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Azawad: la lunga marcia dei Tuareg verso l’indipendenza

Creato il 27 settembre 2014 da Maria Carla Canta @mcc43_

E’ una marcia lenta che alterna balzi in avanti e lunghe soste, iniziata quando la Francia ha formalmente, non sostanzialmente, concesso la libertà al nuovo stato: il Mali.  I Tuareg vivono nel nord, nella regione chiamata Azawad. Poco hanno da spartire con il sud del paese, dal quale hanno ricevuto promesse di sviluppo mai realizzate e diffidenza, quando non palesi attacchi di stampo razzista.

Dei Tuareg e del Movimento  per la liberazione dell’Azawad, MNLA,  si  è detto molto in questo blog – vedere tag Azawad e tag Tuareg – sottolineando nell’articolo TUAREG: vogliamo la Repubblica democratica e laica dell’Azawad  la richiesta all’Onu di riconoscimento dello stato autoproclamato nel 2012. La risposta non è arrivata da Ban-ki-Moon ma da AlQaeda. I movimenti autoctoni aspiranti alla legittimità si sono trovati fra due fuochi: l’esercito del Mali e le milizie alqaediste.

mappa Sahel

Fascia del Sahel controllato dalla Francia

In questa situazione, la Francia ha avuto buon gioco di lanciare nel gennaio 2013 l’operazione Serval, inviando centinaia di soldati francesi e servendosi del contributo dell’esercito del Chad. Lo scopo, cacciare il terrorismo dalla regione, è stato dichiarato raggiunto nel luglio di quest’anno, nonostante l’evidenza contraria di continui attacchi. Infatti è immediatamente seguita l’operazione Barakhane: un contingente di 3000 soldati permanentemente stanziati a D’amena, con il contributo di 5 paesi africani, tutti in mano a “fedelissimi” dell’Eliseo: Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger oltre al già citato Chad. Soldati francesi pronti a intervenire dove Parigi riterrà necessario: di fatto, un controllo illimitato del corridoio fra l’oceano Atlantico e il Mar Arabico. Non tutto fila liscio, però. Il Chad ha denunciato lo sfruttamento del suo contingente militare in Mali che, esposto costantemente in prima linea,  lascia sul campo decine di morti.

Certamente AlQaeda nel Maghreb, Aqmi, Ansar Dine e Mujao sono dei nemici per la popolazione dell’Azawad, ma in modo più nascosto e pervasivo, lo è altrettanto la politica d’invasione, sfruttamento, controllo che il consesso internazionale permette alla Francia di portare avanti. L’Areva francese, che sfrutta le miniere di uranio, è la causa per cui il Niger è fra i paesi più poveri del mondo. Le ricchezze del continente africano prendono la via dell’Europa e dell’America lasciando sul posto miseria e conflitti.

Per giungere a una normalizzazione dei rapporti fra Nord e Sud del Mali, da alcuni mesi tutti gli attori coinvolti s’incontrano ad Algeri. La prima difficoltà: dare all’Azawad una voce unitaria, invece di un coro dissonante di falchi e colombe. Seconda difficoltà: smuovere il governo di Bamako dalla sua inerzia, fatta di promesse di sviluppo mai mantenute. Il sentimento della popolazione?

Lo esprime chiaramente AlHader ag-Mohamed, membro degli organi esecutivi MNLA e della Commissione Diritti Umani, in un articolo nel sito Toumastpress  dal titolo inequivocabile: Adesso basta!

AlHade ag-Mohamed Azawad MNLA

Alhader-Ag-Mohamed

[…] La crisi dell’Azawad, è in primo luogo di uomini e donne, che vivono in condizioni di estrema insicurezza e sotto la minaccia dell’esercito maliano pronto a lanciarsi in abusi e massacri, e sognano solo di libertà. Uomini e donne della diaspora nel mondo, che sperano che in una vera e propria patria per tornare a vivere con dignità. […] Se i negoziatori dell’Azawad non hanno diritto all’errore, la comunità internazionale, che sostiene i negoziati in corso in Algeri, altrettanto deve evitare di spingere i protagonisti a false soluzioni. Deve considerare nei suoi approcci, il fatto che il popolo dell’Azawad ha espresso più volte il suo desiderio di essere libero e indipendente. A questo proposito, la Francia, ex potenza coloniale, dovrebbe essere in posizione neutrale, considerando che la gente dell’Azawad ha diritto, come altri popoli del mondo prima di loro, all’autodeterminazione. Questo è un diritto sancito da molti strumenti giuridici internazionali, tra cui la dichiarazione universale dei diritti umani.

Che cosa si può realisticamente discutere ad Algeri? Sono mature oggi le condizioni per permettere all’Azawad di diventare uno stato indipendente o occorre ripiegare su richieste più limitate? E’ la domanda che ho posto a AlHader.

Beh, ti voglio dare la vera risposta. Il MNLA – in questo momento- ha rinunciato all’indipendenza a causa della pressione della comunità internazionale, nella speranza di ottenere una federazione. Nel frattempo, te lo dico chiaro, anche se otteniamo oggi il Federalismo, continueremo la lotta per l’indipendenza. Consideriamo il Federalismo una tappa verso l’indipendenza.

E’ proprio quello che ripetono da Bamako: i Tuareg vogliono il federalismo come tappa verso l’indipendenza. Con questo timore il Governo maliano rallenta la discussione, insistendo genericamente sulla concessione di una decentralizzazione amministrativa per la regione, respingendo, non solo la dichiarazione d’indipendenza, ma anche quella dello stato federale.

Su uno stato del Mali a sistema federale, invece, si sono accordati ai primi di settembre gran parte dei movimenti politici dell’ Azawad, compreso il MNLA. Questa richiesta significa, in pratica, che al governo di Bamako resterebbe solamente la gestione della politica estera, mentre tutte le questioni locali, come ambiente, cultura, gestione e sicurezza del territorio, ordine pubblico, fiscalità, sviluppo economico istruzione, sanità, ricchezze minerarie, acqua ecc. sarebbero gestite da un Parlamento e da un governo locali.

La Conferenza di Algeri ha sospeso i lavori  fino alla nuova convocazione fissata a metà ottobre. Il tempo che separa da quella data sarà impiegato per attrarre a questa piattaforma unitaria le componenti politiche che ancora non l’hanno sottoscritta.
Ai colloqui di Algeri, tuttavia, il convitato silenzioso e più potente è l’Eliseo. Parigi ha dimostrato di giocare disinvoltamente su due tavoli ottenendo spesso, oltre alla servile fedeltà del governo di Bamako – instaurato a seguito del golpe a pochi giorni da elezioni regolari nel 2012 – anche l’appoggio di fazioni Tuareg. Se prima della ripresa del terzo round di colloqui l’operazione Barkhane non potrà vantare effettivi successi contro il terrorismo della regione, la Francia avrà buon gioco nell’ostacolare ancora il salto nel buio, tale  obiettivamente è, di uno stato federale.

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