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Aborigeni, coloni e immigrati. L’Australia a Londra
Sono un frequente fruitore di voli low cost mentali verso le destinazioni più disparate e devo dire che tra le mie mete preferite ci sono sempre state gli Stati Uniti e l’Australia.Gli States ce li ho sempre avuti in testa, perché, in un certo senso, li ho sempre avuti davanti agli occhi e dentro le orecchie. Ci sono cresciuto con il mito dell’America, mi è sempre stata vicina, e ormai aspetto solo l’occasione per prendere un aereo vero che mi ci porti e, magari, scoprire che il posto dove sono stato con la fantasia, ormai migliaia di volte, non centra nulla con quello reale.L’Australia, invece, mi ispira perché è lontana. Ho visto documentari, foto e qualche film che mi hanno parlato in qualche modo di questo continente enorme, dominato da una natura imponente e selvaggia, crogiolo di culture e mistione di popoli. Tuttavia per me rimane una terra quasi immaginaria, alla quale non riesco a dare un’identità, nemmeno creandola nella mia testa. L’Australia per me rimane il continente ai confini del mondo.Dal 20 settembre al 8 dicembre, forse, questa distanza può diminuire, almeno per chi ha la fortuna di essere a Londra nel suddetto periodo. La Royal Academy, infatti, ospita “Australia”, una mostra-evento, ricca ed ambiziosa, che si propone l’intendo di raccontare il Paese nelle sue molteplici sfaccettature dal 1770, anno di arrivo dei primi coloni britannici, fino ai giorni nostri.Più di duecento opere, tra dipinti, disegni, acquerelli e fotografie, per accompagnare il visitatore lungo un percorso tematico e storico il più possibile esaustivo. “Australia” è il maestoso tentativo di far conoscere il continente esplorando le sue varie anime sociali e culturali: si va dall’arte dei colonizzatori e immigrati occidentali a quella degli aborigeni contemporanei.
Il paesaggio è sicuramente il protagonista principale delle produzioni. Terra antica, di aspra e sublime bellezza, pervasa dal mistero di tradizioni ancestrali, gli infiniti spazi australiani sono stati l’ispirazione per un gran numero di artisti. Nelle opere esposte trova inoltre espressione la complessa stratificazione di un tessuto collettivo, fatto di stili e tradizioni differenti. Un continente costantemente in bilico tra rivendicazioni locali e influenze europee, calate, comunque, in una storicità del tutto autonoma.
Tra i pezzi in mostra, ammiriamo l’arte aborigena con il gruppo Papunya Tula , Albert Namatjira, Rover Thomas, Emily Kngwarreye, che ci parlano del grande deserto occidentale. Accanto a loro troviamo l’arte dei pionieri, degli immigrati ottocenteschi e degli impressionisti che ritraggono i “Bushfire”, gli incendi dei grandi cespugli australiani, usati dai natii per controllare il territorio. Infine i modernisti e il ventesimo secolo, con artisti riconosciuti a livello internazionale, come Simryn Gill, Bill Henson o Tracey Moffat. Abbiamo inoltre la riscoperta delle leggende e delle tradizioni locali, come quella di Ned Kelly, eroe simbolo della lotta contro l’oppressione occidentale, riportato alla vita dalle opere di Sidney Nolan.
“Il paese mi parla. Abbiamo bisogno di persone che comprendano il paese, il modo in cui è connesso… la parentela, la canzone, la danza sono tutte connesse al paese.”
In queste parole dell’artista aborigeno Djambawa Marawil, potrebbe essere riassunta l’essenza dell’arte australiana. Un’arte che è intrinsecamente legata e intrecciata alla terra dove nasce, alle sue storie e agli uomini che l’hanno popolata. Tutto questo ritorna ora verso la patria colonizzatrice, colei che ha fornito alcuni dei geni che hanno contribuito alla formazione di una nuova terra, unica e originale, che reclama in questo momento il suo posto legittimo all’interno della storia dell’arte mondiale.
Per trovare l'articolo originale scritto da me:http://www.artspecialday.com/laustralia-a-londra-aborigeni-coloni-e-immigrati/
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