“We never cared about censorship. We just did what we wanted and hoped to piss people off. The longer the band went on, and the more crap we had to go through, we cared even less about things like that. Autopsy kept the middle finger held up high since day one and only got stronger in that philosophy until the band imploded”. (Chris Reifert)
Capitolo finale della turpe saga degli Autopsy fino alla clamorosa resurrezione di alcuni anni fa, Shitfun uscì a band già sciolta da un anno e fu accolto da una salva pressoché unanime di stroncature irridenti e impietose. A dare il colpo di grazia a un gruppo già demotivato fu il fallimentare tour di Acts Of The Unspeakable, che convinse Chris Reifert e compagni a gettare la spugna, salutando una scena nella quale non si riconoscevano più con un disco programmaticamente reazionario e sgradevole, sin dalla repulsiva copertina. “Fu il tour americano del ’93 che ci fece saltare“, ricorda il batterista in una vecchia intervista, “fu troppo lungo, organizzato in maniera troppo approssimativa e le cose diventarono stressanti piuttosto in fretta. Ci furono ovviamente dei bei momenti e qualche risata ma, alla fine, la gioia di essere gli Autopsy si era svuotata ed eravamo evidentemente arrivati alla fine. Quando tornammo a casa da quel tour, parlammo un poco e concordammo che era il momento di finirla. Ad ogni modo, decidemmo di non andarcene via frignando e di incidere un ultimo album, suonare un concerto d’addio nel nostro territorio e andarcene a testa alta. Guardando indietro sono contento di come gestimmo le cose. Riuscimmo a restare amici e a mantenere l’integrità della band intatta“. Nel frattempo la Peaceville era stata rilevata dalla Music For Nations, che non aveva la minima intenzione di investire su un album che sembrava fatto apposta per scoraggiare l’acquirente.
Se Eric Cutler scelse, per il momento, di ritirarsi dalle scene, Reifert e Danny Coralles avevano già da un anno dato vita agli Abscess, con i quali proseguiranno la strada che gli Autopsy avevano imboccato a partire da Fiend For Blood. Un sound minimale, lurido, grezzissimo, imbevuto di crust e hardcore, che difficilmente poteva attrarre i palati del pubblico estremo dell’epoca, ammaliato dalla colata di nero odio eruttata dalla Norvegia e dalle innovazioni della scena svedese, quella stessa scena che non sarebbe mai stata la stessa se non si fosse abbeverata alla fonte limacciosa di Severed Survival. Il death metal non era più da un pezzo (solo) una musica malata e offensiva, con contenuti lirici che sembravano presi di peso da un vecchio numero di Oltretomba. Tutti gli esponenti della vecchia scuola avevano, chi più e chi meno, aggiornato la loro proposta in un’ottica più matura e sperimentale (persino gli Obituary, pur continuando a suonare sempre gli stessi due riff, si erano concessi qualche estemporanea contaminazione, con tanto di concept ecologista). Tutti tranne gli Autopsy che, tra un Domination e uno Slaughter Of The Soul, facevano la figura del tizio che si presenta a una festa ubriaco, molesta tutte le donne presenti, piscia sui gerani e la finisce abbracciato al water, svenuto nel proprio vomito. A loro, evidentemente, andava bene così. Shitfun è un album autenticamente punk (infatti gli unici che se lo filarono furono gli ascoltatori più legati alla scena grind) nel suo essere disturbante e oltraggioso per partito preso, è il provvisorio testamento di musicisti ancora convinti che la missione del death metal fosse soprattutto dare fastidio, mettere a disagio, suscitare disgusto.
Shitfun va preso come una sguaiata provocazione nei confronti di un movimento che aveva iniziato a prendersi sempre più sul serio. Gli Autopsy, che avevano già iniziato ad alzare l’asticella oltre i livelli di guardia con il censuratissimo artwork di Acts Of The Unspeakable e gli allucinanti testi di Fiend For Blood, giocano il tutto per tutto, non avendo più nulla da perdere. Vi credete estremi voi, con i vostri assolini puliti, con le vostre chitarrine maideniane che noi usavamo già nell’87, con le vostre citazioni di Nietzsche, Milton o chi vi pare? E allora beccatevi titoli come “Shit eater” e” I sodomize your corpse”, beccatevi pezzi cacofonici di poche decine di secondi, beccatevi una copertina rivoltante con un close-up di un tizio (o una tizia?) con uno stronzo in bocca.
Riascoltato oggi, Shitfun non è nemmeno così male. Il suono degli Autopsy viene portato al grado zero, risultando ancora più malato e urticante, grazie a una vena doom che aveva ripreso piede rispetto ai lavori immediatamente precedenti. La colonna sonora ideale per una domenica di hangover da dedicare a una maratona di film splatter di serie Z mentre si fa avanti e indietro dal cesso. Chissà, forse se questo disco uscisse oggi, quasi tutti ne loderebbero “la visceralità, lo spirito senza compromessi, l’attaccamento alle radici del genere” o fesserie simili. Come dice Burt Young in C’era una volta in America, “la vita è più strana della merda”. (Ciccio Russo)