Bologna, Raum.
Aural Tools è forse una tra le più interessanti realtà di produzione musicale odierne. Il progetto di Attila Faravelli nasce dall’idea di creare dei supporti musicali alternativi, atti a riscoprire l’ascolto coinvolgendo in prima persona il fruitore in una ricerca di suoni che non si possono imprimere o registrare, ma che sono riproducibili solo attraverso l’utilizzo della fonte stessa. Di per sé Aural Tools è un etichetta che crea bellissimi oggetti musicali ma, surclassando la sound-art, li vende come fossero dischi. Questa sera al Raum ci sarà la presentazione dei quattro strumenti usciti finora.
Come sempre appena entro al Raum mi viene fornito l’esauriente foglio esplicativo con il quale farsi un’idea di cosa si sta andando a vedere. Questa sera l’entrata è gratuita. L’evento inizia puntuale. Faravelli è accompagnato da due grandi musicisti italiani dei nostri tempi, con i quali ha sviluppato gli ultimi due tools: si tratta di Enrico Malatesta (OO + OO) e Stefano Pilia (Massimo Volume, In Zaire, 3/4HadBeenEliminated, Blind Jesus…).
Prima che si cominci a parlare strettamente del progetto, Faravelli dà il via all’ascolto di field-recordings sui quali sta lavorando, questa è la prima relazione che ci fa scoprire fra suono, ambiente e ascoltatore. Per una decina di minuti siamo immersi in tracce HD provenienti dalle più improbabili sorgenti, ad esempio il rumore di tarli che scavano nel legno.
Come precedentemente accennato, l’evento è concentrato soprattutto sulla presentazione degli ultimi due Aural Tools, ma Faravelli velocemente ci illustra il progetto nella sua completezza, mostrandoci Trifoglio: il primo e forse più complesso fra gli oggetti, è composto da un amplificatore mid-side stereo applicato ad un corpo di cartone. Esso, tenuto in mano come un libro, focalizza la percezione sulle variazioni di profondità dello spazio. Come ci viene spiegato, “trifoglio è un progetto collaborativo con vari artisti a cui viene chiesto di comporre dei brevi pezzi apposta per questo tipo di supporto, scaricabili dal sito ed ascoltabili grazie ad una chiavetta USB inseribile, inclusa nel pacchetto. Il fatto che lo si debba tenere in mano come un libro rende parte del suono percepito nella forma di vibrazione fisica”.
Aural Tools #2 si chiama Freie Aerophone ed è stato sviluppato con l’aiuto del contrabbassista Matija Schellander. Quest’ultimo stasera non è presente, ma ho avuto la fortuna di vederlo a Sant’Andrea Degli Amplificatori in un concerto per l’utensile musicale studiato con Faravelli. Si tratta di un rombo: antico strumento che crea un suono aereo molto profondo se fatto roteare. Nell’edizione sono presenti tre rombi di diversa misura, incastonati in un packaging a prima vista somigliante a un vinile.
Il primo vero concerto di stasera sarà quello che Enrico Malatesta eseguirà per Bilia (Aural Tool #3): un set di cinque palline ognuna di un legno diverso. Lo studio di Malatesta riguarda un approccio orizzontale alle percussioni, dove ogni movimento considera anche l’esplorazione e l’ascolto dello strumento stesso. Quasi mai ci sono battiti nei suoi set, bensì il rapporto avviene in maniera più liscia, facendo attrito fra due o più superfici o roteando sulle pelli dei tamburi altri strumenti (in particolare stasera utilizzerà Bilia). Essendo le sfere composte da diversi legni, cambia anche il suono prodotto quando le si fa roteare, rimbalzare o strusciare sulle superfici. Malatesta le applica ai suoi strumenti, le butta a terra, le fa scivolare, creando moti circolari molto ipnotici. I suoni a volte sono accennati, ma il religioso silenzio che vige sempre all’interno del Raum ci permette appunto di esplorare insieme a Malatesta il risultato e anche le variazioni minime che rendono le sue idee spettacolari.
Gli Aural Tools sono sicuramente dei sound-object non semplici da progettare e realizzare, purtroppo infatti il quarto, Blind Box, non è del tutto finito. Quello che ci viene fatto vedere è un prototipo. Stefano Pilia pensa ad un mini amplificatore delle dimensioni di un pacchetto di sigarette che concentri il suono in un punto specifico, ben identificabile dello spazio. In questo modo si cancella la supremazia sonora distribuita nell’ambiente, di solito attribuibile ad un ampli per chitarre. Uno strumento di amplificazione così piccolo porta tantissimi limiti, ma è proprio entro questi che il chitarrista italiano trova interessante la sperimentazione. Essendo ancora in studio, quest’ultimo tool presenta i suoi difetti. Il set è diviso in 2 parti, la prima realizzata utilizzando un archetto elettronico che crea un drone semi-acustico fisso molto leggero, a tratti quasi impercettibile. Per la seconda parte Pilia decide di suonare la chitarra ma qui si presenta uno dei difetti più grossi, cioè si sente più il pizzicare dello strumento che la sua versione distorta e riprodotta dalla Blind Box.
Tutti gli Aural Tools sono limitati ed acquistabili a prezzi onestissimi, io stesso decido di approfittare della serata per accaparrarmene un paio. Questo progetto unico merita supporto sia per l’originalità che per il coraggio e inventiva dimostrato nel creare una serie così fuori dagli schemi. Tutti gli approfondimenti sono consultabili sul sito stesso di Aural Tools.
Grazie a Luca Ghedini e Xing per le foto.
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