Il primario attonito, non può credere all’assurda situazione, il peso di una persona non può aumentare in questa illogica maniera. 15 chili! In pochi istanti. Quindi, con aria divertita per il solo aver pensato ad un fenomeno simile, ordina ad un infermiere di sostituire la bilancia. Ad ogni modo, le successive misurazioni confermano che il mio peso è aumentato ed è tornato “normale”.
Con le mani tra i pochi capelli, il dottore si consulta con altri suoi colleghi chiamati dagli altri reparti. Arrivano anche i miei genitori e quella notizia non fa altro che turbarli ulteriormente. Riguardo me, mi sento stranito, quasi indifferente; di certo sempre meglio della tachicardia!
I medici sono rinchiusi in una “sala riunioni” e l’oggetto della discussione sono io. Nel frattempo trascorro quei minuti leggendo un fumetto, Dylan Dog l’indagatore dell’incubo, regalato alcuni giorni prima da un ragazzo conosciuto lì in ospedale. Creature terrificanti e spietati serial killer, mostruose entità scaturite dai classici della letteratura horror e nuove assurde creazioni della moderna tecnologia. Certo che la vita di questo personaggio è costellata da incontri con i più spaventosi e innominabili, ma alla fine ha sempre la meglio.
Passano quasi tre ore e finalmente ritorna la squadra di medici con a capo il primario. La scena ha un non so che di ridicolo, infatti, nonostante la loro presenza autorevole e il modo di parlare sicuro da uomini di scienza, tutti loro dichiarano, a turno, di non esser riusciti a trovare una spiegazione che potesse far luce sulla causa dei miei sintomi.
Il primario tra tutti confessa il disorientamento generale, e di una cosa sono certi: i violenti attacchi di tachicardia e gli sbalzi di peso sono sicuramente causati da qualche forma di malattia genetica, quindi, con il consenso dei miei genitori, decidono di contattare uno “specialista”; un vero e proprio guru nel campo di sconosciute malattie... il suo nome è Shivago... dottor Shivago. Un nome strano dal sapore orientale.
È così tanto critica la mia situazione, al punto da dover interpellare un medico proveniente dall’estero? Da così tanto lontano? Un medico dall’oriente!
Dopo tutto quel trambusto mi trovo, finalmente, solo nella camera d’ospedale. Guardo dalla finestra il cielo purpureo del tramonto e mi domando: «Per quale motivo mi sta capitando tutto questo? ». Paragono quell’attimo della giornata alla mia vita: dopo ogni tramonto c’è sempre un’alba... tuttavia, prima, dovrò superare la notte.