Avidia.
Creato il 02 ottobre 2012 da Tnepd
Sedersi intorno a una tavola; magari sorseggiare un bicchiere di vino. Parlare. Semplicemente. Non di “terzi”; non di frasi sentite dire da una caricatura di telegiornale, tra quelli che infestano la televisione di questi tempi. Non “scimmiottare” esperti da rivista.
Parlare, semplicemente, e soprattutto al di fuori e oltre convenzioni, etichette e ruoli. Incontrarsi, appunto, e scambiarsi qualcosa, da essere umano a essere umano. Ecco, una qualità specifica che ci rende umani, e che la gente sta impercettibilmente ogni giorno di più perdendo.
Parlare, comunicare, scambiarsi frammenti di vita e di emozioni. Progetti, desideri e speranze…Paure. Come è catarchico, esorcizzare le proprie paure attraverso l’incontro con l’altro!
Vedete; c’è una percezione della verità, che arriva solo nell’intimo della persona, dell’ individuo, allorché egli o ella si sottragga allo stra-potere dei pregiudizi, e impari ad ascoltare una certa “campana”; una certa “risonanza” inconfondibile, il “Vero” appunto, dentro di sé.
Ma se è pur innegabile che l’individuo debba essere il sovrano di se stesso, e che questa strada verso l’eccellenza e l’indipendenza passa attraverso il sapere ascoltare l’effetto del mondo esterno, il suo eco, costantemente dentro di sé; è anche però altrettanto vero che ci si conosce, e si impara la verità su se stessi, anche attraverso l’incontro con l’altro. L’esposizione dell’altro a noi, e di noi all’altro.
Ma la gente, oggi, sembra non dare troppo peso alle cose che la potrebbero davvero salvare: sedersi di fronte allo schermo di un computer, e chattare e convincersi in virtù di ciò di avere un “sacco di amici”, chissà dove chissà come non importa, appare decisamente più rassicurante, innocuo ed asettico, che correre il rischio indubitabile di “aprire la propria anima”, con il rischio di ferire e ferirsi. Ma ciò che non può sanguinare, d’altra parte, non può neanche reclamare di titolo di essere autenticamente “vivo”…
Abbiamo bisogno degli altri. Non solo perché cerchiamo la verità su noi stessi, in generale. Ma perché di questa verità dell’individuo fa parte di bisogno di dare e ricevere vero amore, in ogni forma.
E perché abbiamo bisogno di avere fiducia nell’umanità. Il che è, almeno in parte, come dire che abbiamo bisogno di una sacrosanta fiducia in noi stessi. “Umanità”, infatti, è qualcosa che portiamo ogni giorno dentro di noi, e che cerchiamo quindi di esprimere nel mondo esterno. Ed “Umanità”, non di meno, è anche quello che incontriamo ogni giorno nel mondo esterno, e che cerchiamo di riportare a noi stessi, interiormente, per continuare a coltivarci, conoscerci, amarci. Un gioco di specchi, una volta tanto naturale, sacro e in linea con la nostra evoluzione spirituale “fisiologica”. Un’ennesima riprova, ce ne fosse ancora bisogno, della natura fondamentalmente olografica della realtà, e della stratificata rete di identificazioni esistenti, tra “Macrocosmo” e “microcosmo”.
Il lavoro con i suoi ritmi stressa. Stressa quando c’è….in quanto i lavori di oggi più veri mestieri non sono, e richiedono più a-criticità e un po’ servile capacità di adattamento, che vera vocazione e nobile spiritualità capitalista. E stressa a maggior ragione, il lavoro ( o quello che è ), quando non c’è affatto; giacché tutti vogliono mangiare e sopravvivere, come minimo. Anche se non tutti ambiscono a sollevarsi al di sopra, in qualità di “Umani”, di questa pura e basilare condizione di sussisitenza biologica.
Ma pensare sempre al lavoro, ci sia o non ci sia, può essere anche un modo come un altro di scordarci di comunicare e condividere le qualità che ci rendono veramente umani. Le difficoltà possono portare a rafforzare le unioni, oppure a frammentarle. La seconda possibilità, è esattamente quanto sta avvenendo. Innanzi tutto e perlopiù…
E tasse sempre più improponibili e ridicole, tanto per citare un altro esempio di cattivo uso fatto delle avversità, diventano ulteriore motivo di nervosismo; quindi divisione, quindi frattura. A sigillo nefasto di questo progressivo processo di abbruttimento delle relazioni umane, la televisione riempie puntualmente di surrogati di emozione menti passive predisposte unicamente all’evasione dalla realtà.
L’essere umano medio è preoccupato. La soluzione è non pensare. Ecco che la ricezione passiva di tv spazzatura arriva per esercitare un dominio pari a quello delle pasticchine della buonanotte. Tutto torna. Non fa una piega. Peccato, si tratti di un processo inumano.
Forse varrebbe la pena parlare, di se stessi, e delle proprie e altrui preoccupazioni; di fronte a una tavola e a un bicchiere di vino, o in qualsiasi altra occasione. E sfruttare il prezioso tempo che condividiamo con gli altri, per fare qualcosa di meglio, che ignorarci o tentare di prevaricarci a vicenda.
Comunicare, fermarci a parlare veramente di noi stessi e di chi ci sta in quel momento di fronte…invece che sorriderci a vicenda da perfetti depressi senz’anima, durante sempre più apatiche occasioni mondane quali l’aperitivo, la serata, la ricorrenza….Tutti sono nessuno, nelle occasioni in cui incontrarsi è solo rifuggire la solitudine. Dove l’etichetta e il ruolo regnano sui contenuti, “Tutti” sono “nessuno”, e nessuno è se stesso.
E’ un miracolo quello che avviene quando gli esseri umani si aprono spiritualmente a vicenda. E’ CREAZIONE, in un modo molto simile all’opera di un Dio ( qualsiasi cosa significhi per voi questa parola ).
Ma l’uomo non è in contatto con se stesso, di questi tempi. Figuriamoci con gli altri. Ma non fidatevi delle apparenze. L’uomo che pare non aver bisogno di se stesso e degli altri, è semplicemente disconnesso o sedato. Anche se capisco che possano ingannare, i sorrisi di etichetta, sulla reale depressione esistenziale che sottendono.
Al posto della consapevolezza, l’animale puramente estroverso e “sociale” ha lasciato fissa accesa una segreteria telefonica, 24 h al giorno. Ha il terrore di parlare a se stesso, tanto a bassa voce che in silenzio, per paura di essere preso per matto. E’ convinto, l’attuale inquilino medio di questo pianeta, che siano matti quelli che continuano a farsi le domande e darsi le risposte; mentre che siano savi, pensate un po’, quelli che smettono del tutto di farsi le domande, per poi sbavare come zombie di fronte a uno schermo e un tubo catodico…per surrogati di risposte.
“Contatto” è una parola fondamentale, essenziale per l’essere umano. Eppure, è proprio il contatto, uno dei problemi maggiori di questi tempi. Si soffre perché non si ha contatto. si soffre, perché non “siamo” contatto; e perché non siamo “in” contatto. Solo che abbiamo ontologicamente la libertà di ignorare, o di negare, la radice della nostra sofferenza e pure la sofferenza stessa!!! ( ma non la libertà di fuggire alle conseguenze di questa fuga dalla realtà e da noi stessi ).
Il problema e il Male è sempre l’ignoranza. L’uomo pensa di sapere cosa sia il “contatto”, eppure sono secoli che si è lasciato persuadere a identificarsi con la propria “testa”, e a vivere come avversario o peggio, tutto il resto del proprio corpo… Merito del “genio” alienato di gente come il famigerato Cartesio; e soprattutto di millenari leviatani religiosi…Il corpo dell’essere umano come “tempio del male”, invece che come “tempio del divino”. Non tanto sottile, ma certamente efficace, seppure è vero che ci ritroviamo nelle condizioni disastrose di squilibrio nelle quali ci ritroviamo, oggi. Anche questa, è perdita di comunicazione e contatto con noi stessi. Anche questa, è perdita di comunicazione e contatto con gli altri.
Se devo proprio essere onesto, guardando al mondo dalla mia particolare prospettiva, la mancanza di comunicazione, ovvero di amore manifesto ed espresso tra gli esseri umani, è una delle mie maggiori fonti di tristezza. Non so trasmettere efficacemente quello che provo, constatando la quantità e la qualità dello SPRECO di tutti quegli esseri umani, che si sfiorano ogni istante della giornata senza mai incontrarsi. In questo sono forse rimasto sempre un po’ bambino. La mia percezione dell’essenziale, sempre invisibile agli occhi, non ha subito grandi modificazioni dai tempi della mia infanzia. E se questa realtà non è riuscita a cambiarmi in tutti questi anni, credo che ormai non ci riuscirà più.
Tradotto: continuerò a chiedermi stupefatto come possa essere tanto ignorante e stupida la gente, da non valorizzare quanto, interiormente ed esteriormente, può salvarla dalla totale disfatta: la propria e altrui “UMANITA”.
Un abbraccio controcorrente
David The Hurricane Di Bella
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