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B-day: istruzioni per l'uso

Creato il 18 agosto 2011 da Lollo

Il mondo non è più lo stesso da quando quel 18 Agosto 1987 decido di nascere. Pausa pranzo, tanto per sfracellare i maroni a tutti i medici della clinica Regina Margherita, Roma. In realtà volevo nascere due giorni prima perché era l’anniversario dei miei genitori e perché era il momento giusto. Per me. Loro infatti erano a Vallombrosa, luogo decadente per la villeggiatura montana dove non c’è un giornalaio, figuriamoci un ginecologo. Partono alla volta di Roma in fretta e furia con mia madre che viene drogata per ritardare le contrazioni. Mio fratello rimane con la nonna, quasi isterica e preoccupata che il suo terzo nipote potesse veder la luce in una squallida macchina sull’autostrada del sole. Nato brutto, pelosino e grasso come un quarto di bue ero poco ambizioso e non concedevo il dubbio di grandi aspettative. Dormivo, mangiavo e producevo una gran quantità di letame. A poco a poco sono diventato biondiccio e aperti gli occhi un “ohhhh” di sorpresa. Sono azzurri. “Cristina, sei sicuro sia figlio mio?”. Il dubbio credo sia venuto a tutti visto gli occhi scuri di entrambi i genitori e pure dei miei fratelli. Da qui la leggenda che mio fratello mi ha raccontato quando avevo circa 4 anni. “Tu sei stato adottato” l’incubo di tutti i bambini “perché sei stato trovato sotto casa in una macchina un cui c’era tua madre, una prostituta, nuda squarciata”. Ecco il prototipo di uno sceneggiatore di CSI Miami. O di un serial Killer.
Un’infanzia tranquilla insomma, serena e senza incubi. Essendo pieno agosto quasi mai ho festeggiato con i miei compagnucci di scuola, al massimo davo una festa di Carnevale in pieno Febbraio, così, per diletto. La mia prima candelina l’ho spenta a Vallombrosa, esattamente come quel traguardo importante che è il diciottesimo.Avevo ancora tutti i capelli ma l’herpes. Sta brutto essere decenti il giorno del proprio compleanno, sia mai. Mia nonna per l’occasione aveva tirato fuori il servizio da gran gala in blu con i castelli inglesi dipinti. Fu storia quel compleanno.
Un altro, forse il dodicesimo, sarà trasmesso ai posteri per i regali di merda che mi hanno fatto degli amici dei miei genitori. Una buzzurrissima maglietta cinese di Rex. Sì, proprio lui, quel cane tedesco che non mi sono mai filato nella vita. Ma dico, regalami quella delle Spice Girls che così torno a casa e posso fare la checca fino in fondo. Poveri, è anche vero che comprare un bel regalo al mercato di Vallombrosa è come chiedere a Berlu di portare avanti con dignità la nazione. Da quando c’è Facebook tutti possono far finta di ricordarsi un compleanno. Io frego quelli che però sono in vacanza, non connessi ad internet e che quindi non si ricordano. MAI.
L’anno scorso ero a Lisbona. Quest’anno sono ad Aix-En-Provence diretto in costa Brava, a Tossa de Mar, pronto a sbarcare come un profugo in Spagna iniziando il mio Erasmus. Il primo messaggio di auguri che ricevo è solitamente della mia migliore amica Nicoletta spaccata la mezzanotte. La mia ex (pericolo scampato) “dolce” metà per quattro anni ci ha provato ma senza capire. Non riusciva a capire che il giorno inizia a mezzanotte e non quando ci si sveglia al mattino. Regole elementari ma chiare, nitide.
Per farmi gli auguri è molto semplice e bisogna seguire un preciso decalogo.Niente frasi scaricate dal sito www.tantiauguri.it, del tipo “Sei come il vino, più invecchi e più migliori” o cagate simili. Niente “Auguri vecchietto” perché compio 24 anni e non ho ancora una protesi al femore. Nessun “Mi manki tesoruccio, ti voglio un sakkissimo di bene” da un numero che non conosco e che scopro essere di una mia compagna dell’asilo. Nemmeno “Auguri” senza punteggiatura, oppure “AUGURISSIMI!!!!!!!!” perché detesto i punti esclamativi ma ammiro i punti fermi. Le frasi melense le accetto solo da migliore amiche, madri che ti abbracciano e poi ti insultano perché non hai ritirato la biancheria e da nonna, lei ha la precedenza su tutti e tutte.I regali non mi interessano e lo dico sul serio. Un biglietto carino e spiritoso invece è quello che non può mancare. Scritto su un post-it, su un foglio protocollo rubato all’esame di maturità perché si è consegnato in total-white oppure su una carta da lettere delle principesse Disney. E poi boh. Compio 24 anni e mi sembra di avere gli stessi problemi che avevo a 16. Ed è così. Di questi 24 anni però sento il peso di essere una persona semi-responsabile, semi-indipendente e semi-laureata. Quello che mi rimane dell’adolescenza è la Posta-Dio-l’abbia-in-gloria-Pay.

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