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Auguri di-versi

Creato il 24 dicembre 2010 da Cultura Salentina

Auguri di-versi

Le preghiere natalizie in dialetto salentino – molte delle quali raccolsi qualche annetto addietro nel mio Laudario dei semplici (Roma 2008) – comunicano i sentimenti che si irradiano dall’umile grotta di Bethlem: essenzialità e gioia innanzitutto.

Sono valori non sempre di moda nell’attuale società del benessere e del consumismo, in cui più che alla sostanza si bada all’apparenza. Il vivace fluire dei versi racchiude la genuina testimonianza di come si possa essere pienamente felici godendo del poco… anziché eternamente infelici, in balìa di passioni irrealizzabili e vuoti capricci.

Auguri di-versi

Filippo Lippi: Natività

Mi sia allora consentito di formulare un augurio colmo di umanità per questo Natale 2010 attraverso uno dei più graziosi componimenti a tema. È un’antica poesia in cui la nascita del Redentore è celebrata con esultanza in tutto il creato. Il tripudio è così grande che le stesse leggi naturali sono annullate: gli animali parlottano in greco, danzano e cantano.

Perfino il maligno non ha potere su nessuno, mentre ciascuno fa a gara per omaggiare con un dono affettuoso il Bambino che è venuto al mondo. Il dono più bello è però quello dell’amore, che scalda il cuore e colma ogni povertà.

A tutti i lettori di Cultura Salentina, a Gianfranco e Agnese che con passione hanno creato e curano la nostra rivista, a tutti gli amici redattori e autori dedico questi versi con infinito affetto.

Sia il Natale ormai alle porte un’occasione non sprecata per riguadagnare in umanità, eccellere nel bene e scorgere con più attenzione il volto di Dio in chi ci sta intorno.

La notte di Natale

La notte ti Natale

stròlica ‘n grecu ogne animale.

Li ciucci parlanu comu cristiani,

ballanu e cantanu puru li cani.

La notte scurrompinu latte e ricotte,

finché no sona la menzanotte;

lu timoniu stae ‘ncatinatu

comu nimìcu pregiudicatu.

Tutti mi tìcinu ca li pasturi

si èstinu belli, comu signuri.

Ci porta pèttule, ci lazzarole,

ci porta la strina a lu Signore.

Ci porta ‘n uiceddhu, ci nu capone,

ci canta ‘n’aria, ci ‘na canzone.

E iò, lu miseru, cce pozzu fare?

Sulu lu pìffaru sacciu sunare.

La notte di Natale / ogni animale borbotta in greco. / Gli asini parlano come fossero persone, / ballano e cantano anche i cani. / Durante la notte sgorgano latte e ricotte, / finché non suoni la mezzanotte; / il demonio è incatenato / come un nemico pregiudicato. / Tutti mi dicono che i pastori / si vestono in modo elegante, come nobili. / Chi porta pettole, chi mele lazzeruole, / chi porta il regalo al Signore. / Chi porta un piccolo uovo, chi un cappone, / chi canta un’aria, chi una canzone. / Ed io, (che sono) misero, che posso fare? / Solo il piffero so suonare.


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