“Lo spazio della nostra libertà significa prenderla e viverla. Siamo in una società che si sente assalita, in guerra. Accetta di essere sotto controllo e di rinunciare a delle libertà fondamentali. Lo accetta. In una società così, il nostro nemico peggiore, per noi che facciamo questo mestiere e raccontiamo storie, è l’autocensura. Che ha un corrispettivo nelle direzioni dei giornali, nelle produzioni cinematografiche, nelle distribuzioni, ti arrivano messaggi chiari, per cui ti dicono “a me questo non interessa, è inutile che me lo porti”. Allora tu scrivi una prima volta l’articolo e ti dicono no, e non lo pubblicano. Poi lo scrivi una seconda volta, e alla terza non lo scrivi più, non glielo porti proprio. Questa cosa si chiama autocensura. Smetti di combattere per le cose in cui credi e quello che fa veramente la differenza tra una democrazia e una cosa che non è democrazia è questo. Non è il fatto che siano scritte delle regole, ma il fatto che i cittadini che fanno i giornalisti, i registi o i narratori non rinuncino. Se rinunciano allora giochiamo un’altra partita. Lo dobbiamo sapere”.
Sono parole di Daniele Vicari, regista del film Diaz. Insieme al giornalista Calo Bonini e al regista di Acab Stafano Sollima era al Festival del giornalismo di Perugia. Penso al coraggio che serve per raccontare e a quanto sia più facile lasciare tutto in un cassetto. Penso a quanto sia importante aprirli questi cassetti, e scrivere, parlare, filmare, raccontare. Fregandosene dei no. Perché poi un sì arriva sempre. Questa, appunto, è un’altra partita.
Per vedere l’intervista, il link al sito del festival.