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Avere o non Avere: I Ricchi e i Poveri di Hemingway
Creato il 03 luglio 2012 da Alessandro Manzetti @amanzettiIl romanzo Avere e Non Avere (To have and have not, 1937) di Ernest Hemingway, che ho riletto qualche giorno fa con più attenzione dopo diverso tempo (nella prima edizione di Oscar Mondadori del 1995), non è certo considerato dalla critica uno dei capolavori dell'autore; io anni fa, probabilmente a causa di un lettura distratta, condividevo le perplessità suscitate da quest'opera, in termini di frammentarietà e densità strutturale, più che altro per l'apparente mancanza di unità di stile tra i tre racconti che hanno dato vita al romanzo. Ma mi sbagliavo, tornando tra le pagine di Avere e Non Avere, nelle tre avventure del protagonista Harry Morgan, contrabbandiere e faccendiere tra Key West e Cuba, le contraddizioni e eterogeneità narrative tra i tre racconti, che sembravano fin troppo evidenti (vista anche la storia e i differenti periodi, tenori e contesti narrativi delle avventure morganiane) pesando sul mio personale giudizio dell'opera, si sono ora trasformate, rivelando una unità che non avevo colto nell'immediato, ma che traspare in una seconda lettura. Ma prima di entrare nei dettagli, credo sia utile tornare alla genealogia di Avere e non Avere, che è sicuramente particolare, anch'essa una interessante avventura che ci ha portato, lentamente, al testo di cui disponiamo oggi, tra i percorsi intermedi delle varie idee, pubblicazioni parziali e revisioni che l'autore ha adottato in tempi diversi.
Oggi il romanzo si compone di tre racconti, tutti con protagonista Harry Morgan, le tre parti vengono chiamate Harry Morgan - Primavera, Harry Morgan - Autunno e Harry Morgan - Inverno, una divisione stagionale, puramente metaforica, che cerca di creare un continuum in grado di esprimere, parte dopo parte, le istanze politiche e sociali obiettivo delle pagine di Hemingway. Luci diverse che illuminano aspetti contrastanti della realtà, la spaccatura profonda tra gli have and have not, tra i ricchi e i poveri, tra chi vive di espedienti (spesso pericolosi) per sopravvivere e chi è calato nei costumi dell'ipocrisia, della debolezza, dell'apparenza del dio danaro. Un ritratto avvincente, e in fondo realista, dell'america rooseveltiana che emerge dalla apparente disomogeneità narrativa, che in realtà vive una sotterranea coerenza, un messaggio comune che senza l'apporto di uno solo dei racconti perderebbe la sua forza espressiva. Un progetto che Hemingway non aveva sicuramente chiaro dall'inizio, ma che oggi, nella versione che ci è arrivata, riesce a sviluppare e proporci con la solita incisività.
Avere e non avere parte dunque da lontano, ci mostra le tante metamorfosi del progetto narrativo. I primi due racconti, con i titoli originali di One Trip Across e The Tradesman's Return, furono pubblicati singolarmente su Cosmopolitan e Esquire. Iniziò la prima storia su Harry Morgan nel 1933, per poi dedicarsi alla pesca al largo di Cuba, un safari in frica, e tornare al mare con l'acquisto della sua nave Pilar, della quale per anni Hemingway fu comandante eccitato e orgoglioso. Quello che doveva essere l'inizio di un romanzo divenne un racconto, come afferma l'autore, composto di circa cento pagine scritte a mano. Cuba e il mare sono i grandi protagonisti di questa prima storia morganiana. Questo racconto, con il titolo definitivo di One Trip Across, fu pubblicato nel 1934 su Cosmopolitan. Harry Morgan fu messo da parte per qualche tempo dall'autore, dedicatosi al romanzo Verdi Colline d'Africa ispirato dal precedente safari al quale aveva partecipato. La barca di Morgan era dunque in porto, nella mente di Hemingway, anche se pronta a partire di nuovo per il mare dopo un periodo di scarsa produzione letteraria, eccetto la produzione di alcuni articoli e la correzione delle bozze di Verdi Colline, che vide Hemingway concentrarsi sull'isola di Bimini (vicino Miami), sulla sua Pilar e sui grandi marlin.
Ma Harry Morgan tornò di nuovo all'opera dopo la pubblicazione di Verdi Colline, con la stesura della sua seconda avventura, The Trademar's Return, pubblicato da Esquire nel 1936, che sarebbe poi diventata la seconda parte del romanzo Avere e non avere, l'Autunno di Harry Morgan. Ma poco dopo Hemingway si trovò in mano, dopo la pubblicazione di alcuni celebri racconti, sempre per Esquire e Cosmopolitan (che sarebbero stati poi inseriti nella raccolta I Quarantanove Racconti) altre trentamila parole della terza avventura di Harry Morgan, che l'autore inizialmente immaginò come l'inizio di un nuovo romanzo, che rispetto agli altri conteneva elementi sociali e politici, con il declino dell'individuo e le conseguenze della rivoluzione cubana, lasciando gli altri due racconti morganiani alla prospettiva dell'inserimento in una raccolta. Come dicevo la genealogia di Avere e non Avere, essenziale per comprendere la logica di quest'opera, è complessa e vive momenti di riflessioni continue, di marce avanti e indietro, di scontri con l'editore.
Il terzo racconto della saga morganiana, che secondo Hemingway doveva divenire un romanzo a se stante, sarebbe entrato, negli intenti dell'autore, come una lama tra le spaccature sociali dell'epoca, per raccontare odori e colori dei ricchi e dei poveri, dei reazionari e dei rivoluzionari. Tornato a Key West Hemingway, che aveva quasi terminato il terzo racconto morganiano, cambiò idea e cercò di amalgamare con grande fatica i tre racconti, nati da ispirazioni diverse e in momenti diversi, per farne un'unico romanzo. Chiusa la parentesi della guerra civile spagnola, nel mezzo del nuovo matrimonio con Martha Gellhorn, che avevano ancorato la nave di Morgan al porto delle opportunità sospese, isolato nell'immaginazione dell'autore, Hemingway tornò alla vecchia idea di pubblicare separatamente i tre racconti, inserendoli in alcune raccolte insieme a articoli e corrispondenze di guerra. Sembrava difficile riuscire a trovare quell'unità cercata dall'autore, con le poche risorse e tempo che il suo animo poteva dedicarvi. Ma l''assurdità di questa idea (anche se approvata dall'editore), suggerita più che da esigenze pratiche che narrative, si rivelò abbastanza presto nella consapevolezza di Hemingway. Finalmente decise di pubblicare le storie di Harry Morgan come romanzo unico, nel 1937.
Nasce così Avere e non avere, con tutte le sue contraddizioni, ma anche con tutta la sua completezza. Quando il romanzo venne finalmente pubblicato Hemingway si trovava di nuovo in Spagna, le critiche dell'epoca non furono molto favorevoli, anche se le vendite andarono piuttosto bene. Proprio le sconnessioni della struttura del romanzo, gli angoli e le giunture dei tre racconti originari sembravano non incastrarsi alla perfezione, queste erano le perplessità più diffuse. Un problema dunque strutturale, che a mio avviso nascose le grandi attese della critica verso il nuovo percorso dell'autore, la completa maturazione narrativa di Hemingway che suscitava, indubbiamente, grandi aspettative. Ma leggere di nuovo Avere e non avere, almeno per i miei occhi di oggi, è risultata una sorprendente esperienza, gli angoli sono diventati l'aspetto più affacinante dell'opera, e le supposte sconnessioni (grazie alle rielaborazioni dell'autore) si sono rivelate il sale di questa storia dai tre volti, che in realtà osservano, in modo diverso, da prospettive e angoli spostati di pochi gradi, la stessa realtà. Un romanzo tridimensionale che vale la pena di leggere, conoscendone la strana genealogia. Un romanzo che apprezzerà anche chi conosce i grandi capolavori dell'autore.
Il romanzo è ambientato principalmente in mare, sulla barca di Harry Morgan, e sui tavoli ruvidi di chiassosi bar, tra Key West (Florida) e Cuba, tra le battute di caccia ai marlin e il contrabbando di clandestini e liquori, tra rapine in banca e rivoluzionari cubani confusi, tra i ritratti di ricchi borghesi e intellettuali leggeri come l'aria, che vivono in un pianeta diverso, speculare rispetto alla realtà sociale raccontata con colori forti, quella della maggioranza, gli have not che sopravvivono di qualsiasi espediente, per continuare a sperare e pagarsi qualcosa da bere. Harry Morgan, contrabbandiere e faccendiere, è il simbolo di questi have not, degli uomini condannati dalle gigantesche spaccature sociali dell'america rooseveltiana, veri e propri abissi che sembrano raggiungere il centro della terra, l'inferno di fuoco. Morgan, insieme all'autore, issa una bandiera che offre un colore preciso alle eterogenee contestazioni, il libro rappresenta, nel suo complesso, nel suo continuum, un vero e proprio manifesto del marciume dell'epoca. Gli uomini, sia i bianchi che i neri, che abitano le pagine più ruvide del romanzo con le loro molecole di sofferenza, fanno da perfetto contrasto a uno spaccato socio politico che degrada senza fine. Il battello di Morgan, che con i suoi motori affannati, i serbatoi semivuoti le vecchie assi, percorre a otto nodi opportunità e speranze, è in fondo l'uomo che affronta il mare, il destino, la libertà che sembra svolgersi all'orizzonte, a poche leghe di distanza, per poi mostrarsi come una nera illusione; l'orizzonte, la meta, è solo un filo tenuto teso da grandi sirene, da più grandi interessi, da una famiglia che aspetta in casa i soldi per comprare da mangiare. Per vedere un nuovo sole.
E' proprio nell'ultima delle tre avventure di Harry Morgan, L'inverno, che Hemingway svela le sue migliori carte, mescolate a lungo durante il primo e il secondo racconto. Una rapina in banca di alcuni rivoluzionari porta Morgan in mare, per l'ultimo viaggio, sotto il tiro di pistole e di mitra. Morgan con una pinna di tartagura marina al posto del braccio, come dirà sua moglie, Morgan con il sole incastrato perennemente nel viso e nei capelli, Morgan che assiste alla morte della speranza, al suo sangue sparso sul ponte, sui piedi, mentre il mare mostra i suoi giochi di colori, accendendo il suo miglior verde. Nell'Inverno, oltre a un guidizio critico sull rivoluzione cubana, si trovano i ritratti sociali più interessanti: Hemingway in questo racconto finale porta in scena se stesso (quanti atomi di Morgan condivide?) e molti suoi amici, tra avvocati, scrittori, politici, donne grandi e piccole, disperati, reduci, ubriaconi. Pagine piene di maschere sociali che volteggiano e si scontrano nel bar di Freddy, che per l'autore non è altro che il suo amato Sloppy Joe di Joe Russel, che con la sua Anita aprirà a Hemingway le acque di Cuba.
Insomma, Avere e non avere è una lettura che consiglio per i vostri momenti letterari durante questa calda estate. Per completare questo articolo, oltre alle foto che lo hanno via via accompagnato (Hemingway sulla sua Pilar e alcuni fotogrammi del film Acque del Sud con Humphrey Bogart e la bellissima Lauren Bacall, 1944, tratto dal romanzo Avere e non avere) riporto alcuni brevi estratti dei tre racconti di Harry Morgan, tratti dalla Primavera, dall'Autunno e dall'Inverno:
da Avere e non avere Harry Morgan - Primavera traduzione di Vincenzo Mantovani
(...) Io ero al timone e navigavo ai margini della corrente, davanti a quel vecchio cementificio dove l'acqua è profonda anche vicino alla rive e dove forma una specie di gorgo che è sempre pullulante di pesciolini buini come esche. Poi vidi l'acqua ribollire come se fosse esplosa una bomba di profondità e la spada, e l'occhio, e la mascella inferiore spalancate, e il testone nero-violaceo di un marlin nero. La pinna dorsale era tutta fuori dall'acqua, alta come una nave che passasse a vele spiegate, e fuori dall'acqua era anche tutta la coda falcata quando il pesce si vventò su quel tonno. Il rostro era grosso come una mazza da baseball e inclinato vero l'alto, e quando addentò l'esca il pesce aprì un lungo squarcio nell'oceano. Era di un nero-violaceo compatto e aveva un occhio grosso come una zuppiera. Era enorme. Scommetto che pesava almeno cinque quintali (...)
da Avere e non avere Harry Morgan - Autunno traduzione di Vincenzo Mantovani
(...) Harry accese i motorini d'avviamento e avviò i due motori. Aveva messo un secondo motore sulla barca quando era tornato al contrabbando di liquore, dopo che la depressione aveva fatto perdere i clienti alle barche da pesca da noleggio. Prese l'accetta e con la mano sinistra tagliò la fune dell'ancora contro la bitta. Affonderà e la recupereranno quando ripescheranno il carico, pensò. Ora porto la barca nella baia di Garrison, e se la vogliono se la prendano pure. Devo trovare un dottore. Non voglio rimetterci il braccio e la barca. Il carico vale quanto la barca. Non ce n'era molto di rotto, Bastano poche bottiglie rotte per fare tanta puzza (...) Sopra il rombo dei motori e il fruscio acuto e sussultante che faceva la barca scivolando sull'acqua, Harry sentiva nel suo cuore un canto strano e cupo. Si sentiva sempre così, tornando a casa all fine di un viaggio. Speriamo che possano sistemarmi questo braccio, pensava. Ne ho bisogno come del pane che mangio, di questo braccio (...)
da Avere e non avere Harry Morgan - Inverno traduzione di Vincenzo Mantovani
(...) Quando rincasò non accese la luce ma si tolse le scarpe nell'ingresso e salì le scale nude con le sole calze ai piedi. Si spogliò e si mise a letto con la sola canottiera, prma che sua moglie si svegliasse. Nel buio le disse: "Harry?" e lui disse: "Dormi, vecchia mia" "Harry, che succede?" "Parto per un viaggio" "Con chi?" "Nessuno, Albert, forse" "Sulla barca di chi?" "Mi sono ripreso la mia" "Quando?" "Stanotte" "Finirai dentro, Harry" "Nessuno sa che l'ho presa io" "Dov'è?" "Nascosta" Disteso sul letto, immobile, sentì le labbra di lei sul suo viso, che lo cercavano, e poi la mano di lei sul suo corpo, e si girò per stringersi a lei. "Vuoi?" "Sì, subito" "Dormivo. Ricordi quando lo facevamo nel sonno?" "Senti, ma il braccio non ti dà fastidio? Non ti fa venire strane idee?" "Sciocco! Mi piace. Mi piace con tutto quello che sei. Mettimelo qui. Dài. Mi piace, lo giuro" "E' come la pinna di una tartaruga" "Tu non sei una tartaruga. E' vero che lo fanno per tre giorni di seguito?" Che scopano per tre giorni di seguito?" "Certo. Senti, stà zitta. Sveglieremo le bambine" "Loro non sanno quello che ho. Non sapranno mai quello che ho. Ah Harry. Così. Ah, tesoro" "Non voglio aspettare, Dài. Così. Proprio così. Senti, l'hai mai fatto con una negra?" "Certo" "Com'è?" "Come accarezzare un pescecane" (...)
(...) Fuori era una bella giornata d'invero, una fresca giornata dell'inverno subtropicale, e i rami dei palmizi ondeggiavano al venticello di tramontana. Alcune delle persone che svernavano sull'isola passarono davanti alla casa in bicicletta. Stavano ridendo. Di là dalla strada, nel vasto cortile, un pavone emise il suo verso. Dalla finestra si vedeva il mare, compatto, azzurro e nuovo nella luce invernale. Un grosso panfilo bianco stava entrando nel porto a sette miglia al largo, all'orizzonte, si vedeva una petroliera, piccola e nitida contro ol mare blu, stringersi alla barriera corallina mentra faceva rotta verso ovest per non sprecare carburante contro la corrente. (...)
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