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A volte tendo ad compatire me stessa. Quando i bambini interrompono quello che sto facendo, o i lavori di casa si accumulano, o qualcuno mi sbarra il cammino, io mi piango un po’ addosso. “Ecco, non posso farcela. È troppo difficile. Uffa.”
Quando mi sono portata in vacanza il romanzo di Rita Charbonnier, La sorella di Mozart, mi aspettavo quindi di provare molta simpatia per il personaggio di Nannerl, la protagonista della storia.
Di cinque anni più grande di Wolfgang, Maria Anna Mozart (Nannerl per i familiari) era a sua volta un genio musicale. Cantava benissimo e suonò il clavicembalo per i sovrani di tutta Europa durante le tournée organizzate dal padre – che voleva esibire nel bel mondo i suoi due bambini prodigio.
Però la maggior parte delle persone ha sentito parlare del solo Wolfgang Mozart. E questo perché il padre non istruì la figlia femmina nello stesso modo del maschio; non la autorizzò a comporre né a suonare il violino. “Non è uno strumento per le bambine” le dice nel romanzo, quando lei prova a suonare.
Se questo libro racconta una storia vera, Nannerl continuò a comporre in segreto e suo fratello, al quale era molto legata durante l’infanzia, cercò di insegnarle quel che lui man mano imparava – composizione, contrappunto, armonia. Ma quando il padre le proibì di perseguire le sue passioni, lei cadde nella depressione e in un moto di rabbia bruciò tutte le musiche che aveva scritto.
A questo punto della lettura empatizzavo profondamente con Nannerl. Qualunque cosa lei volesse fare, le era impedita. La sua situazione era impossibile e suo padre era un dittatore con i paraocchi, incapace di vedere come anche una donna potesse essere un musicista eccellente.
Nel prosieguo della storia, quando Wolfgang è adolescente, il padre lo accompagna a fare un’altra tournée all’estero e lascia Nannerl a casa, ordinandole di dare lezioni di musica per finanziare il viaggio. Fratello e sorella non si vedono per molto tempo e il loro rapporto ne soffre.
Quando il giovane Mozart torna a casa e trova sua sorella depressa, senza speranze e priva della passione che un tempo provavano entrambi, reagisce con durezza. “Hai sprecato il tuo talento!” le dice in tono di accusa. “Come hai potuto?”
A questo punto sono rimasta senza fiato. È troppo crudele! ho pensato. Che altro poteva fare, lei? Ma più ci riflettevo, più mi rendevo conto che lui, invece, aveva ragione. Sua sorella si era arresa. Gli ostacoli che la circondavano le erano sembrati più grandi di lei, e aveva capitolato. Si era rassegnata al ruolo di vittima delle circostanze.
Leggere questo libro ha fatto sì che mi ponessi una domanda: in tutte le aree della vita, dalla più alla meno importante, voglio lasciarmi sconfiggere dagli ostacoli che incontro? Voglio essere una vittima delle circostanze oppure voglio continuare a cercare, a trovare nuove aperture?
Quest’anno ho deciso di dire NO all’autocommiserazione e ai “Non è giusto” che troppo facilmente mi escono dalla bocca.
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