Lo straordinario risultato di Marino a Roma, la caduta di roccaforti di centrodestra come Treviso, Viterbo e Brescia, la possibile vittoria già al primo turno in diverse città della Sicilia di sindaci progressisti fa emergere in maniera forte e dirompente, mai come questa volta, quella domanda di cambiamento, di svolta sociale e civile che è rivolta solo ed esclusivamente al centrosinistra e chi come il premier Letta afferma che questo voto rafforza le larghe intese sembra aver visto un altro film. Anzi, tutt'altro.
Il governo Letta non può essere rassicurato da un voto che segnala il crollo senza precedenti della destra che si è dimostrata incapace di esprimere una proposta una al di fuori dalla persona di Silvio Berlusconi. Il Pdl vede indebolita ineluttabilmente la sua capacita’ di rappresentanza. E poi il governo Letta non può essere tranquillo perchè il successo più eclatante e simbolico di questa tornata elettorale è dato dall'ascesa in Campidoglio di Ignazio Marino, un uomo Pd contrario alle larghe intese.
L'unica cosa di cui si può giovare Enrico Letta è il fatto che la cocente sconfitta del centrodestra dovrebbe portare Berlusconi a non minacciare più la caduta del governo.
Ma la domanda di cambiamento fatta da chi è andato a votare ed il disagio forte manifestato dai tantissimi che si sono rifiutati di votare è la sconfitta del governo di larghe intese.
Alla sinistra tocca riuscire a raccogliere quella domanda di cambiamento e quel disagio. Chi parla di pacificazione nazionale ha invece l'obiettivo di sterilizzare e stappare quella speranza di voltar pagina.