Giorgio Ferrari, su Avvenire, parla dei “disegni di espansione non solo regionale” di Erdoğan: che ha recentemente ipotizzato – ci torno con più calma in un post successivo – l’ingresso della Turchia nella “Shangai Cooperation Organization” – di cui fanno parte Russia, Cina e quattro paesi dell’Asia centrale – e il conseguente abbandono dei negoziati di adesione all’Unione europea. Un articolo tutto sommato onesto, a parte i soliti clichés riferiti al premier turco: “L’uomo è un abile giocatore, capace dell’elegante dissimulazione del Gran Visir e insieme della fredda ferocia (politica) di Solimano.” Mah!
Un articolo tutto sommato onesto fino a quando il collega si avventura a parlare di “islamizzazione”:
E i turchi, quanta voglia di Europa conservano ancora, dopo anni di attesa e dopo che una pervasiva politica fatta di nostalgie imperiali, di re-islamizzazione civile e religiosa (si pensi solo alla reintroduzione del velo nelle università) e di progressivo smantellamento dello Stato laico voluto da Kemal Atatürk (il divieto di fumare il narghilè è solo l’ultima puntata di questo processo) li sta oggettivamente allontanando da quella modernità che dell’Europa è il tallone d’Achille ma insieme anche il tratto più evidente della sua eccellenza?
Ma chi l’ha stabilito che laico è sinonimo di moderno e che l’Islam con la modernità non ha nulla a che vedere? E soprattutto, cosa c’entrano i divieti di fumare negli spazi chiusi – sigarette o altro – con lo “smantellamento dello stato laico”? Questa non l’ho davvero capita!
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