Una nuova batosta per le famiglie italiane si profila con l’aumento Iva 2013 dal 21 al 22% previsto dal 1 luglio
L’aumento Iva 2013 è il secondo balzo in sù, dopo quello scattato il 17 settembre 2011 in seguito all’entrata in vigore del D.L. n. 138/2011 (Manovra bis), con le modifiche apportate dalla Legge di conversione n.148, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 16 settembre 2011.
L’ipotesi di un nuovo aumento così ravvicinato, acuisce la già estenuante situazione di crisi economica per il commercio al dettaglio e rischia di compromettere la marcata carenza monetaria delle famiglie italiane.
Secondo l’Ufficio Studi di Confcommercio, che ha analizzato la previsione del
saldo natalità-mortalità alla luce dell’incremento dell’Iva (Imposta sul valore aggiunto), a rischio ci sono 26 mila imprese che, con l’aliquota più alta di un punto percentuale, potrebbero essere costrette a chiudere entro la fine del 2013.
Secondo Adusbef e Federconsumatori, il nuovo scatto dell’imposta sui consumi si tradurrà in una ricaduta negativa stimata in 207 euro annui, considerando un nucleo familiare di tre persone. A farne le spese saranno per lo più lavoratori e pensionati, ‘redditi fissi’ che si vedranno stritolati tra aumenti di prezzi e tariffe da un lato e riduzione del già limitato potere di acquisto dall’altro.
Come avvenuto a fine 2011, l’aumento Iva 2013, se approvato, interesserà tutte le fatture per beni e prestazione di servizi, applicandosi ai documenti emessi dalla data della pubblicazione della Legge di conversione del Decreto. Una ripercussione negativa per il benessere di imprese e famiglie che triplica, considerando la scadenza Imu di giugno (ad esclusione della prima casa) e la scadenza della Tares a dicembre, con rincari stimati da Federconsumatori in 480 euro medi per l’Imu e 45 euro per la Tares. Facendo due conti il 2013 costerà circa 734 euro in più a famiglia.
L’aumento Iva 2013 dal 21 al 22%, spiega il presidente di Federconsumatori Rosario Trefiletti, “determinerà un’implementazione del tasso di inflazione di 0,6 – 0,7 punti percentuali”. Nei 207 euro in più sono infatti compresi anche i costi aggiuntivi per il carburante, dei beni trasportati su gomma (in particolare quelli di largo consumo), le tariffe praticate da artigiani e professionisti e gli eventuali arrotondamenti a sfavore delle famiglie.