A Borgo Propizio regnano le donne. Certo, ci sono anche uomini in E le stelle non stanno a guardare (Salani Editore), nuova puntata delle avventure del borgo creato dalla fantasia di Loredana Limone, ma sono dei simpatici comprimari.
C'è lo scrittore di gialli dalla tarda vocazione che prima faceva il banchiere e poi si è ritrovato baciato dalla fama, dopo aver creato un simpatico commissario italo-americano con al seguito un geniale furetto, Albino di nome e di fatto, che lo aiuta a risolvere gli enigmi.
C'è l'avvocato, ottimo professionista tutto preso dalle sue pandette (che, se vi dovesse sfuggire, sono le opere di commento al diritto romano pubblicate da giureconsulti dell'antichità come Ulpiano), marito assente che però, se abbandonato dalla moglie, si avvizzisce. Quanti ne conosciamo?
C'è il giovane "cervello in fuga", ohibò!, questa volta sarebbe meglio parlare di "mani in fuga" visto che il ragazzo di mestiere fa lo chef, che torna da Londra per dedicarsi alla cucina dell'hotel materno e che in tempo zero si innamora della pulzella più bella.
E c'è un sindaco con un problema di identità sociale legato alla sua vita sentimentale e pure un assessore saccente e bonario che vuole un evento letterario di rilievo per l'inaugurazione della biblioteca.
E poi ci sono loro, le donne del borgo. Le donne che lo animano, lo vivono, vanno e vengono dalla sua piazza, dalle viuzze e dai negozi e che lo vivacizzano. Donne che amano. Il secondo romanzo di Loredana Limone (il terzo, Un terremoto a Borgo Propizio, sempre edito da Salani, è uscito lo scorso 11 giugno) avrebbe dovuto contenere la parola amore (o il verbo amare) nel titolo perché, in effetti, sullo sfondo di una località che sfido chiunque a non sognare come luogo ideale in cui vivere, le donne seguono perlopiù le loro trame d'amore.
C'è Ornella, uscita da un matrimonio senza amore con un importante chirurgo, che da freelance lotta per far funzionare la sua attività nel campo della comunicazione e deve organizzare l'evento letterario di cui sopra, il Festival sotto Stelle Propizie. E detesta tutti gli uomini, anche se deve averci a che fare!
C'è Antonia, dai lunghi boccoli ramati, che arriva al borgo per caso e che sta soffrendo per amore o meglio per abbandono d'amore. E che, come troppo spesso succede, non riesce a pensare a sé e a una nuova vita, ma solo a "lui", il maledetto, e non riesce a liberarsene fino alla catarsi finale.
E poi ci sono Mariolina e Marietta, sorelle zitelle, fintantoché la vita non predisponde diversamente: una sposa un "toy boy" innamoratissimo, gran lavoratore, ma pessimo nell'uso del congiuntivo, e l'altra decide che, dopo tutto, una relazione "di facciata", creata ad hoc per nascondere la reale passione del suo vecchio amico, non è poi così male.
Le assicura prestigio sociale, qualche privilegio (pane gratis dal fornaio) e... un bel mazzo di rose rosse e profumatissime che non aveva mai ricevuto in più di quarant'anni. Perché no?
E se c'è un giovane innamorato di una ragazza, chi sarà mai questa ragazza? Belinda, la lattaia. Per quanto difficile da credere, qui c'è una splendida fanciulla ferita da relazioni amorose poco felici che, appassionata di latte, apre una latteria nel borgo. Attività che, tra latte aromatizzato e delizie varie, diventa poi un punto focale della vita del piccolo centro.
Ovviamente, abbiamo anche il "bollettino del paese" che altri non è che Dora, la giornalaia. Come da tradizione, Dora ha un marito, Arturo, che non la considera più di tanto, una cagnolina che si chiama Princess e che è la consolazione della sua vita e un chiosco da cui controlla tutto, raccoglie ogni dato, sensibile e no, lo elabora e lo diffonde. Impagabile presenza.
Non si può tacere della brillante e arguta Letizia, "ziaccia" della suddetta Belinda, che è il prototipo della zia/mamma/nonna che tutti vorremmo: saggia, arguta, aperta alle novità, portatrice lei stessa di innovazione. Altro che problemi di gestione della terza età: qui sono i più longevi a prendersi cura con saggezza dei giovani. Poi, che Letizia sia una sfegatata fan del Gran Musicante, altro "ragazzo d'oro", la cui identità è suggerita e svelata nelle ultime pagine, aggiunge solo brio alla figura e una nota di costanza e determinazione che fanno bene al cuore.
Ed il racconto di Loredana Limone è appunto questo: un buon cordiale per il cuore. Tutto va come deve andare, nessuna sorpresa, il copione viene totalmente rispettato. Certo, Belinda da acida zitella diventa, addirittura, ragazza al miele. Ma nulla che non si poteva ben intuire già dalla sua prima apparizione nel romanzo. E anche la dolorante Antonia sappiamo già che ne verrà a capo e guarirà dalla sua ferita iniziando una nuova e più felice esistenza. E neppure la svolta che riguarda il personaggio di Mariolina ci stupisce molto.
Insomma, siamo distanti dalla chick lit, la letteratura per pollastrelle che, con tanto humour e partendo da una visione post-femminista della vita e dei sentimenti, ci dimostra che possiamo essere tutte come Bridget Jones ed avere, ben giocando le nostre carte, un Mark Darcy tutto per noi. Letteratura per pollastrelle che condisce la propria formula di successo con più di una spezia (diciamo curcuma, curry ed un bel po' di peperoncino). Il romanzo di Loredana Limone punta, invece, ad essere altro ed ha decisamente il gusto dolce del latte zuccherato. E se a fine lettura resta il senso di colpa per le calorie ingerite, è pur vero che a questo si accompagna il buonumore dispensato a piene mani da una deliziosa e leggera favola di provincia.