Signore e signori, il power metal tedesco. C’è chi potrebbe obiettare a questa affermazione tirando fuori i Keeper, che stanno al power come i Black Sabbath stanno all’heavy metal: sono venuti prima, sono tendenzialmente migliori di tutto ciò che è venuto dopo e hanno ispirato il genere al punto che non c’è praticamente nulla nel genere stesso che non possa essere ricondotto a essi; ma è Land of the Free il vero manifesto del power tedesco, la sua pietra angolare, il canone essenziale fatto da chi il genere prima lo ha inventato (vedi sopra) e poi si è preso il lusso di ritornarci su dopo aver provato a nobilitarlo e aver capito che non c’è nulla da nobilitare. Land of the Free rimarrà il lascito ai posteri dei Gamma Ray pur non essendo forse neanche il loro disco migliore; ma è quello che li rappresenta di più, essendo il ritorno di Kai Hansen come frontman dai tempi di Walls of Jericho e l’ultimo prima del cambio quasi totale di formazione: dopo questo disco Dirk Schlachter passò dalla chitarra al basso e subentrarono Henjo Richter alla chitarra e Dan Zimmermann alla batteria, cosa che li ha resi più quadrati e meno fantasiosi.


Land of the Free è anche uno dei motivi principali per cui ascolto power metal. Se qualcuno mi chiedesse perché ascolti power metal? io gli farei sentire una decina di dischi tra cui questo. In metà dei suddetti dischi ci suona Kai Hansen, comunque. Land of the Free è power tedesco al suo meglio: cori stragonfi da cantare in piedi sul letto col pugno in aria e lo sguardo rivolto verso il cielo, climax da prendere a testate il muro, birra in lattina, doppio pedale da fare male alle orecchie, assoloni con fischi e tamarrate pericolosissimi da ascoltare in cuffia mentre cammini per strada perché è difficilissimo rimanere impassibile, eccetera. Immagino abbiate presente. In questo disco ci sono cose letteralmente allucinanti come Rebellion in Dreamland, l’inno generazionale di quelli rimasti sotto col power metal nella seconda metà degli anni novanta (per la quale fu girato un video molto più corto rispetto ai nove minuti originali); Farewell, la ballata con Hansi Kursch che molti di noi hanno pensato almeno una volta di far suonare al proprio funerale; The Abyss of the Void, che non ho mai capito perché non sia diventata un loro cavallo di battaglia; Man on a Mission, forse il grado zero del power tedesco; e la mostruosa titletrack, che non riesco MAI ad ascoltare stando fermo, soprattutto quando intorno al secondo minuto spara quella cosa indescrivibile che fa hold your ground and I’ll show you the way / hold your head up haaaaaHAHAAAIIIIIGH che ti monta dentro e ti fa pompare il cuore a tremila con gli occhi che si gonfiano mentre ti senti in groppa a un drago a sputare in testa ai nemici del vero metal. La gente davvero non lo sa, cosa si perde. I Gamma Ray sono uno dei gruppi che più riesce a farti sentire in pace con te stesso e con il mondo, e se la gente li ascoltasse per mezz’ora al giorno probabilmente starebbero tutti più tranquilli e sorridenti. Invece ascoltano schifezze e infatti guardate un po’ che squallore che c’è lì fuori. Ma un giorno vinceremo noi, ne sono sicuro. Ne ho la certezza sin dalla prima volta che ho ascoltato Land of the Free: vinceremo noi; e il power metal prevarrà. Qualunque cosa ciò significhi. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)
