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Automa

Creato il 20 giugno 2012 da Fant @fantasyitaliano

Questa storia è nata in seguito alla Prima Ruolata del Vascello, un contest in cui uno fra i pirati descrive un mondo immaginario e gli altri scrivono un racconto ivi ambientato. L’ambientazione di questo racconto, pertanto, non va attribuita a me ma a Lady Loki.

Di mio vi sono solo l’idea di Automa stesso, della sua creazione e della sua storia. Spero che lo stile di scrittura, che è stato un esperimento, abbia un buon effetto su di voi.

Buona lettura.

 

Automa

Automa si sistema il monocolo sull’occhio destro di Automa per vedere meglio. Automa non è sicuro ma quello laggiù che sta entrando nell’hangar sembra proprio… Sì! È proprio papà quello là! Automa batte le mani e fa il fracasso metallico che a papà piace tanto.
Papà alza lo sguardo e sorride ad Automa, sventola il cilindro e solleva il bastone da passeggio per salutare Automa.
Automa sventola il suo cilindro, che è un cilindro uguale a quello di papà perché papà glielo ha fatto uguale apposta, e solleva il suo bastone da passeggio, che è uguale a quello di papà perché papà glielo ha fatto uguale apposta perché vuole molto bene ad Automa, e Automa vuole molto bene a papà perché papà è il migliore di tutti!
I soldati che lavoravano agli areocosi ai lati dell’hangar hanno smesso di girare attorno a “quegli aggeggi infernali”, come li chiama papà, per guardare Automa. Tre hanno le mani sulle orecchie per non sentire il bel fracasso metallico di Automa e un altro scuote la testa mentre guarda Automa.
Automa corruccerebbe le sopracciglia come fa papà se le avesse, ma Automa non le ha, anche se vorrebbe averle. Automa vorrebbe poter chiedere a papà di fargliele, così potrebbe…
«Salute, ragazzo!» dice papà, che ha superato le file di “aggeggi infernali” e ha raggiunto lo stivale di Automa.
Automa batte le mani perché a papà piace che Automa batta le mani e faccia il fraca…
«Fermati ragazzo, fermati!» dice papà, che stringe i denti e si porta le mani alle orecchie.
Oh no, forse Automa ha battuto le mani troppo forte e ora papà è arrabbiato!
Papà sorride di nuovo – Evviva! – e si arrampica sullo stivale “lucido come uno specchio” di Automa, percorre la gamba di Automa roteando il bastone da passeggio, uguale a quello di Automa, fino a raggiungere il fianco di Automa.
«Portami su, ragazzo» dice papà, e dà un’occhiata ai soldati che sono tornati a lavorare sugli “aggeggi infernali”.
Automa non è sicuro, ma papà non picchietta mai il bastone quando è contento e sta picchiettando il bastone sulla gamba di Automa, quindi non è contento… Automa è triste se papà non è contento!
«Ce ne andiamo a fare una passeggiata.» Papà guarda Automa e sorride, e smette di picchiettare sulla gamba di Automa.
Papà è contento, allora Automa è contento! E se Automa e papà sono contenti si può fare la passeggiata per i bei prati verdi. Automa allunga il braccio e apre la mano. Papà ci sale sopra e riprende a picchiettare il bastone sul metallo di Automa.
Papà guarda i soldati mentre Automa solleva la mano fino all’orecchio di Automa. «Bravo ragazzo, papà ha con sé proprio un bravo ragazzo.»
Automa vorrebbe sorridere, ma è contento lo stesso anche se non ha la bocca come papà perché papà è proprio bravo, e Automa è un bravo ragazzo perché lo dice papà!
Papà gira la maniglia rotonda del portellone nell’orecchio di Automa e Automa sussulta al solletico delle dita di papà.
Papà barcolla – Non barcolla mai! –, riprende l’equilibrio e spalanca il portellone, ed entra nella testa di Automa. Il portellone si richiude con un clangore simile al fracasso metallico di Automa e i passi di papà rimbombano nella testa di Automa fino al “prezioso cervello” di Automa a cui papà tiene tanto.
Automa crede che sarebbe bello poter vedere l’interno della testa di Automa. Automa si chiede se c’è una lampadina, dentro. Sì, una lampadina come quelle appese al soffitto dell’hangar per vederci la sera. Ce ne deve essere una perché papà non potrebbe vedere nulla senza una lampadina che…
«Andiamo, ragazzo!» dice papà dalla sua postazione, dietro l’occhio col monocolo di Automa. Sta sempre lì papà, l’ha detto lui ad Automa. Gli ha detto lui che sta sempre lì sulla poltrona dietro il monocolo dorato di Automa che Automa ha ricevuto da papà perché anche lui ha un mono…
«Dai ragazzo, andiamo! Che aspetti?»
Andiamo, andiamo! Sì papà! Automa porta le ginocchia al petto – E le ginocchia cigolano! È bello sentirle! – e si lascia andare in avanti. I soldati si spostano dalla strada e salgono sugli aerocosi, e Automa porta le mani avanti per ritrovarsi a gattoni, come gli ha insegnato papà quando Automa aveva un anno solo mentre adesso ne ha… Quanti anni ha Automa adesso?
«Bravo ragazzo, ora gattona in avanti. Papà sa che lo sai fare.»
Agli ordini papà! Automa è un bravo ragazzo, quindi si mette a gattonare, con il bastone da passeggio nella mano sinistra e la mano destra che regge il cilindro uguale a quello di papà. Le giunture di Automa cigolano e sferragliano e Automa vorrebbe tanto poter sorridere per tutto il fracasso metallico che piace tanto ad Automa e piace tanto a papà!
Automa china la testa per evitare che la colonna del vapore sulla testa di Automa sbatta contro la sommità della porta dell’hangar e Automa esce fuori dall’hangar, e si ritrova nel cortile del campo con gli hangar pieni di “aggeggi infernali”, come li chiama papà, e i soldati antipatici che corrono da una parte all’altra “come formiche”, come dice papà.
Automa vorrebbe tanto sapere cos’è una formica…
Papà batte la mano sul metallo nella testa di Automa – È grande gioia per Automa quando lo fa! –. «Bravo il mio ragazzo, ora accendi la caldaia e partiamo, e rimettiti il cilindro!»
Automa si alza in piedi – Finalmente! – e può vedere oltre l’hangar in cui sta sempre rinchiuso e oltre la fine del campo degli hangar, fino ai prati verdi delle colline che lo circondano e al recinto di ferro che le percorre tutte, più alto di Automa.
Automa si mette il cilindro in testa, si batte sulla pancia con le mani e accende la caldaia. Oh, che bello il calore che si diffonde dalla pancia di Automa fino alla testa di Automa! Automa mette la mano sopra il cilindro, da cui spunta la sommità della colonna del vapore, e lascia che il vapore caldo tocchi la mano di Automa. La testa di Automa fischia “come una teiera”, come dice papà.
Automa vorrebbe tanto sapere com’è fatta una…
«Attento a non scottarti, ragazzo. Andiamo, su, non abbiamo tutto il giorno!»
Automa parte verso le colline, ma Automa vorrebbe corrucciare le sopracciglia che non ha, perché papà dice sempre che papà e Automa hanno tutto il tempo che vogliono per fare la passeggiata per i bei prati verdi.
Papà non ha mai fretta, papà non corre come i soldati antipatici che lavorano agli “aggeggi infernali”!
Automa vorrebbe sorridere, perché le colline e l’erba e gli alberi alti quanto Automa sono bellissimi. Ad ogni passo, Automa lascia un tonfo e un’impronta del suo stivale “lucido come uno specchio”, che però non è più tanto lucido con la terra sporca sporca.
Automa passeggia fra gli alberi e i prati delle colline roteando il bastone. Papà fa sempre così. È divertente! C’è il cielo azzurro sulla testa di Automa, le nuvole bianche che fluttuano in alto, gli uccellini che volano via dai rami degli alberi… Gli uccellini!
Automa allunga la mano per prenderne uno, ma quello è già volato via, troppo in alto persino per Automa. E Automa è un ragazzo gigante, lo dice papà! Automa vorrebbe tanto avere le ali di un uccellino per raggiungere il bel sole giallo in cielo, che dev’essere caldo caldo, persino più caldo del vapore che esce dal cilindro di Automa, che è un cilindro uguale a…
«Ragazzo, raggiungiamo la recinzione a nord.»
Automa si ferma, e vorrebbe corrucciare le sopracciglia. Papà dice sempre di star lontani dalla recinzione! Automa riprende a camminare, ma picchietta il bastone in terra ad ogni passo come fa papà quando non è contento perché Automa adesso non è contento.
Sono molto belli i cerchi che Automa lascia nel terreno. Automa non ci aveva mai pensato perché il “prezioso cervello” di Automa non dev’essere molto grande, altrimenti Automa ci avrebbe già pensato prima a una cosa così bella e meravigliosa!
Automa passeggia fra gli alberi, battendo il bastone di Automa a terra, fino a raggiungere la recinzione a nord, alta più di Automa e con sbarre grosse quanto tronchi d’albero. Automa si guarda indietro. Il cortile con gli hangar e gli “aggeggi infernali” è tanto lontano da sembrare un buffo gruppetto di scatole di ferro.
«Ragazzo.»
Automa torna a fissare la recinzione, e si appoggia con entrambe le mani al bastone da passeggio, che è uguale a quello di papà perché papà glielo ha fatto uguale apposta.
«Ragazzo…» Papà ha una voce triste, forse Automa ha fatto qualcosa di sbagliato? «Ora stammi bene a sentire. Ti ricordi di quando ti dicevo che oltre a questa recinzione, oltre alla collina che vi sta dietro, c’è una foresta?»
Automa annuisce perché Automa ricorda.
«Bravo il mio ragazzo.» Papà dà una pacca sul metallo all’interno della testa di Automa, e Automa vorrebbe sorridere perché quando papà dà una pacca ad Automa è una grande gioia per Automa! «Dopo quella foresta, ti ho detto che c’è una città, ricordi?»
Automa annuisce perché Automa è un bravo ragazzo e ricorda.
«Ragazzo mio, oggi ti porterò a visitarla.»
Automa sussulta e sgrana gli occhi e solleva il bastone e si toglie il cilindro! Automa non può aver sentito bene perché papà dice sempre che Automa non può uscire dalla recinzione perché i soldati antipatici non vogliono che Automa esca dalla recinzione! Automa salta e lascia le orme dei suoi stivali sul terreno, che rimbomba dei balzi di Automa perché Automa è felicissimo e può uscire dalla recinzione anche se i soldati antipatici non vogliono!
«Ragazzo, calmati, calmati! Fai silenzio!»
Automa si ferma, ma Automa trema perché la gioia che Automa prova è troppo forte per Automa!
«Dobbiamo raggiungerla di corsa, hai capito? Devi distruggere la recinzione e correre più veloce che puoi, mi hai capito bene?»
Automa ha capito ma Automa è sconcertato perché papà non lascia mai che Automa corra perché papà non vuole che Automa corra durante la passeggiata, perché altrimenti papà cade dalla sedia dietro l’occhio di Automa! Papà lo ha detto ad Automa un sacco di volte. Papà dice sempre “Non correre ragazzo, non correre!” e Automa ubbidisce perché papà ha sempre ragione ma Automa vorrebbe corrucciare le sopracciglia che non ha perché papà ha detto ad Automa di correre, adesso!
«Bravo, ragazzo. So che non ti piace quando te lo chiedo, ma adesso devi usare il bastone.»
Automa sgrana gli occhi e guarda il bastone e scuote la testa. Il bastone no, no! Il bastone fa un rumore forte forte e lascia il fumo brutto e nero, non bello e caldo come il vapore che Automa fa uscire dalla testa quando Automa accende la cal…
«Devi usare il bastone, ragazzo! Devi usarlo contro la recinzione e poi devi correre verso la città!»
Automa si porta le mani alla testa e scuote la testa perché non vuole usare il bastone perché il bastone fa un rumore forte forte e lascia il fu…
«Ragazzo, questo è un ordine!» urla papà da dentro la testa di Automa. «Usa il bastone
Automa si ferma e stringe le mani sul bastone da passeggio di Automa uguale a quello di papà – Papà glielo ha fatto apposta uguale a quello di papà – e lo punta verso le sbarre. Automa trema tutto perché ha paura del rumore forte forte e vorrebbe tanto avere le mani libere per tapparsi le orecchie per non sentire il rumore forte forte!
«Ora!»
Il bastone diventa incandescente, fischia “come una teiera”, emette il brutto fumo nero e il rumore forte forte esplode fra le mani di Automa, che salta all’indietro perché Automa ha paura del rumore forte forte!
Le sbarre della recinzione saltano via distrutte nell’aria e la sirena d’allarme risuona alle spalle di Automa, dal gruppetto di scatole di ferro.
«Corri, ragazzo! Corri!»
Automa si rialza in piedi e trema tutto dalla paura e corre via dalla sirena, fuori dalla recinzione – Fuori dalla recinzione! –, su per la collina che Automa non aveva mai toccato. Automa corre e la caldaia fischia “come mille teiere” e il vapore esce caldissimo dalla testa di Automa.
Oh, Automa vorrebbe tanto gridare dalla gioia per esser fuori dalla recinzione, ma Automa non ha la bocca perché papà…
«Bravo, bravo ragazzo! Vai!»
Automa corre sulla cima della collina e scende dalla collina e corre verso la foresta sotto la collina! Automa si tiene con la mano il cilindro uguale a quello di papà sulla testa perché ha paura che la corsa lo faccia volar via! La sirena è lontana e i fischi della caldaia di Automa si sollevano sopra il rumore degli alberi che cadono al passaggio di Automa e degli uccellini che volano via dai rami. Uccellini! Uccellini! Tantissimi uccellini corrono vicino ad Automa e volano via in cielo e nel vento!
«Ecco la città, ragazzo! Bravissimo!»
Automa vorrebbe sorridere perché papà ha ragione – Papà ha sempre ragione! – ma Automa non se n’era accorto perché gli uccelli erano tantissimi e Automa non aveva visto le costruzioni della città lontana. Come sono belle! Con il vapore che si solleva dai tetti come dice sempre papà e i dirigibili che volano sulle costruzioni più in alto degli uccelli e…
Il rombare degli “aggeggi infernali” esplode alle spalle di Automa, che gira la testa per vederli e spalanca gli occhi perché sono tantissimi e riempiono il cielo e puntano verso Automa e papà!
«Corri ragazzo! Più veloce!»
Automa guarda la città e corre, corre, corre! Gli alberi sbattono contro Automa e cadono a terra con fracasso e i fischi della caldaia di Automa suonano nell’aria e il rombare dei motori ruggisce alle spalle di Automa e il rumore delle mitragliatrici squarcia il vento.
I proiettili tintinnano addosso alla schiena di Automa e Automa inciampa a terra e si ritrova fuori dalla foresta! Automa si rialza e corre incontro alla città e le mitragliatrici sparano e sparano e sparano!
Automa raggiunge la città – La città! – e passa in mezzo a una strada fra le costruzioni e strani “aggeggi infernali” che non volano e che sputano vapore. Automa corre fra le persone che sfrecciano via urlando e va a sbattere contro le costruzioni, e le pareti delle costruzioni crollano sulla strada e la polvere si solleva nel vapore della città.
«Corri, ragazzo! Devi raggiungere il fiume al centro della città, devi raggiungerlo!»
Automa non sa cos’è il fiume al centro della città ma Automa annuisce perché è un bravo ragazzo, ma Automa ha paura perché le mitragliatrici continuano a sparare dietro Automa e le persone fuggono via nelle stradine vicine e cadono a terra e gridano e urlano e si sbracciano e Automa ha paura delle mitragliatrici che sparano!
La strada di fronte ad Automa s’interrompe con un edificio e Automa fa un salto per superarlo e atterra sul tetto di un altro edificio più grande, ma un fischio ancor più forte della sua caldaia proviene dalle spalle di Automa e Automa si gira per guardare e un raggio luminoso gli viene incon…
L’esplosione fa sgranare gli occhi ad Automa e Automa cade all’indietro e schiaccia gli “aggeggi infernali” che non volano e schiaccia le persone – Le persone, oh no! – che vi stavano dentro e Automa piangerebbe e urlerebbe ma non può perché papà non gli ha fatto la bocca e la schiena fa tanto male ad Automa!
«Ragazzo, rialzati! Rialzati, te ne prego!»
Gli “aggeggi infernali” sfrecciano sopra Automa, si allontanano nel cielo, cambiano direzione e tornano a dirigersi verso Automa, e Automa si puntella col bastone per rialzarsi e corre fra le costruzioni e nel vapore della città, corre fra le strade e le persone che continuano a gridare e a gridare e a gridare!
«Gira a sinistra!»
Automa gira a sinistra perché lo dice papà e papà è il migliore ma ad Automa fa tanto male la schiena e la schiena brucia e la schiena brucia! Brucia! I proiettili fischiano nell’aria e mitragliano il terreno e le costruzioni e le strade e le persone che cadono!
Automa corre e si trova di fronte a una striscia azzurra lunga lunga di qualcosa che Automa non conosce perché Automa non è mai…
«Corri lungo il fiume, ragazzo! Lungo il fiume!»
Automa corre lungo la striscia azzurra lunga lunga che dev’essere il fiume perché papà ha sempre ragione. Automa corre sulla strada che affianca il fiume e i proiettili fischiano e mitragliano e i raggi luminosi esplodono vicino ad Automa, nella polvere delle costruzioni che scoppiano e crollano a terra, sulle persone e sugli “aggeggi infernali” che non volano. Automa corre fra le grida della gente e la caldaia di Automa fischia, fischia, fischia!
«Il ponte, ragazzo, raggiungi il ponte!»
Automa corre verso la strada sospesa sul fiume che dev’essere il ponte perché papà sa sempre cosa sono le cose e cos’è un ponte. Automa salta con gli stivali nel fiume e schizza quel qualcosa di azzurro e trasparente che forma il fiume sulle strade, corre verso il ponte con il bastone da passeggio sollevato e…
L’esplosione di un raggio luminoso getta Automa in avanti, a faccia in giù nel fiume. La schiena di Automa brucia e sfrigola e Automa vorrebbe tanto urlare e piangere! Il fiume circonda Automa e Automa non riesce a rialzarsi e la caldaia non fischia più e Automa è tanto stanco e…
«Ragazzo, rialzati, rialzati!»
Automa trova con le mani la terra sotto il fiume e spinge con le braccia per rialzarsi e il fiume non lo circonda più, ma Automa barcolla perché il dolore brucia sulla schiena di Automa e i proiettili mitragliano il metallo di Automa.
Automa è tanto stanco… la caldaia di Automa non fischia…
«Ragazzo, no!»
Papà, Automa… Automa si lascia cadere sulla strada vicino al fiume e la schiena di Automa sbatte e brucia contro la strada e fa un fracasso metallico simile a quello che piace a papà, ma questo non è bello come quando Automa batte le mani.
Gli “aggeggi infernali” oltrepassano Automa e volano via.
Il cielo è grigio sopra la testa di Automa, e al posto delle nuvole ci sono le scie di fumo degli “aggeggi infernali”, come li chiama papà, e il vapore della città.
Automa vorrebbe tanto vedere un uccellino…
«Ragazzo, ragazzo!»
Papà è triste perché vuole bene ad Automa e Automa vorrebbe alzarsi per far felice papà ma Automa è tanto stanco…
Papà piange e singhiozza nella testa di Automa. Le mani di papà accarezzano il metallo nella testa di Automa e Automa vorrebbe sorridere perché quando papà accarezza il metallo nella testa di Automa è grande gioia per Automa.
Gli “aggeggi infernali” tornano indietro, si abbassano, si… si avvicinano alla… gli “aggeggi infernali” si abbassano e si avvicinano a… alla…
«Ragazzo!» Papà esce dal portellone dell’orecchio di… dall’orecchio di Automa e… «Ragazzo!» Papà è davanti all’occhio di… di Automa. Davanti all’occhio col monocolo di Automa. Automa ha il monocolo uguale al monocolo di… al monocolo di papà, perché papà glielo ha fatto uguale apposta.
Papà piange, guarda Automa con gli occhi lucidi.
«Ragazzo…»
Automa vorrebbe piangere come fa papà perché Automa vorrebbe… perché Automa vorrebbe essere bravo come papà.
Automa vorrebbe…
«Ragazzo…»
Papà è proprio…
Papà è…
Papà accarezza il metallo di Automa, e sorride a… ad Automa. «Papà ha un bravo ragazzo…»
Un bravo ragazzo… sì. Automa è…
«Ti voglio bene, ragazzo mio…»
Automa vuole… Automa vuole bene a papà.
Automa vorrebbe… vorrebbe aver la bocca per sorridere…

Per sorridere a papà…

Rogson entrò nella testa del nuovo automa attraverso il portellone nell’orecchio e camminò al suo interno, su quella che doveva essere la parete e che invece adesso, con l’automa abbattuto, faceva da pavimento. Le suole degli anfibi risuonavano sul metallo ad ogni passo.
Si fermò. Davanti a lui, riverso al suolo con il cervello dell’automa in mille pezzi sul petto e la pistola ancora in mano, se ne stava il professor Karavitz. Il cilindro giaceva al suo fianco, imbrattato di sangue, e il monocolo stava appeso scomposto sull’occhio destro.
Rogson rivolse lo sguardo al soldato dietro di lui. «Portatemi un fonografo e lasciatemi solo.»
«Generale.» Il soldato fece il saluto militare, girò sui tacchi e uscì dalla testa del nuovo automa. Rogson tornò a fissare quell’antipatriottico del professore, quel dannatissimo pazzo di Karavitz.
Ti avrei sparato io, razza di bastardo.
Sputò ai piedi di Karavitz, quando entrò il soldato con il fonografo richiesto. Rogson prese l’apparecchio e congedò il soldato, che lo lasciò solo.
Rogson si sedette per terra e cominciò a girare la manovella del fonografo, per poi avvicinare la bocca all’imbuto. «Missione fallita. Nuovo automa abbattuto dagli aeromobili. Karavitz morto per sua mano. I soldati hanno ucciso un mago ancora non identificato sul ponte della città. Sospettiamo dovesse aiutare Karavitz a teletrasportare lui e l’automa lontano da qui.»
Fissò i pezzi di vetro e metallo e i fili di connessione di rame del cervello sparsi sul petto di Karavitz. «Il professore ha distrutto il cervello del nuovo automa prima che potessimo fermarlo. Attendo istruzioni.»
Lasciò andare la manovella e portò il dito al codificatore alla base dell’apparecchio. Inserì il numero del Maggior Generale e si prese un sigaro dal taschino della giacca. Mentre il fonografo ronzava nell’inviare il messaggio, Rogson prese l’accendino e si accese il sigaro.
Fissò il professor Karavitz. Quell’idiota proprio non vedeva il potere che quel cervello avrebbe potuto dare al Glorioso e Sempiterno Regno Artico di Morgarten!
Il fonografo emise un bip. «I dati raccolti sul cervello sono sufficienti a riprodurlo?»
L’apparecchio si zittì, e Rogson riprese a girare la manovella. «Negativo, signore.» Diede uno sguardo ai resti del cervello. «Temo che non sapremo mai per quale ragione il nuovo automa abbia acquistato una coscienza propria.» Aspirò una boccata di fumo caldo, e la soffiò fuori dal naso. «Né perché la magia al suo interno non si esaurisse come in un automa normale.»
Si tolse il sigaro dalla bocca con la mano libera. «Una gran perdita per il nostro esercito, signore.»
Rogson inviò il messaggio, e dopo cinque lunghe boccate di fumo, il fonografo emise un altro bip. «Spazzate via la città e cancellatela dalle cartine e dalla storia. Questa faccenda non è mai esistita.»


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