“Ci dovrebbe essere da qualche parte sulla terra un luogo di cui nessuna nazione possa dire: ‘È mio’; dove tutti gli uomini di buona volontà che abbiano un’aspirazione sincera possano vivere liberamente in qualità di cittadini del mondo, senza obbedire che a una sola autorità, quella della suprema verità.“
Erano le parole di Mirra Alfassa, nata a Parigi e trasferitasi in India fino alla sua morte nel 1973. Nota all’interno della sua comunità come “la Madre”, Mirra è stata l’ispiratrice del progetto che ha portato alla fondazione di una comunità nota come Auroville nel 1968. Il nome è dovuto alla seconda persona ispiratrice del progetto, Sri Aurobindo, ex combattente per l’indipendenza indiana, filosofo, poeta e guida spirituale.
Auroville sorta a 12 chilometri da Puducherry, nell’India meridionale, con l’ambizioso obiettivo di offrire un luogo dove vivere senza conflitti sociali o culturali, “dove il lavoro non sarà più il mezzo per guadagnarsi da vivere, ma il mezzo attraverso cui esprimersi e sviluppare le proprie capacità”. Ogni abitante della comunità contribuisce al benessere collettivo secondo le proprie inclinazioni e capacità, ricevendo in cambio un supporto economico. Il denaro è utilizzato solo per le transazioni con l’esterno, mentre tra di loro gli aurovilliani utilizzano un sistema di scambi di beni e servizi.
La Madre iniziò a sviluppare le linee guida di Auroville a partire dagli anni ’30 e nel 1966 anche l’UNESCO offrì il proprio appoggio. Due anni dopo, alla cerimonia di fondazione erano presenti i rappresentanti di 124 nazioni, ognuno dei quali aveva portato un po’ di terra del proprio paese da versare in un’urna, un gesto che simboleggiava lo spirito di collaborazione alla base del progetto. Quando vi feci visita qualche anno fa la comunità contava circa 2000 abitanti provenienti da 35 paesi diversi, divisi in numerosi insediamenti rivolti ciascuno a una particolare area di interesse, dalle coltivazione biologiche all’energia rinnovabile, dalle piante con proprietà terapeutiche alla promozione dei diritti delle donne. Il progetto originale prevede fino a 50 mila abitanti e fino a quel momento solo 10 chilometri quadrati dei 25 messi a disposizione erano stati utilizzati.
Al loro centro della comunità sorge il Matrimandir (letteralmente “Tempio della Madre”), una gigantesca sfera ricoperta da due chili d’oro al cui interno è alloggiato un enorme cristallo di rocca che con i suoi 70 centimetri di diametro è considerato il più grande al mondo, sul quale un sistema di specchi collocati nel tetto convoglia i raggi del sole. Un monumento impressionante in cui si tengono sedute di meditazione a cui i visitatori non sono ammessi.
I ragazzi e le ragazze che studiano ad Auroville non conseguono alcun titolo di studio, per il quale sarebbero necessari i metodi disciplinari che la comunità ha rifiutato, ma sono continuamente a contatto con un ambiente vivace e stimolante, in cui la curiosità e il dialogo sono i motori principali della loro formazione. Per proseguire i loro studi all’estero devono sostenere gli esami come privatisti, ma alcuni prestigiosi istituti, tra cui la Sorbonne di Parigi, hanno siglato delle convenzioni per facilitare l’accesso agli aurovilliani.
“Quando ancora bambino arrivai a Puducherry, a scuola non ti obbligavano a prendere una direzione, eri libero di seguire i tuoi tempi e le tue inclinazioni”. Così mi raccontava la sua esperienza il mio amico Riccardo Carlotto, maestro di pianoforte, concertista e compositore. Nato a Pavia 38 anni fa, Riccardo vive in India da quando ne aveva 7, ed è noto alla maggiorparte dei suoi concittadini con il suo nome indiano, Pushkar. “Non esiste un solo bambino che non abbia voglia di imparare, che non sia ansioso di scoprire il mondo. Sono i metodi del premio e della punizione a uccidere il suo entusiasmo.”
“Auroville non è quello che vedi, Auroville è quello che immagini. Sono i tuoi sogni, i progetti, la tua voglia di fare”. Non mancano però i conflitti: ogni scelta che riguarda la comunità è discussa dal consiglio degli aurovilliani e spesso il raggiungimento di un accordo è un processo lento e faticoso. Anche l’appartenenza alla comunità è un processo lento: si comincia con lo status di guest per i primi tre mesi passati all’interno di uno dei centri ricettivi, per poi passare alla categoria new comer. Dopo tre anni si diventa ufficialmente aurovilliani, ma per ottenere l’ambito supporto economico bisogna dimostrare che la propria attività è di giovamento all’intera comunità. A seconda dell’”entusiasmo” dei vari aurovilliani, i visitatori esterni sono visti come amici con cui dialogare o come agenti di contaminazione la cui presenza va ristretta.
Questa è Auroville, la comunità di tutti, ma di cui possono entrare a far parte in pochi. Un fascio di contraddizioni retto da un progetto bellissimo.
Flavio Alagia
Dopo una laurea in giornalismo a Verona, mi sono messo lo zaino sulle spalle e non mi sono più fermato. Sei mesi a Londra, un anno in India, e poi il Brasile, il Sud Africa… non c’è un posto al mondo dove non andrei, e non credo sia poco dal momento che odio volare. L’aereo? Fatemi portare un paracadute e poi ne riparliamo.