per questo mi chiamavano "fortunello", e non nascondo certo che la cosa mi piaceva, soprattutto invecchiando, quando ai colleghi miei coetanei cominciava a capitare raramente che una giovane Astronauta, dopo un aperitivo, li invitasse a casa sua.
Era così che avevo conosciuto la mia compagna, una giovane esplosiva con i capelli rossi e gli occhi verdi; era stato un incontro splendido, che mi aveva lasciato solo un po' interdetto al mattino dopo, quando mi disse "voglio viaggiare con te sulla tua Nave".
Io le ricordai che ogni nave poteva portare solo il proprio Astronauta e lei mi rispose "vedremo".
Il "vedremo" mi fu chiaro qualche giorno dopo, quando il Grande Coordinatore mi chiamò (era rarissimo che chiamasse quelli del mio livello) e ritta in piedi accanto alla sua scrivania c'era la splendida rossa. Il Grande Coordinatore cominciò con un "ehmm", bofonchiò qualcosa circa l'opportunità di sperimentare nuovi concetti organizzativi, alluse ad un progetto che gli sembrava... ehm si ... maturo, fece presente che ero libero di prendere le mie decisioni ma che la Nave aveva già ricevuto le opportune modifiche e che si, "humm", "insomma" , lui era certo che avrei avuto cura di ... sua nipote.
La fortuna mi girò le spalle subito: non tanto perchè avevo puntato al Sagittario e invece come al solito spuntammo fuori dall'iperspazio ai margini della Via Lattea, quanto perchè nel tragitto avevamo colpito un rarissimo agglomerato di neutrini iperpesanti e quindi, come disse Nave, ci trovavamo all'estrema periferia di un sistema, a mesi e mesi di viaggio per raggiungere il primo pianeta con atmosfera respirabile.
In più, avevamo tre razzi su quattro scassati, scorta di cibo e acqua da razionare subito e insomma... nessuna garanzia di salvare la pelle.
Inoltre, la mia compagna dopo pochi giorni rimase incinta, e fatti due calcoli, scoprii che saremmo arrivati sul pianeta abitabile giusto in tempo per il parto. Alleluiah !
Non so quante volte rifacemmo il piano di volo, stiracchiando tutta l'energia possibile. Alla fine, Nave parlò chiaro: ci avrebbe portato in orbita, avrebbe girato di poppa con l'ultima goccia di carburante e poi avrebbe attinto alla Riserva di Squagliamento. Sapevamo cosa voleva dire.
Quando una Nave Squaglia, pezzi dopo pezzi si trasformano in energia pura, che per un po' si può indirizzare, poi una gran fiammata e addio Nave, addio ritorno alla Base. Ma tant'è, non c'erano alternative.
Quando cominciò l'atterraggio, Nave riaccese un attimo le comunicazioni: "addio ragazzi, è stato un piacere volare con voi" e subito chiuse, neanche il tempo di dirle grazie.
1.000 metri, 700.. troppo veloce, 500.. mi alzai e corsi a sciogliere la mia compagna, 400 così va meglio, mi diressi verso il portellone con lei in braccio, 350 ... tutte le sirene cominciarono a urlare ALLARME ALLARME, SQUAGLIAMENTO IN CORSO, PREPARARSI AD ABBANDONARE LA NAVE... 200... più lenta...più lenta 80.. 60 ... 50 ... aprii il portellone... 20 ... 10 ...un tonfo leggero sul terreno nel frastuono degli allarmi, e mi buttai giù, cercando di attutire con il corpo la caduta della mia compagna.
Mi rialzai con una caviglia dolorante, la presi di nuovo in braccio e mi misi a correre come un disperato mentre Nave strillava ALLARME ALLARME...C'era una roccia laggiù, avevo il fiato corto, feci appena in tempo a svoltare dietro la roccia e buttarmi dentro una grotta. LUCE ! Una luce accecate, un tuono, Nave aveva Squagliato completamente e noi eravamo vivi.
Avevo una torcia e l'accesi, stesi per terra le coperte che la mia compagna aveva preso prima della fuga, ce la feci sdraiare sopra.
Aveva il respiro affrettato, le chiesi cosa potevo fare e lei mi disse "niente... so come si fa.... lasciami sola.... anzi, levati di torno...".
Uscii fuori, a guardare stelle che non riconoscevo. In tasca avevo un pacchetto sgualcito con qualche sigaretta. Non so quanto tempo rimasi lì, mi sembrò un secolo, a scrutare il buio e a fumare.
Intravidi delle ombre lontane che si avvicinavano e nel silenzio di quella notte mi sforzai di cogliere il più piccolo rumore... rumore di passi sull'erba... dialoghi...
Sentii il pianto del bambino, spensi l'ultima sigaretta ed entrai.
Lei mi guardava sorridendo dolcemente, con il bambino sopra la pancia.
Mi inginocchiai, le accarezzai la fronte sudata e le dissi : non è andata poi così male, sai? C'è gente come noi su questo pianeta, Maria.
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