Magazine Diario personale

Autodafé

Da Andreapomella

Nel centro commerciale di Porta di Roma hanno installato un simulatore di Formula 1. Il simulatore consiste in una poltrona che imita un sedile di guida, un volante che imita un volante, un megaschermo che riproduce la visuale in soggettiva del pilota. La gente fa la fila per sedersi, mettere le mani sul volante e giocare a fare il pilota di Formula 1. Tra quelli che fanno la fila non ci sono bambini; la maggior parte sono adulti, gente sopra i quaranta. Giorni fa, al posto di guida, era seduto uno che invece era sopra i sessanta, aveva i capelli sapientemente arruffati, di un bianco candido, la camicia anch’essa bianca, aperta sul petto. Era in tutto e per tutto il sosia di un famoso miliardario playboy. Questo qui non aveva idea di come far partire il simulatore, ossia di come mettere in moto la macchina avatar. C’era un ragazzo accanto a lui che tentava di spiegargli come funziona il simulatore. Una volta capito il meccanismo, questo qui è partito a tutto gas. Allora gli è venuta la faccia aggressiva di un ragazzino sulla ridicolaggine del corpo da vecchio, e deve aver pensato che in quel momento stava veramente guidando, perché era soddisfatto di sé e ghignava nell’aria dolce di quella sua deforme consolazione. E da parte mia ho pensato che quell’uomo non provava vergogna, mentre io, indebitamente, provavo vergogna per lui, e ho pensato che non avevo alcun diritto di provare vergogna per lui, che non era affar mio giudicare come avesse deciso di sprecare il suo tempo, che i modi in cui spreco il mio tempo non sono più nobili dei suoi, che la più bella verità del mondo è che ognuno fa quel che gli pare e piace, e che il difficile è viversi la vita senza farsene una colpa.


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