“Luglio col bene che ti voglio..” la cancelliera della tredicesima canta davanti alla macchinetta del caffè. E’ già in modalità “vigilia” di ferragosto ed è solo Giugno. “Beh, avanti, prego..io ho finito“. Si mette sulla difensiva infastidita della mia presenza e mi indica la macchinetta stizzita. “No grazie, la macchina infernale mi ha già defraudato di 2 euro un minuto fa, andrò al bar..”. “Si vede che non le sta simpatica..a me il caffè l’ha fatto..ahahah”. Ecco quello che mancava ad un lunedì cominciato con 40° all’ombra: una mummia sudata che mi prende in giro ed una macchinetta del caffè con preferenze emozionali. Mi trascino per le scale, vedo i praticanti con la giacca e la cravatta regimental della laurea che li stringe come in un cappio. Camminano per il corridoio con il sudore tamponato dalla loro giacca “fresco-lana” (come fa ad essere fresca la lana poi..), cercano di ignorare l’afa ed il microclima tropicale che hanno sotto la camicia, si danno un contegno ma le loro mani sudaticce e rosse si appiccicano alla risma di carte, fascicoli, marche da bollo che si portano dietro da ore. Come non li invidio. E mi domando, ma quando ero nei loro panni che cosa mi ha impedito di lasciar perdere questo assurdo lavoro? Lavoro poi, non esageriamo, una missione nemmeno impossibile ma, al limite, improbabile! A quel tempo, come dice Guccini, “tutto era ancora intero“..potevo prendere qualsiasi altra strada avessi voluto… Ci penso nell’ascensore mentre un’avvocatessa intortata di 345 fili di perle cerca di spiaccicarsi sul signore baffuto di fronte “se ci stringiamo ci stiamo tutti”. Signora, ma quanti siete “tutti”? Quest’ascensore ha una capienza di 12 persone ed ad occhio e croce siamo più carichi del Titanic. Se per caso le scappasse uno sternuto, l’ascensore esploderebbe come un’autobomba. Che importa mi faccio sardina e intanto penso. Cerco di ricordare, ma nulla, non lo so perché non ho mollato. Non so nemmeno se ci ho mai pensato allora quando nel migliore dei casi mi venivano le vesciche ai piedi la mattina, il mal di testa al pomeriggio e mai un soldo in tasca per tutto il tempo. Intanto sono alla 5a bis. Una cancelleria che è come il binario di Harry Potter, la vedi solo se sei strega o, in questo caso, matta. Non so dove sia né come ci sia arrivata. Non so nemmeno se esista davvero. Ma è il mio turno, entro. “Il prossimo..” Il cancelliere, un ragazzotto un po’ in carne, brutto, con un naso aquilino che fa provincia, ossigenato e vestito come nemmeno Madonna ad un concerto, mi trapassa con lo sguardo. “Ma insomma- gorgheggia impaziente -”a chi tocca?”. Allargo le braccia perché mi pare di dire una ovvietà “tocca a me..ci sono solo io ..”. Mi guarda schifato e mi fa la lastra dall’alto in basso , e sospira svogliato: “dica“. Mi verrebbe da chiedergli se ha mai visto “i soliti idioti” alla TV, ma all’improvviso si rianima, sorride alle mie spalle. “Avvooooooocato, che mi racconta di bello, come posso aiutarla“. E’ entrato un collega, normale, anzi neanche passabile. Però ha qualcosa che io non ho. E un uomo. M’indispettisco, non mi piace essere scavalcata. “Aspetti tocca a me, sto cercando il fascicolo del..” Mery per sempre si gira inclinando la testa come le civette. Lo sguardo torvo. Sibila minacciosamente “Intanto se lo cerchi…”. Ma!? Impertinente, che modi! Entro nello sgabuzzino buio dell’archivio, dove tutto è fuori posto. E’ impossibile. Non esiste. Irrompo come un treno:”Senta cancelliere, non l’ho trovato..me lo deve trovare lei“. Lo stregatto mi scruta “E’ sicura di aver cercato bene?”. Arrossisco, odio quando il mio corpo reagisce in modo autonomo! Lui tutto soddisfatto ri-saltella dietro al collega… Mesta, torno nel ginepraio, carte per terra, mucchi di fogli che sbucano da ogni dove, fascicoli rotti. Cerco di dare un senso alla ricerca inizio da destra: quello che ho guardato lo impilo a sinistra…Ferretti..Giornetti…Abaco…non sono nemmeno vagamente in ordine alfabetico..numerico.. nessun riferimento. Dopo due ore ho impilato 91 fascicoli. SBAM!!! “AHIA……uatghrrrvghhhhazz ma che succede quiiiii?”. Lo stregatto è inciampato spiaccicandosi sui fascicoli impilati che ora si sono distribuiti come carte da gioco spazzate da una folata di vento improvvisa.. due ore… buon lavoro?
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